<html><head></head><body style="word-wrap: break-word; -webkit-nbsp-mode: space; -webkit-line-break: after-white-space; "><br><div><br><blockquote type="cite"><div style="margin-top: 0px; margin-right: 0px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px;"><span style="font-family:'Helvetica'; font-size:medium;"><br><font class="Apple-style-span" color="#000000"><br></font></span></div><br><div style="word-wrap: break-word; -webkit-nbsp-mode: space; -webkit-line-break: after-white-space; "><div id="portal-top"><div id="portal-header"><div class="header"><font class="Apple-style-span" size="4">Segnalo questa riflessione di Spalletti per le future attività.</font></div><div class="header"><br></div><div class="header"><a href="http://www.ognisette.it/"><img class="logo" src="http://www.ognisette.it/editoriali/editoriali-2011/dicembre-2011/logo_ognisette.gif" alt="Ognisette - settimanale della Toscana Ovest"></a>
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<span id="breadcrumbs-current">Uscire dalla crisi </span>
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Uscire dalla crisi
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                <div id="parent-fieldname-text" class="plain"><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5"><b>John Maynard Keynes</b>,
uno dei più famosi, e citati, economisti da quando Adam Smith ha
gettato le moderne basi di questa scienza, nel 1930 ha scritto <i>Possibilità economiche per i nostri nipoti</i>, un paio d'anni fa pubblicato in Italia a cura di Guido Rossi. Logicamente riguarda noi.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Nel saggio Keynes prevedeva
che saremmo stati otto volte più ricchi dei nostri nonni, in un mondo
dell'abbondanza che avrebbe appagato i bisogni “assoluti” di tutti, con
il risultato di un'economia che avrebbe cessato spontaneamente di
rincorrere una continua crescita non appena raggiunta una diffusa
felicità. Questo perché equamente distribuiti i redditi, e gli sforzi
per produrlo, avrebbero “accontentato” la popolazione, situazione che a
detta di Keynes rappresentava il fine ultimo del capitalismo.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">La previsione si è
dimostrata esatta per quanto riguarda il tasso di crescita ma errata per
quello di felicità, iniziando dai paesi più industrializzati, dove <b>nel frattempo è anche crollato l'inganno nascosto nel termine “consumatore”</b>.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Questo, infatti, altri non è che un <b>compratore</b>
che, per far crescere l'economia, deve acquistare senza sosta: di qui
la necessità che la produzione sforni incessantemente nuovi prodotti per
generare nuovi bisogni. Altrimenti continua ad essere consumatore
solamente quando, disponendo di tutto, sente l'esigenza di sostituire un
oggetto: perché si è rotto – di qui la necessità di produrre con
materiali di relativa durata e di rendere difficili ed anti economiche
le eventuali riparazioni – o perché viene convinto che la sua
sostituzione gli offrirà di più. Per esempio facendolo sentire alla
moda, ed a questo pensa la pubblicità.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Ma cosa capita se il
consumatore/compratore non dispone del danaro per continuare ad
acquistare? Logico: cala la domanda, quindi si produce meno, quindi si
lavora meno, quindi diminuisce ulteriormente il numero dei
consumatori/compratori. <b>A meno che per gli acquisti non ci si indebiti per mezzo di carte di credito o attraverso le rateazioni</b>. Fino a che queste sono sostenibili.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Tutto ciò è capitato persino
in Germania, e cioè in un'economia non soltanto sana ma che godeva del
vantaggio di poter sfruttare, in una nazione da poco riunificata, il
ritardo, in termini di benessere, dei tedeschi dell'est. Infatti,
prendendo in esame i dati di crescita del pil tedesco negli anni dal
2000 al 2006, cioè di un periodo che precede la crisi, scopriamo che è
aumentato di 354 miliardi di euro, mentre l'indebitamento pubblico
cresceva altrettanto. Per la precisione di 342 miliardi. Il che
significa, come afferma Wolfgang Uchatius su <b>Die Zeit</b>, che “<i>il paese si è fatto prestare</i> <i>il benessere</i>” perché “<i>la crescita è stata fasulla</i>”.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Ebbene, se tutto questo è
successo in Germania, mal ne incoglie all'Italia che, rispetto ai
tedeschi, ha visto venir meno molto prima la <b>possibilità di supplire
con le esportazioni alla diminuzione di domanda interna che
s'avvicinava, sino a raggiungerla, alla saturazione</b>.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Ora, per quanto ci riguarda, il governo Monti ha il paradossale vantaggio di poter prendere <b>diversi provvedimenti a costo zero</b> per adeguarci agli altri paesi.</font></p><p class="p2" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Per farlo dovrà, in tempi
rapidi, essere capace di rimuovere i privilegi di certe industrie e di
certe professioni attraverso le liberalizzazioni, di sbloccare il mondo
del lavoro con nuove norme, di abbattere l'evasione fiscale e, infine,
di eliminare tanta della burocrazia che ci imprigiona.</font></p><p class="p2" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Tutto ciò è alla portata di Monti e questo rilancerà i consumi interni e le esportazioni: è quello che tutti ci auguriamo.</font></p><p class="p2" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Ma dobbiamo sapere che <b>questo metodo ci salverà solo fino alla prossima crisi</b>:
i dati, portati ad esempio, che si riferiscono alla Germania dimostrano
che è il meccanismo stesso del capitalismo che non funziona.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">“<i>Negli ultimi anni le
economie dei paesi avanzati hanno prodotto un benessere fittizio,
alimentato da consumi crescenti finanziati con il debito. La crisi ha
dimostrato che il sistema così com'é non funziona più. É arrivato il
momento di cercare un'alternativa</i>”: non è una citazione tratta da una testata della sinistra più estrema ma dal già menzionato settimanale tedesco <i>Die Zeit</i>, socialdemocratico.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Il che significa che la
sfida di Monti è ad alto rischio, ma che davanti ai nostri nipoti, come
direbbe Keynes, ce n'è una ancora più terribile.</font></p><p class="p1" style="text-align: justify; "><font class="Apple-style-span" size="5">Anzi, forse davanti ai nostri figli.</font></p>
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