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Giro, con molto ritardo, questa riflessione di un'insegnante sulla
scuola italiana.<br>
Si può essere d'accordo o meno, se volete fate girare a vostra
discrezione..<br>
Fulvio<br>
<br>
<br>
<strong>L’insegnante Claudia Fanti</strong> (?) ha pubblicato in
vari siti della rete in questi giorni - io l’ ho letto su Garamond –
questo articolo che mi pare interessante. Ne farò delle copie per le
scuole. Gli spunti di riflessione sono notevoli per una lettura di
fine vacanze. Mi permetto di inviarvelo.
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<p class="MsoNormal">Buona Befana</p>
<p class="MsoNormal">A</p>
<p class="MsoNormal"> </p>
<p><strong><span style="font-family:
"Verdana","sans-serif";">Per un made
in Italy dell’istruzione</span></strong></p>
<p>Mentre il governo in carica si affanna per riportarci
almeno a galla, noi della scuola non sappiamo quale sia il
nostro destino e quello delle nostre fatiche per reggere
l’impatto del tempo tiranno in cui viviamo.</p>
<p>Eppure a qualcuno di noi piace ancora pensare a un futuro
auspicabile nel quale sarà possibile insegnare e apprendere
nel rispetto di ogni singolarità, umanità. Un rispetto che
tenga conto dei volti delle persone che ci guarderanno dai
banchi, nei corridoi spogli, nelle aule, nei laboratori.
Ecco, mi piacerebbe che quando si scrive o ragiona di
scuola, lo si facesse senza definire per categorie la
cosiddetta utenza: i giovani, le famiglie, i disabili, gli
stranieri…mi piacerebbe che si decidesse di “vedere” le
persone e le loro infinite modalità di approccio
all’esistente, al sapere, al quotidiano vivere.</p>
<p>La scuola dovrebbe essere tenuta al riparo da ciò che si
definisce con il termine “pubblico” e da ciò che le manovre
finanziarie ritengono di dover fare per ridimensionare,
tagliare, diminuire anziché aumentare. E non importa che
altre nazioni sappiano risparmiare, perché è proprio questa
l’ora in cui non si dovrebbe risparmiare sull’istruzione, ma
pensare alla sua dimensione espansiva. Le persone sono
chiamate a fare sacrifici. Eppure perfino per reggere i
sacrifici ci vuole una solida base culturale costruita con
sapienza ed equilibrio.</p>
<p>E questo saper reggere non si impara dall’oggi al domani.
Si apprende strada facendo con l’attitudine al lavoro di
squadra, alla riflessione, con l’amore per il bello che si
oppone al bello imposto dai consumi.</p>
<p>Perfino per incassare senza reagire con violenza a una
manovra finanziaria durissima ci vuole una scuola che alleni
in modo colto e arguto all’argomentazione, all’ironia, alla
critica, al pensiero divergente.</p>
<p>Questa scuola non c’è da nessuna parte, né in Germania, né
in America, né In Francia… e…neppure in Italia.</p>
<p>Ma in Italia ci potrebbe essere eccome: si pensi ai secoli
di cultura, arte, bellezze, creatività che abbiamo alle
spalle. Abbiamo mai veramente tenuto in seria considerazione
ciò che siamo stati, le nostre origini? Ogni governo che si
è succeduto, ogni ministro della pubblica istruzione non ha
incentrato il proprio lavoro sul patrimonio e sulla storia
specificamente italiana. Nessuno. Ci si è limitati a
costruire programmi, Indicazioni, a trovare obiettivi e
finalità per formare un cittadino al passo coi tempi
contestuali guardando sempre a modelli esterofili.</p>
<p>Eppure non è così che si crea qualcosa che vada a sostenere
la peculiarità italiana e la sua esigenza di far emergere la
propria diversità in Europa.</p>
<p>Dovremmo pensare a una scuola media e superiore che in
continuità con gli ordini che le precedono puntino in
particolare (in forma strutturale e non come un qualche
progetto sperimentale avulso dal lavoro ordinario e
quotidiano) a valorizzare il patrimonio e a usare le materie
in modo assolutamente finalizzato a sviluppare reti di esse:
fra matematica e arte, fra lingua e matematica, fra storia e
arte, fra geografia (andrebbe potenziata) e turismo, fra
turismo e arte, fra lingua straniera e letterature, fra
educazione tecnica e arte, fra geometria e architetture, fra
lingua italiana e latina, fra latino e filosofia, fra
filosofia, arte, ambiente, scienze naturali e natura in
senso lato.</p>
<p>Dovremmo pensare a qualcosa di spiazzante che includa il
valore che diamo quasi soltanto noi in Europa alla persona,
qualsiasi siano le sue potenzialità, per mostrare all’Europa
che c’è un’Italia che collabora con i propri specifici
apporti, ma non subisce le peculiarità altrui. Un’Italia
competitiva sul piano della cultura è quello che un governo
dovrebbe costruire utilizzando ogni precario, ogni
educatore, ogni docente anziano disponibile, ogni
professionalità a disposizione, ma anche liberando, in modo
assolutamente gratuito, l’accesso per le scuole ai musei, ai
monumenti, a qualsiasi opportunità offra l’ambiente intorno.
Proprio nel momento in cui la crisi si fa più pesante, si
dovrebbe spendere per mostrare ai propri cittadini che non
si viene meno alla tutela della cultura dei figli di tutti.
Proprio in questo momento, più grande dovrebbe essere lo
sforzo affinché le scuole di ogni ordine e grado non
venissero ridimensionate, bensì incentivate, anche
economicamente, per inventare nuove strade, nuovi percorsi
culturali e metodologici al fine di reagire al degrado e
alla disperazione dei suicidi (mi riferisco agli ultimi
tragici avvenimenti umani di cui siamo stati impotenti
spettatori).</p>
<p>Insegnare a diventare maestri di se stessi ad ogni persona
con la quale ogni insegnante viene a contatto dovrebbe
essere lo scopo di qualunque ricerca pedagogica, ma anche di
scelte ministeriali, affinché ciascuna persona possa
trovare dentro di sé la forza e le energie per dare qualcosa
di prezioso alla società tutta. Ecco, insegnare a diventare
maestra/o di se sessi è la sfida più grande e utile per
ognuno e per la collettività.</p>
<p>Per realizzare questo, è chiaro che ogni ordine di scuola
deve fare la propria parte abbandonando proprio gli idoli
contemporanei della meritocrazia, andando verso una dinamica
di classe e di istituto che apra la propria visone e con
ampio respiro dia l’accesso alle proposte culturali che
emergono sia dagli stessi alunni, sia dal mondo esterno dei
media, dei quotidiani, dei musei, di Internet, ecc… Occorre
che compiti in classe, interrogazioni e voti siano la parte
minore dell’insegnamento, che venga ridimensionato il loro
ruolo a favore della pedagogia conversazionale, della
pedagogia della ricerca sul campo, della ricerca-azione,
della scoperta in luogo della trasmissione, dell’accesso ai
libri e alle biblioteche, in luogo del libro di testo che
pure può servire come base da cui partire. Occorre che
alunni e alunne possano usufruire durante la giornata
extrascolastica di laboratori di lingua straniera, teatrale,
scientifica, artistica (nel senso più ampio: musica, danza,
scultura, artigianato…)…come e quando lo desiderano. Occorre
che la scuola venga data alle mani dei giovani nella
gestione di laboratori e idee da sperimentare e da proporre.
Occorre che si capovolga il sistema: che ogni alunno/a senta
la responsabilità del proprio apprendimento, che si renda
conto che le potenzialità, lo stile, le modalità
dell’apprendere e della costruzione del proprio futuro sono
nelle sue mani. Occorre che gli insegnanti prendano atto di
essere sapienti mediatori, accompagnatori, esploratori della
realtà mutevole insieme con gli alunni e le alunne. La
lezione frontale, che pure è utilissima per coordinare e
informare, va superata, così come la rigida scansione alle
medie e alle superiori di orari, materie ognuna a se
stante, ognuna con il suo rituale di spiegazioni e
verifiche, di compiti a casa il più delle volte non eseguiti
o mal eseguiti. Occorre risolvere la questione annosa del
tempo tiranno in favore di una didattica che punti
sull’approfondimento e non sulla fretta e sulla quantità. In
particolare bisogna evitare la canalizzazione precoce verso
un mercato che restringerebbe le possibilità del singolo di
autoconoscere le proprie tendenze e potenzialità nei vari
campi del sapere e del saper fare.</p>
<p>Le generazioni a confronto non si devono fronteggiare,
bensì incontrare sul piano delle diverse competenze, anche
se con responsabilità distinte.</p>
<p>Occorre oggi più di prima che il Ministro si accorga che il
problema della dispersione non si affronta richiamando
all’uso della tecnologia che pure è utilissima, bensì con
l’incentivare le attività che vedono insegnanti e alunni
lavorare senza i lacci e i laccioli delle continue verifiche
e dei punteggi. Occorre che si renda conto che le
personalità degli alunni all’uscita dalla scuola elementare
entrano in conflitto con un modo di concepire la scuola da
parte degli adulti che è in contrasto con il loro desiderio
di autonomia, di espressione, di creatività, di porre
domande e ottenere risposte alla cui formulazione essi
possano partecipare. Lo studio oggi è dinamico, fluido, in
movimento. Oggi, la scuola può introdurre a qualsiasi mondo
del sapere, in maniera più immediata con l’utilizzo sapiente
di Internet. Poi può chiamare al rigore nell’apprendimento
accompagnando i ragazzi e le ragazze a un lavoro di studio
sulle tematiche scaturite in molteplici modi che coinvolgano
essi stessi alla cooperazione e alla solidarietà fra i
diversi stili di apprendimento e le differenti aspirazioni
sia nella produzione di riflessioni personali, sia nella
produzione di materiali, sia nell’organizzare forum,
conferenze, scambi di vedute, aperture verso il mondo
esterno con esperti in ogni campo. Si pensi ad esempio a un
interscambio tra gli studi dei ricercatori dei dipartimenti
di facoltà con quelli di giovani studenti delle superiori
motivati ad arricchire le proprie conoscenze in ogni ambito.</p>
<p>Ma non basterebbe fornire di un tablet ogni banco!
Assolutamente non basterebbe, se l’operazione non fosse
accompagnata da un incentivare l’allontanamento dalla
concezione che vede la scuola ingessata in rigidi sistemi di
valutazione, i quali per loro natura impongono giudizi e
voti a breve termine. Volere una scuola italiana, in stile
storicamente italiano invece vuol dire renderla simile alle
botteghe artigiane nelle quali l’apprendista si misura con
la materia e con l’esperienza dei vecchi maestri per poi
rielaborare, ricreare, arricchire di valore aggiunto con il
lavoro gomito a gomito con il maestro e con i maestri di
altre botteghe in una catena di magisteri che costantemente
si rinnovano.</p>
<p>Occorre non temere di spendere affinché le classi siano
gruppi numericamente ridotti, non di livello, bensì classi
comunità nelle quali gli inclusi possano essere di stimolo
gli uni agli altri nel rispetto delle diverse abilità,
capacità e ruoli che i gruppi stessi si danno.</p>
<p>01 gennaio 2012</p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: 11pt;
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<p class="MsoNormal"><b><span style="font-size: 10pt;
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target="_blank">daniela.bellabarba@tin.it</a>] <br>
<b>Inviato:</b> mercoledì 4 gennaio 2012 10:30<br>
<b>A:</b> <a moz-do-not-send="true"
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target="_blank">massimo.bosetti@gmail.com</a><br>
<b>Oggetto:</b> progetto menteduepuntozero</span></p>
</div>
<p class="MsoNormal"> </p>
<p class="MsoNormal"> Buongiorno a tutti. Ho provato a fare un
po' di compiti per casa, (le mie integrazioni sono in rosso)
in attesa di ritrovarci per procedere con la progettazione
comune. Per i punti 5 e 6 avrei bisogno di alcune dritte da
Massimo. Comunque, visto che abbiamo deciso che è un work in
progress, fate tutte le correzioni-integrazioni del caso e
poi fate circolare. Credo però che sia importante avere
tutto pronto almeno per la fine di gennaio, in modo da
cominciare a "batter cassa". Buona giornata e godetevi
questo ultimo scampolo di vacanze. daniela<br>
PS spero che l'indirizzo di massiomo sia esatto, altrimenti
chiedo a luigina o anita di inoltrare! </p>
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