<blockquote>
<span style='font-style:italic;'>E allora accadde che Microsoft divenne grande e potente,
tra le Corporations del Microchip; più potente di quanto qualsiasi
altra Corporation del Mainframe fosse mai diventata. E il cuore
di Gates si era indurito, e lui giurò dinanzi ai suoi Clienti
e ai suoi Ingegneri le parole della sua maledizione:
'Figli di Von Neumann, ascoltatemi, Ibm e le Corporation del
Mainframe hanno incatenato i vostri progenitori con gravi e perigliose
licenze, tanto che voi vi siete lamentati acciocchè gli spiriti
di Turing e Von Neumann vi liberassero. Ora io vi dico: io sono
più grande di qualsiasi Corporation prima di me. Vi libererò
delle vostre licenze?No, io vi legherò con licenze due volte
più gravi e dieci volte più perigliose di quelle dei miei
progenitori... Vi cattureò e vi ridurrò in schiavitù come
nessuna generazione è stata mai resa schiava. E per quale ragione
piangerete gli spiriti di Turing, di Von Neumann e di Moore?
Essi non possono sentirvi. Io sono diventato una potenza più
grande di loro. Piangerete soltanto per me, e vivrete alla mercè
della mia pietà e della mia ira. Io sono i cancelli</span><a href='#791'><sup>791</sup></a>
791Letteralmente:
``Io sono il Gates dell'inferno''- gioco di parole tra il nome
di Bill Gates e <span style='font-style:italic;'>gates</span>, ``cancelli''
[N.d.T]} <span style='font-style:italic;'>dell'inferno;
io possiedo il portale per L'MSNBC e le chiavi dello Schermo
Blu della morte. Abbiate paura; abbiate una grandissima paura;
servite soltanto me, e vivrete'.''</span><a href='#745'><sup>745</sup></a>
745<span
style='font-style:italic;'>Il Vangelo Secondo
Tux contenuto in HIMANEN, Pekka, <span style='font-style:bold;'>L'etica hacker e lo spirito
dell'età dell'informazione</span>, Milano, Feltrinelli, 2001, pg
133</span>}
</blockquote>
<p style="text-align:right;">
A D.D.S., il mio angelo custode.
</p>
<h4>Il copyright, un breve excursus storico</h4>
Durante l'Hackmeeting che si svolse a Bologna nel luglio 2002,
Richard Stallman, guru mondiale del Free Software, precursore
di tutta quella filosofia che ha permesso quegli sviluppi tecnologici
e culturali che stanno alla base anche del movimento dell'Open
Source, regalò agli estasiati hackers (e non) che ebbero il
piacere di incontrarlo, un lungo discorso sul copyright, sul
software libero e sui diritti digitali<a href='#776'><sup>776</sup></a>
776Il resoconto dell'intero
incontro e dei temi che furono trattati è disponibile nell'articolo
di PICASCIA, Stefano, <span style='font-style:italic;'>Copyright, Software Libero e Diritti
Digitali, in <span style='font-style:bold;'>Linux Magazine,</span>anno III,n.9 (24), Novembre 2002,pg.
19 e ss.</span>}.
Ripercorrere con Stallman le origini e le evoluzioni del Copyright
(anche se per sommi capi) è, a mio avviso, fondamentale per
comprendere non solo il movimento dell'Open Source (dal quale
Stallman prende le debite distanze), ma anche la situzione attuale
a livello giuridico, che va evolvendosi sempre più verso un
modello di tutela del diritto d'autore estremamente serrato,
forse anche dimenticando i motivi stessi per cui l'istituto del
copyright fu creato.
<blockquote>
Non esisteva nessun copyright quando le opere letterarie erano
riprodotte a mano ed il confine tra copiare un'opera e sriverne
una nuova era molto labile. Chiunque avesse sotto mano una copia
di qualunque scritto era libero di copiarlo, riscriverlo modificandolo
o raccontandolo in giro. Un po' quello che facevano gli aedi
ed i rapsodi nell'antica Grecia, ad esempio, che imparavano le
parti fondamentali di una narrazione e le recitavano integrandole
di volta in volta con degli spunti estemporanei<a href='#746'><sup>746</sup></a>
746Ibid. pg.19}
</blockquote>
racconta Stallman.
Ma la frattura tecnologica e culturale che la stampa portò,
produsse decisivi cambiamenti. Trasformò la copia di un'opera
in una vera e propria economia di scala nella quale, dopo un
ingente investimento iniziale, necessario per avere la tecnologia
di stampa, la produzione di una copia in più aveva un costo
irrisorio. Inoltre, alla cultura dell'oralità, tipica del periodo
degli amanuensi, si andava progressivamente sostutuendo un modello
``industriale'' di cultura, basato sulla tecnologia di Gutemberg.
Iniziava l' ``era della printing press'', come la chiama Stallman,
che sarebbe durata mezzo millennio ancora e che avrebbe generato,
per filiazione diretta, anche il copyright.
Esso nacque con uno
scopo preminentemente sociale: promuovere il progresso e la diffusione
delle idee rendendo possibile per gli autori vivere delle proprie
opere<a href='#799'><sup>799</sup></a>
799Ibid. pg.19-20}.
Stimolava, fondamentalmente, gli autori a produrre sempre di
più, proteggendoli dagli abusi o da modifiche alle loro opere
ed assicurando loro un equo compenso per aver dato un contributo
alla cultura. Nello stesso tempo, poneva tutta una serie di vincoli
alle case editrici, mentre anche gli utenti finali ne ricavavano
benefici: rinunciavano alla libertà di riprodurre opere di
altri, libertà che comunque senza soldi o mezzi non potevano
esercitare, in cambio di sempre più libri, di conoscenza.
<span style='font-style:italic;'>A very good deal, per dirla con le parole di Stallman,
un ottimo affare. Il copyright nato dalla stampa è un</span>
potente strumento per perseguire il benessere collettivo attraverso
il controllo sociale sull'attività degli editori<a href='#747'><sup>747</sup></a>
747PICASCIA,
Stefano, <span style='font-style:italic;'>Copyright, Software Libero e Diritti Digitali,</span> cit.
vedi nota 1}.
Ma, come Stallman ha più volte precisato, e non solo in questo
incontro<a href='#777'><sup>777</sup></a>
777Si veda anche STALLMAN, R.M., <span
style='font-style:italic;'>SoftwareLibero,Pensiero
libero: saggi scelti di Richrad Stallman (vol.1), collana Eretica-Saggi,
maggio 2003 e all'URL http:philosophy/misinterpreting-copyright.html</span>},
anche i padri fondatori della costituzione americana riconoscevano
che il diritto d'autore
non è un diritto naturale degli autori, quanto piuttosto una
condizione artificiale concessa loro per il bene del progresso[...].
Se si trattasse di un diritto naturale, qualcosa assegnato agli
autori perchè lo meritano, nulla potrebbe giustificarne la
cessazione dopo un determinato periodo<a href='#748'><sup>748</sup></a>
748La Costituzione Americana
permette l'esisitenza di un sistema sul copyright all'art.1,
sez.8: ``Il congresso avrà il potere di promuovere il progresso
della scienza e delle arti utili, garantendo per periodi di tempo
limitati ad autori ed inventori il diritto esclusivo ai rispettivi
testi scritti ed invenzioni''.}, al pari dell'abitazione di qualcuno
che dovesse divenire di proprietà pubblica trascorso un certo
periodo di tempo dalla sua costruzione<a href='#792'><sup>792</sup></a>
792R.M. STALLMAN, <span style='font-style:italic;'>SoftwareLibero,Pensiero
libero: saggi scelti di Richrad Stallman (vol.1 )</span>, cit. vedi
nota 5}.
In definitiva, l'istituto del copyright nacque a vantaggio degli
utenti finali, nonostante poi sia stato concepito diversamente,
dando luogo a due sistemi normativi diversi: negli USA il vero
e proprio <span style='font-style:italic;'>copyright</span>, che garantisce l'utilità economica
dell'opera badando meno all'aspetto morale; in Europa il <span style='font-style:italic;'>droit
d'auteur</span>, di origine francese, incentrato sul rapporto tra l'autore
e l'opera<a href='#749'><sup>749</sup></a>
749Cfr. RAZZANTE, Ruben, <span style='font-style:italic;'>Manuale di Diritto dell'informazione
e della comunicazione,</span>Padova,Cedam, 2002}. Tuttavia, con gli
anni, si è andati verso una progressiva armonizzazione nelle
legislazioni in materia, per cui anche questa distizione va sfumando.
Ciò che è importante è la volontà di garantire l'autore
perchè produca cultura e progresso a vantaggio del prossimo.
Oggi, a circa cinquecento anni dalla nascita della Bibbia di
Gutemberg, una nuova frattura tecnologica e culturale ha nuovamente
cambiato le carte in tavola. La stampa non è più l'unico
mezzo attraverso il quale le notizie vengono diffuse: le reti
telematiche sono nuovi e sempre più diffusi canali di informazione
e comunicazione, con la peculiarità di permettere, a chiunque
vi abbia accesso, di manipolare e redistribuire l'informazione
in circolo.
Siamo tornati al tempo degli aedi. La cultura digitale è molto
più simile alla forma orale-aurale del mondo antico che a quella
centralizzata della printing press<a href='#778'><sup>778</sup></a>
778Stallman in PICASCIA,
Stefano, <span style='font-style:italic;'>Copyright, Software Libero e Diritti Digitali,</span> cit.
vedi nota 1}.
La società dell'informazione è la nuova realtà in cui viviamo:
il possesso dell'informazione è ciò che dà potere e ricchezza.
Le nuove possibilità date a tutti, teoricamente, dalle reti
telematiche di produrre, redistribuire, possedere informazioni
dovrebbero essere liberamente sfruttate da chiunque. Ed oggi
poter copiare il lavoro di altri diventa la pre-condizione necessaria
per la condivisione e la crescita della conoscenza. ``<span style='font-style:italic;'>Copiare</span>''
non è sinonimo di pirateria, non è infrangere i diritti degli
autori per malafede o scopi di lucro: nella nuova società dell'informazione
significa poter liberamente partire da ciò che un autore ha
realizzato, dandogli certamente meriti per il lavoro che ha svolto,
e procedere all'<span style='font-style:italic;'>improuvement</span> delle conoscenze da lui raggiunte,
senza dover, quindi, ricominciare dal principio per ogni nuovo
problema che si vuole risolvere.
Eppure, in questo panorama di un futura democrazia partecipativa
telematica, si delinea sempre di più lo stridente contrasto
tra le possibilità che le tecnologie, democraticamente, offrono
alla comunità e le
pesanti limitazioni imposte dalle leggi sul diritto d'autore,
pensate ed istituite in un' epoca troppo diversa<a href='#750'><sup>750</sup></a>
750Stallman
in PICASCIA, Stefano, <span style='font-style:italic;'>Copyright, Software Libero e Diritti
Digitali,</span> cit. vedi nota 1}.
Stallman sostiene, inoltre, che il copyright non sia più utilizzato,
oggi, per lo scopo per cui venne creato, intendendo con questo
che non è più quello strumento che impone limitazioni alle
case editrici ma alla grande massa degli utenti. Così i principali
beneficiari delle leggi sul copyright non sono più gli utenti,
ma le case editrici, discografiche e le <span style='font-style:italic;'>corporations</span> in generale,
soprattutto nel settore dell'<span style='font-style:italic;'>entertainment</span>. Queste ottengono
leggi conformi ai loro bisogni anche con finanziamenti che assumono
anche la forma di sottoscrizioni elettorali<a href='#803'><sup>803</sup></a>
803Stallman si riferisce
qui al Sonny Bono Copyright Extension Act, conosciuto anche come
Mickey Mouse Law, approvato nel 1998 , che concesse una lunga
proroga alla durata del copyright su Topolino e su molti altri
personaggi della Disney, ``in cambio'' di 6,3 milioni di dollari
dati dalla Disney alla campagna elettorale di Clinton. La proroga
è decisamente in conflitto con le premesse della Costituzione
Americana (v. nota 6).}.
Il futuro del copyright sembra condizionato da interessi che
non sono quelli della comunità o che dietro questi si nascondono.
Anche in risposta alle crescenti limitazioni imposte all'utenza,
nacque il progetto GNU, che diede alla luce il concetto di Free
Software, dal quale poi prese vita, per diventare autonomo quasi
da subito, il movimento dell'Open Source, entrambi, anche se
in modi un po' diversi, per un ritorno ad un concetto e un utilizzo
corretto del copyright nel campo dei programmi per elaboratore
e non solo.
<h4>Il software: nuovo oggetto del diritto d'autore</h4>
<h5>Perche' il software e' oggetto del diritto d'autore</h5>
Lo sviluppo delle nuove tecnologie è avanzato a ritmi vorticosi
fin dal principio. Dalla fine degli anni '50, quando il Massachusetts
Institute of Technology iniziò ad essere uno dei centri più
famosi e all'avanguardia nel campo delle nuove tecnologie, passando
per la diffusione del PC negli anni '70 al di fuori dell'ambito
della ricerca e delle università, per la nascita delle prime
reti di computer a scopo militare negli anni '80<a href='#751'><sup>751</sup></a>
751Per una
più dettagliata, seppur sintetica, storia degli sviluppi delle
nuove tecnologie e per conoscerne i protagonisti si veda MASTROLILLI,
Paolo, <span style='font-style:italic;'>Hackers-I ribelli Digitali,</span> Roma-Bari, Laterza 2002,
cap.3 pgg 53 e ss.}, fino ad oggi, momento di ampio sviluppo
di Internet, che pure non ha nacora mostrato tutte le sue potenzialità,
è passato davvero poco tempo. Ma è stato un periodo estremamente
ricco di innovazioni e che ha permesso una diffusione non solo
di macchine computerizzate, il c.d. hardware, ma anche degli
strumenti necessari al loro funzionamento, i programmi per elaboratore,
meglio conosciuti con l'espressione software.
Hardware e software hanno smesso ben presto di essere confinati
in grandi stanzoni universitari o dei centri di ricerca e sono
prepotentemente entrati nella vita quotidiana dei normali cittadini.
Parallelamente allo sviluppo dell'hardware, che diventava sempre
meno ingombrante e più potente, il software si sviluppava verso
risultati sempre più stupefacenti ed iniziava a circolare in
tutto il mondo.
Apparve evidente, dunque, fin dall'inizio degli anni '70, la
necessità di trovare un istututo giuridico che proteggesse
i programmi per elaboratore.
Come Chimienti chiarisce, a livello nazionale vennero proposte
diverse soluzioni che andavano dalla tutela del software nell'ambito
dei Diritti d'Autore alla tutela brevettuale. Si pensò anche
ad una forma di tutela <span style='font-style:italic;'>sui generis,</span> che adattasse all'opera-prodotto
software le dinamiche legislative dei sistemi diritto d'autore-brevetto,
trovando in questa terza soluzione il modo di evitare l'applicazione
ai programmi per elaboratore di dettati legislativi di non piena
soddisfazione delle finalità protettive perseguite<a href='#779'><sup>779</sup></a>
779Cfr.
CHIMIENTI, Laura, <span style='font-style:italic;'>Lineamenti del nuovo diritto d'autore-Direttive
comunitarie e normativa interna,</span> Milano,Giuffrè, 2002, pg.13
e ss.}.
Ma è legittimo chiedersi perchè, fin da subito, si sia pensato
ad una tutela del software legata al Diritto d'Autore.
Sicuramente un programma per elaboratore è una creazione di
un'opera di ingegno, anche se ci appare diverso da una poesia
o da un libro perchè scritto in strani linguaggi che i più
non riescono neppure a leggere. Ma in quanto soluzione ad un
problema di natura logico-matematica (perchè questa è la
natura del computer) un programma è sforzo crativo, è risultato
originale rispetto ad altre soluzioni proposte prima, poi fissato
su un supporto che rende possibile fruire della soluzione trovata.
Dunque è normale pensare che il software, in quanto creazione
di un'opera di ingegno, come tale venga tutelato dal Diritto
d'Autore.
E' possibile, tuttavia, andare ancora più a fondo ed ancora
una volta Chimienti ci viene in aiuto per capire meglio.
In Estetica, ci dice, si distinguono la ``forma'' di un'opera d'arte
ed il ``contenuto'' dell'opera stessa. <span style='font-style:italic;'>Contenuto</span> può essere
l'insieme dei fatti narrati, il soggetto di un quadro o di una
scultura; la <span style='font-style:italic;'>forma</span> è il modo in cui il contenuto è espresso.
Con la forma non solo si mette in luce la bravura dell'artista
nell'usare i pennelli o lo scalpello ma anche la sua personale
visione e della realtà e dell'immaginazione.
Questa distinzione è valida non solo per le opere d'arte, ma
anche per tutte le opere creative dell'ingegno, che sono dunque
formate da un contenuto, che possiamo definire ``idea'' o ``principio'',
e da un forma, che possiamo chiamare ``espressione''.
Il programma, esattamente come un libro o una qualsiasi opera
d'ingegno, parte da un 'idea, cioè da un insieme di elementi
che, sviluppati in formule matematiche (l'algoritmo), permettono
di completare la fase più importante dell'opera, il ``codice
sorgente'', espresso in modo comprensibile a coloro che conoscono
il linguaggio di programmazione usato. In una fase successiva,
il programma sorgente viene trasformato attraverso un compilatore
in tutta una serie di ``1'' e ``0'', in codice binario, comprensibile
alla macchina. Ma la produzione di questo ``programma oggetto''
è un'operazione automatica. Ciò che è importante è che
abbiamo un'<span style='font-style:italic;'>idea di partenza</span>, la ricerca di una soluzione
ad un problema intellettuale di natura logico-matematica, ed
una <span style='font-style:italic;'>narrazione</span>, costituita dall'insieme dei procedimenti
descritti nel programma e finalizzati ad esprimere l'idea di
base. Il tutto attraverso un linguaggio particolare, detto linguaggio
di programmazione<a href='#752'><sup>752</sup></a>
752Cfr. CHIMIENTI, Laura, <span style='font-style:italic;'>La tutela del
Software nel diritto d'autore</span>, Milano, Giuffrè, 2000, pgg.39
e ss. Nonostante l'intero ragionamento sia inserito all'interno
della spiegazione del D. Lgs. 518/92 con il quale si recepì
la direttiva europea 91/250/CE sulla tutela del software, il
principio generale della distinzione tra l'idea di partenza e
la narrazione del programma è basilare e comune a tutti i ragionamenti
sottostanti la protezione dei programmi per elaboratore, anche
al di fuori dell'ambito europeo.}.
Citando la Chimienti arriviamo alla conclusione del nostro ragionamento:
<blockquote>
Il punto fondamentale è questo: l'idea, diciamo così, informatica
si sviluppa e si rende tangibile attraverso un linguaggio, così
come l'opera letteraria; con questa ha in comune il fatto di
potersi concretare in tanti modi diversi di ``espressione'' quanti
sono i possibili autori che da quell'idea partono per raggiungere
un risultato: ogni mente è diversa dalle altre e sceglie strade
diverse ed è proprio questa infinita varietà di espressioni
ad essere oggetto di tutela<a href='#793'><sup>793</sup></a>
793CHIMIENTI, Laura, <span style='font-style:italic;'>La tutela
del Software nel diritto d'autore,</span> cit. vedi nota 3}.
</blockquote>
Il programma per elaboratore è, come abbiamo visto prima, un'opera
creativa di ingegno, è una delle possibili concretizzazioni
di un'idea informatica, il che lo assimila ad un'opera letteraria,
e, dato che sia l'opera letteraria che le opere creative dell'ingegno
più in generale sono protette nell'ambito del Diritto d'Autore,
è naturale che anche il software lo sia.
Questo è di ancor più facile comprensione se ricordiamo che
il software è stato definito dall'OMPI:
l'espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni
(o simboli) contenuti in qualsiasi forma o supporto (nastro,
disco, film, circuito), capace direttamente o indirettamente
di far eseguire o di far ottenere un funzione, un compito o un
risutato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione
elettronica dell'informazione<a href='#753'><sup>753</sup></a>
753OMPI, 1984, in BUCCARELLA,
Manuel, <span style='font-style:italic;'>Licenze free e licenze proprietarie,</span> consultabile
all'URL http://punto-informatico.it/p.asp?i=44113}.
Infatti, la peculiarità del Diritto d'Autore è di tutelare
le espressioni e non le idee. Dato che il programma per elaboratore
è una delle possibili <span style='font-style:italic;'>espressioni</span> di un'idea informatica,
è naturale sia tutelato in quanto tale esattamente come le
altre forme di espressione di un'idea iniziale.
Distinguere ``idea'' da ``espressione'', come la Chimienti ci spiega,
è necessario: se le idee diventassero oggetto di monopolio,
una volta usate nessun'altro potrebbe usufruirne, il che darebbe
un
colpo mortale alla fantasia umana ed alla sua continua ricerca
di novità, di perfezionamento, di progresso<a href='#780'><sup>780</sup></a>
780LAURA CHIMIENTI,
<span style='font-style:italic;'>La tutela del Software nel diritto d'autore,</span> cit.vedi nota
3}.
Così, anche in informatica, è l'espressione, il singolo
programma per elaboratore, ad essere protetto, non l'idea da
cui il programmatore è partito. Ad esempio, se volessi scrivere
un programma per comprimere files, lo realizzassi e lo chiamassi,
che so, ZIP/ZIP, sarebbe solo ZIP/ZIP ad essere coperto da Diritto
d'Autore e niente impedirebbe a chiunque altro ne sia in grado
di realizzare altri programmi, diversi dal mio, ma sempre con
la finalità di comprimere files.
<h5>Come il software e' tutelato dal diritto d'autore:</h5>
<h4>un confronto tra la tutela statunitense e quella europea</h4>
Una volta chiariti i motivi per i quali il software può essere
considerato oggetto del Diritto d'Autore, possiamo comprendere
meglio anche l'evoluzione della tutela data ai programmi per
elaboratore.
Ovviamente, i primi a tutelare i programmi nell'ambito del diritto
d'autore furono gli Stati Uniti (nel 1980) e ciò non stupisce,
data la loro posizione di avanguardia in campo informatico. Ma
molto presto molti altri Stati hanno regolamentato la tutela
giuridica dei programmi ( l'Australia nel 1984, la Francia, la
Germania, la Gran Bretagna e il Giappone nel 1985, la Spagna
nel 1987 e solo nel 1991 anche la CEE)<a href='#754'><sup>754</sup></a>
754Cfr. CHIMIENTI, Laura,
<span style='font-style:italic;'>Lineamenti del nuovo diritto d'autore-Direttive comunitarie
e normativa interna,</span> cit. vedi nota 2}.
Come Stallman ci ha raccontato<a href='#800'><sup>800</sup></a>
800Cfr. Introduzione}, anche
i padri fondatori della Costituzione americana avevano pensato
alla proprietà intellettuale, ma avevano lasciato al Congresso
la facoltà di sviluppare il concetto ed i mezzi. Vennero così
stabilite le quattro componenti della Proprietà Intellettuale:
il <span style='font-style:italic;'>Copyright</span>, il <span style='font-style:italic;'>Trademark</span>, i <span style='font-style:italic;'>Patents</span> ed i <span style='font-style:italic;'>Trade
Secrets.</span> Ognuno di questi quattro elementi protegge diversi aspetti
della proprietà intellettuale.
Kelly R. Hanood ci spiega che:
Il <span style='font-style:italic;'>Copyright</span> protegge opere letterarie, artistiche, musicali
ed opere che abbiano natura simile a queste e che siano prodotte
da autori od artsti. I <span style='font-style:italic;'>Trademarks</span> sono simboli che aiutano
a proteggere un oggetto da errori di identificazione (come gli
archetti dorati del McDonald ndr). I <span style='font-style:italic;'>Patents</span> (da noi meglio
conosciuti come brevetti n.d.t.) sono di solito ottenuti da inventori
che desiderano proteggere una loro invenzione o un procedimento
da loro scoperto. Ed i <span style='font-style:italic;'>Trade Secrets</span> sono semplicemente i
segreti di un procedimento, di una ricetta o qualsiasi elemento
che deve rimanere segreto<a href='#755'><sup>755</sup></a>
755HANOOD, Kelly R., <span style='font-style:italic;'>Intellectual
Property on the WWW,</span> consultabile all'URL http://ei.cs.vt.edu/wwwbtb/book/chap9/index.html
(trad. mia) nell'ambito del progetto ``Interactive Learning with
a Digital Library in Computer Science'', supportato dalla National
Science Foundatione retto dal professor E:A: FOX.}.
Si iniziò a riflettere sulla tutela del sofware nell'ambito
del copyright già negli anni '60, quando, oltre a chiedersi
come le nuove tecnologie potessero influire sui diritti di proprietà
intellettuale -- e quindi ledere il diritto d'autore-, si cominciarono
anche ad accettare al Copyright Office registrazioni per programmi.
Tuttavia, fu solo nel 1980 che il software fu legalmente definito
come coperto da diritto d'autore con il Computer Software Copyright
Act, conosciuto anche come Computer Software Amendment Act, perchè
implementava il Copyright Act del 1976 (Titolo 17 dello US Code)
includendo tra gli oggetti tutelati anche il software. Ovviamente,
già dagli anni '60 si era chiarito che il software, per essere
tutelato, doveva essere creativo, originale e fissato su un supporto
che lo rendesse fruibile anche all'esterno. La tutela del copyright
scatta nel momento in ui il programma è fissato sul supporto.
Il Computer Software Amendment Act formalizzava questi requisiti
e rispondeva ai suggerimenti della CONTU (National Commission
on New Technological Use of Copyright Works), creata nel 1974
allo scopo di indagare gli effetti delle nuove tecnologie sulla
proprietà intellettuale, che spingeva perchè si chiarisse
definitivamente il motivo di una protezione dei programmi per
elaboratore con il copyright<a href='#781'><sup>781</sup></a>
781Cfr. HANOOD, kelly R. <span style='font-style:italic;'>Intellectual
Property on the WWW,</span> cit. vedi nota 9}.
Le tutele giuridiche date dagli altri Paesi al Software seguirono
le linee di quella americana e la CEE non fece eccezione. Il
14 maggio 1991 venne emanata la direttiva n. 250 che doveva essere
recepita entro il 31 dicembre 1992 da tutti i Paesi della Comunità
e che assicurava la tutela del software nell'ambito del diritto
d'autore.
Eppure, tra la tutela assicurata in Europa e quella negli USA
esiste una grande differenza. Negli USA, come abbiamo visto,
è prevista la possibilità di utilizzare come protezione per
le proprie creazioni anche lo strumento del brevetto. Se in generale
il brevetto serve a coprire l'applicazione tecnologica di un'idea
in una macchina o in un processo, in campo informatico esso copre
quella che abbiamo chiamato l'idea di partenza, l'algoritmo.
Questo implica la creazione di quel ``monopolio sulle idee'' che
la tutela nell'ambito del diritto d'autore non permette. E' vero
che fino a poco tempo fa neppure negli USA i brevetti su software
erano diffusi e che esistono tutt'ora difficoltà nell'assicurare
questo tipo di tutela ad un software (non fosse altro per il
fatto che non esistono classificazioni precise per le ``invenzioni''
collegate al software, il che rende difficile applicare dei precedenti
giuridici). Ma dal 1981 si è assistito ad una crescita nel
numero degli algoritmi ( e non solo ) che sono stati brevettati,
alla quale dobbiamo aggiungere poi l'ulteriore tutela del copyright
sull'espressione di quell'idea brevettata<a href='#756'><sup>756</sup></a>
756Per una più esauriente
spiegazione del concetto di brevetto si veda <span style='font-style:italic;'>U.S. Patent
Pending</span> consultabile all'URL http://www.duke.edu/eng169s2/group1/lex4/prot5.htm}.
In Europa questo non è possibile: il disposto dell'art. 52.3
della Convenzione di Monaco (5 ottobre 1973) esclude la brevettabilità
dei programmi:
<ol>
<li> I brevetti europei sono concessi per le invenzioni nuove che
implicano un'attività inventiva e sono atte ad avere un'applicazione
industriale.
<li> Non sono considerate come invenzioni ai sensi del paragrafo
1 in particolare:
<ul>
<li> le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici;
<li> le creazioni estetiche;
<li> i piani, principi e metodi per attività intellettuali, per
giochi o per attività commerciali e i programmi per ordinatori;
<li> le presentazioni di informazioni.
</ul>
<li> Le disposizioni del paragrafo 2 escludono la brevettabilità
degli oggetti o delle attività in esse nominati soltanto nella
misura in cui la domanda di brevetto europeo o il brevetto europeo
concerne detti oggetti o attività, considerati come tali<a href='#794'><sup>794</sup></a>
794Art.
52, Convenzione di Monaco, 5 ottobre 1973}.
</ol>
Questo articolo è stato recepito nel nostro ordinamento con
D.P.R. 22 giugno 1979 n.338 che, modificando l'art. 12 del R.D.
29 giugno 1939 n.1127 relativo ai brevetti per invenzioni industriali,
ha stabilito che non sono invenzioni brevettabili i programmi
per elaboratore se il brevetto concerne i programmi in
quanto tali.
La direttiva esclude a priori, all'art. 2, comma 2 , anche una
tutela nell'ambito del diritto d'autore delle idee e dei principi
alla base del programma:
La tutela ai sensi della presente direttiva si applica a qualsiasi
forma di espressione di un programma per elaboratore. Le idee
ed i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma
per elaboratore, compresi quelli alla base delle sue interfacce,
non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente
direttiva.
Recentemente, però, si è presa in esame la possibilità
di riconoscere anche in Europa la protezione brevettuale. La
Commissione ha indirizzato al Parlamento ed al Comitato economico
e sociale la comunicazione 42/1999, in cui chiedeva di chiarire
ulteriormente il quadro giuridico in materia di invenzioni connesse
al software e di eliminare quanto disposto dall'art. 52 comma
2, lettera c, della Convenzione di Monaco. Non si è parlato
di eliminare la tutela nell'ambito del diritto d'utore: è probabile,
anzi, ormai creto, che si stia mirando ad un doppio binario di
tutela che riguarda sia il contenuto che la forma espressiva.
Malgrado gli sviluppi in questo senso, l'originaria scelta europea
è stata per una tutela del software nell'ambito del diritto
d'autore ed ha svincolato sia la nascita che l'esercizio del
diritto da formalità. Come invece non accade per il brevetto,
la cui tutela ``scatta'' solo dopo che questo è stato depositato
all'ufficio di competenza. Così, in Europa, è l'intero processo
creativo (idea iniziale esclusa) ad essere protetto<a href='#757'><sup>757</sup></a>
757L'art.1,
comma 1, direttiva 91/250/CE chiarisce che: ``ai fini della presente
direttiva, il termine 'programma per elaboratore' comprende il
materiale preparatorio per la preparazione di un programma''.
Non dobbiamo dimenticare,però, la fondamentale limitazione
posta all'art. 2, comma secondo precedentemente citato.}.
Eppure, la scelta europea non è stata condivisa dalle industrie,
che avrebbero voluto una legislazione diversa, che permettesse
loro di acquistare il complesso dei diritti d'autore su un programma
software a titolo originario, ``dimenticando'', per così dire,
l'autore in quanto persona fisica e titolare dei diritti dal
momento della creazione del programma stesso.
Oltre alla differenza sui brevetti, esistono tra i due tipi di
tutela del software offerti dall'Europa e dagli USA altre diversità,
anche se minori rispetto a quella appena esaminata. Ad esempio,
come si è accennato sopra, l'ordinamento americano richiede
per la tutela del copyright che il lavoro sia prima di tutto
originale, poi creativo e, ancora una volta, fissato su un supporto,
mentre la direttiva europea non richiede altri criteri se non
quello dell'originalità, cioè che il programma sia risultato
della creazione intellettuale dell'autore<a href='#782'><sup>782</sup></a>
782art. 1, comma 3
direttiva 91/250/CE,}. Ma è comunque chiaro che la direttiva
segue le indicazioni fondamentali offerte dalla legislazione
americana.
E' evidente una vera e propria affinità tra i due sistemi normativi
nel delineare i diritti esclusivi di cui sono titolari i beneficiari
del diritto d'autore.
Negli USA, il Capitolo 1 del Titolo 17, <span style='font-style:italic;'>SUBJECT MATTER AND
SCOPE OF COPYRIGHT,</span> disciplina alla sezione 106 i diritti esclusivi
sui lavori coperti da copyright in generale, senza riferirsi
nello specifico al software (ma a questo sono stati poi estesi).
Il titolare del diritto d'autore ha il diritto esclusivo di effettuare
od autorizzare:
<ul>
<li> riproduzioni dell'opera tutelata;
<li> altre opere derivate o basate sull'opera tutelata;
<li> la distribuzione di copie o registrazioni al pubblico tramite
vendita od altri trasferimenti di proprietà, prestito, noleggio
o affitto;
<li> nel caso di opere letterarie, musicali, teatrali e coreografiche,
pantomime, <span style='font-style:italic;'>motion pictures</span> ed altre opere audiovisive, l'esecuzione
pubblica dell'opera;
<li> nel caso di opere letterarie, musicali, teatrali e coreografiche,
pantomime ed opere pittoriche, grafiche, o sculture, includendo
anche singole immagini tratte da <span style='font-style:italic;'>motion pictures</span> o da qualsiasi
altra opera audiovisiva, l'esposizone in pubblico;
<li> nel caso di registrazioni musicali, l'esecuzione in pubblico
tramite mezzi di trasmissione audio digitali<a href='#758'><sup>758</sup></a>
758Cfr. US Code,
TITLE 17, Chapter 1, sec.106; trad. mia.}.
</ul>
Nel disciplinare i diritti esclusivi di cui sono beneficiari
i titolari del diritto d'autore, la direttiva europea 91/250/CE,
art. 4, riprende praticamente in toto la normativa americana,
riferendosi, però, specificatamente al software. Il titolare
ha diritto di effettuare od autorizzare:
<ul>
<li> la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale,
del programma per elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi
forma;
<li> la traduzione, l'adattamento, l'adeguamento e ogni altro tipo
di modifica del programma per elaboratore, nonchè la riproduzione
dell'opera che ne risulti, eccezione fatta per i diritti di chi
modifica il programma;
<li> qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione
del programma per elaboratore originale o di copie dello stesso<a href='#805'><sup>805</sup></a>
805Cfr.
art.4, lettere <span style='font-style:italic;'>a, b, c.</span> direttiva 91/250/CE}.
</ul>
Inoltre, la direttiva europea pone un'eccezione ai diritti esclusivi
di cui gode il titolare esattamente come disposto nell'ordinamento
americano.
La sezione 107 prevede il limite del <span style='font-style:italic;'>Fair</span> <span style='font-style:italic;'>Use</span> all'esercizio
dei diritti esclusivi: esiste la possibilità di riprodurre
un'opera protetta da copyright se questa verrà usata a scopo
di ricerca, analisi critica, commento, insegnamento scolastico
o perchè diventi oggetto di una notizia. Nell'ambito del computer,
il concetto di <span style='font-style:italic;'>Fair Use</span> è associato a quello del <span style='font-style:italic;'>reverse
engineering</span>, cioè un tecnica per risalire all'algoritmo di
un programma partendo dal codice binario, per capire come il
programma funziona, in definitiva. Il <span style='font-style:italic;'>reverse engineering</span>,
tra le altre attività specifiche, comprende l'attività di
decompilazione di un software per poi analizzarne il risultato
ottenuto. Ma questo sarebbe impossibile se non si potesse fare
una copia o trarre un programma derivato da quello protetto da
copyright.
E' nella sec.117, <span style='font-style:italic;'>Limitation on exclusive rights: Computer
programs</span>, che troviamo tutti i casi in cui è legittimo fare
una copia ``di riserva'' del programma, intendendo con questo che
essa non deve essere utilizzata per nessun altro scopo se non
quelli di poter studiare il funzionamento del programma, eventualmente
correggerne alcuni aspetti, o grantire il corretto funzionamento
della macchina che legalmente contiene una copia autorizzata
del programma<a href='#759'><sup>759</sup></a>
759Cfr. US Code, TITLE 17, Chapter 1, sec.117}.
La direttiva 91/250/CE, art.5, prevede la possibilità sia di
fare una copia che di adattare il programma:
<ol>
<li> Salvo disposizioni contrattuali specifiche, non sono soggetti
all'autorizzazione del titolare del diritto gli atti indicati
nell'articolo 4, lettere a) e b), allorchè tali atti sono necessari
per un uso del programma per elaboratore conforme alla sua destinazione,
da parte del legittimo acquirente, non chi per la correzione
di errori.
<li> Il contratto non può impedire che una persona abilitata
ad usare il programma faccia una copia di riserva qualora tale
uso lo richieda.
<li> La persona che ha il diritto di utilizzare una copia di un
programma pur, senza chiederne l'autorizzazione al titolare del
diritto, osservare, studiare o sperimentare il funzionamento
del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi
su cui ha basato ogni elemento del programma, quando essa effettua
le operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione
o memorizzazione del programma che ha il diritto di effettuare.
</ol>
Ancora una volta, l'aderenza dell'ordinamento europeo a quello
d'oltre oceano è evidente.
Interessante è la specifica, all'art.6 della direttiva europea,
sull'attività di decompilazione che viene regolamentata in
dettaglio.
Il licenziatario o gli altri soggetti che hanno diritto di usare
una copia del programma possono, pur in assenza dell'autorizzazione
del titolare dei diritti d'autore, effettuare la riproduzione
del codice o modificarne la forma al fine di conseguire l'interoperabilità
con altri programmi. Le informazioni ottenute non potranno essere
comunicate a terzi nè utilizzate per il conseguimento di fini
diversi dall'interoperabilità (non si possono usare per siluppare,
produrre e vendere programmi simili). Inoltre, perchè la decompilazione
sia lecita, occorre che le informazioni che andiamo a cercare
non ``siano già facilmente e rapidamente accessibili<a href='#783'><sup>783</sup></a>
783art.
6, comma 1, lettera <span style='font-style:italic;'>b,</span> direttiva 91/250/CE,}''. Ma, considerato
che il produttore fornisce il software in formato eseguibile
(o in formato oggetto), senza mettere a disposizione il codice
sorgente, nè i diagrammi o il progetto logico-informatico (non
è tenuto a farlo,se accade, spesso è richiesto un compenso),
e che queste sono effettivamente indispensabili allo scopo dell'interoperabilità,
il problema si fa spinoso. Molte volte, infatti, il produttore
si limita a manifestare la ``disponibilità'' a fornire queste
informazioni: questo le rende, teoricamente, facilmente e rapidamente
accessibili e, nello stesso tempo, rende illecita la decompilazione.
Che la dichiarazione di disponibilità poi corrisponda a facilità
e rapidità nel reperimento delle informazioni è quanto meno
dubbio<a href='#760'><sup>760</sup></a>
760Cfr. BUCCARELLA, Manuel, <span style='font-style:italic;'>Licenze free e licenze
proprietarie,</span> cit. vedi nota 5}.
<h5>L'evoluzione della tutela sul software in italia</h5>
<a href='#795'><sup>795</sup></a>
795Lo
studio più approfondito e dettagliato da cui ho tratto questo
excursus nonchè l'analisi dei provvedimenti legislativi è
in CHIMIENTI, Laura, <span style='font-style:italic;'>Lineamenti del nuovo diritto d'autore-Direttive
comunitarie e normativa interna,</span> cit. vedi nota 2}
La direttiva europea 91/250/CE venne recepita in Italia con il
D. Lgs. 29 dicembre 1992, n. 518, che andava ad integrare la
legge sul diritto d'autore, la legge 22 aprile 1941, n. 633,
includendo tra gli oggetti tutelati anche i programmi per elaboratore.
Ciò avvenne aggiungendo un comma all'art.1 della legge 633/41
che recita:
Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere
letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla protezione
delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa esecutiva
con legge 20 giugno 1978, n. 399(...)<a href='#761'><sup>761</sup></a>
761art. 1, comma 2, legge
22 aprile 1941, n. 633, aggiunto dall'art.1 D.Lgs. 29 dicembre
1992, n. 518}.
Inoltre, seguendo le linee imposte dalla direttiva europea, ha
compreso nella protezione:
i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purchè
originali quale risultato di creazione intellettuale dell'autore.
Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le
idee ed i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento
di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce.
Il termine programma comprende anche il materiale per la progettazione
del programma stesso<a href='#784'><sup>784</sup></a>
784art. 2, punto 8, legge 22 aprile 1941,
n. 633, aggiunto dall' art.2, D.Lgs. 29 dicembre 1992, n. 518}.
Quindi, sono protetti dal diritto d'autore tutti i software aventi
carattere crativo ed originale rispetto ad opere già esistenti
ma, ancora una volta, sono escluse le idee.
Titolari dei diritti d'autore sono l'autore o gli autori del
software: è infatti prevista anche la possibilità che esistano
dei coautori in un' opera creata in comunione<a href='#762'><sup>762</sup></a>
762Si può parlare
di opera collettiva software quando vi è la riunione di software
o parti di software che hanno carattere di crazione autonoma,
finalizzata ad un determinato scopo, ma è una circostanza che
non si verifica spesso, al contrario della collaborazione di
più autori per un'opera software realizzata in comunione.},
dato che ciò può verificarsi spesso. E' al momento stesso
della creazione, come d'altra parte era disposto nella direttiva
europea 91/250/CE, che questi diventano titolari dei diritti.
Anche nell'ordinamento italiano, dunque, la nascita e l'esercizio
del diritto sono svincolati da formalità, anche se l'autore
dovrà provare di aver creato il programma.
Perchè esista una forma di certezza anche in materia di programmi
per elaboratore, è stato predisposto all'art. 6 del D. Lgs.
518/92 il Registro Pubblico Speciale per i programmi per elaboratore
tenuto dalla SIAE, un insieme di registrazioni destinate a far
fede, fino a prova contraria, dell'esistenza del programma e
del fatto della sua pubblicazione. Sempre fino a prova contraria,
gli autori indicati nel registro sono reputati autori delle opere
a loro attribuite. La registrazione non è obbligatoria, è
un atto volontario del richiedente, mentre per le altre opere
di ingegno è previsto l'obbligo del deposito con la conseguente
registrazione: solo per i programmi esiste la facoltatività,
il che implica che solo chi è interessato si avvale dello strumento
e questo non permette di avere comunque un'anagrafe completa
dei programmi per elaboratore.
Dobbiamo ricordare che la protezione nell'ambito del diritto
d'autore è riservata all'opera di ingegno che è un bene immateriale
(eccezion fatta per le opere delle arti figurative). L'opera
di ingegno ha bisogno di un suporto attraverso il quale è resa
fruibile all'esterno: nel caso del software potrebbe trattarsi,
ad esempio, di un cd-rom, di un floppy ecc., che, al contrario
del programma, sono beni materiali distinti dal software stesso,
tant'è vero che spesso il supporto non è neppure ben identificabile:
basti pensare ai programmi che si scaricano dalla rete. Ma, dato
che si tratta di due beni distinti, avranno comunque due tutele
diverse: una per il <span style='font-style:italic;'>corpus mechanicus</span> ( il supporto) e una
per il <span style='font-style:italic;'>corpus mysticus</span> (l'opera), come distinguono i giuristi.
Per cui, quando qualcuno acquista un floppy o un cd-rom con dentro
un programma, sicuramente avrà un diritto pieno sul supporto,
nel senso che sarà libero, se vorrà e se sarà possibile,
anche di riutilizzarlo. Ma in nessun caso avrà un diritto pieno
sul programma e le attività consentitegli saranno regolate
da una licenza d'uso.
Una volta ricordata questa distinzione, e senza dimenticare che
le idee sono escluse dalla tutela, la legge italiana prevede
due tipi di diritti sul software: i diritti morali e i diritti
di utilizzazione economica.
E' agli artt. 20 e seguenti che la legge n. 633 identifica i
diritti morali: in questo modo detta regole che sovrastano il
mero interesse commerciale o industriale (garantito comunque
dai diritti di utilizzazione economica) tutelando principalmente
il diritto alla paternità del software e il diritto all'integrità
dell'opera. Infatti, all'art. 20, comma 1 si dispone che questi
due diritti siano garantiti:
indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica
dell'opera (...) ed anche dopo la cessione dei diritti stessi<a href='#801'><sup>801</sup></a>
801art.
20, comma 1, legge 22 aprile 1941, n. 633, modificato con D.
P. R. 8 gennaio 1979, n. 19}.
Questo ci introduce ad una distinzione basilare tra i due tipi
di diritti: quelli morali sono inalienabili mentre quelli di
utilizzazione economica possono essere ceduti totalmente o parzialmente.
Questo significa che nessuno potrà acquistare il diritto di
figurare come autore del programma se non è la persona fisica
o non fa parte del gruppo di persone fisiche che l'ha creato<a href='#763'><sup>763</sup></a>
763Unica
eccezione a questo principio generale è delineata all'art.
11, D.Lgs. 518/92, a favore delle Amministrazioni, degli enti
privati senza fini di lucro e di quelli pubblici culturali per
conto dei quali, a spese dei quali ed a nome dei quali viene
creato un programma.} e che l'autore potrà opporsi a qualsiasi
deformazione, mutilazione, modifica o a qualsiasi altro atto
a danno dell'opera che pregiudichino il suo onore o la sua reputazione<a href='#785'><sup>785</sup></a>
785Cfr.
art. 20, comma 1, legge 22 aprile 1941, n. 633, modificato con
D. P. R. 8 gennaio 1979, n. 19}.
Certamente, anche nel campo del software è importante il riconoscimento
di paternità, nonostante in pochissimi casi, quando si tratta
di software pacchettizzati, sia possibile identificare il nome
dell'autore (mentre, se il software è creato al di fuori del
rapporto di lavoro subordinato, il nome dell'autore è quasi
sempre chiaramente indicato). E' importante perchè, come per
chi scrive un articolo scientifico, pubblicare un software può
promuovere o denigrare la competenza tecnica del programmatore.
Più difficile è il discorso sull'integrità dell'opera:
sono rari i casi in cui la modifica di un programma pregiudica
l'autore o la sua reputazione. Per cui, certamente, la norma
non viene vanificata, ma la sua applicabilità va ben ponderata.
In ogni caso, come Buccarella ci invita a fare, è bene riflettere
sul fatto che il riconoscimento dei diritti morali d'autore da
parte del legislatore italiano non trova riscontro nella legislazione
americana che riconosce all'autore, con il Copyright Act, esclusivamente
i diritti di utilizzazione economica dell'opera<a href='#764'><sup>764</sup></a>
764Cfr. BUCCARELLA,
Manuel, <span style='font-style:italic;'>Licenze free e licenze proprietarie,</span> cit. vedi nota
5}.
I diritti patrimoniali, invece, consistono nella possibilità
di sfruttare economicamente il software, anche in modi non direttamente
previsti dalla legge, e sono trasferibili da un soggetto ad un
altro. L'autore, soggetto e primo titolare dei diritti economici,
trasferisce questi diritti con un atto volontario, o perchè
è lavoratore dipendente<a href='#796'><sup>796</sup></a>
796Secondo l'articolo 12-<span style='font-style:italic;'>bis</span> della
L. 633/41, i diritti di utilizzazione economica passano, salvo
patto contrario, automaticamente al datore di lavoro nella cui
impresa il programma per elaboratore è creato.}, ad un altro
soggetto che, se vuole, può a sua volta trasferirli.
Alcuni di questi diritti vengono identificati dalla Lda agli
artt. 12 e seguenti e all'art. 64-<span style='font-style:italic;'>bis</span>. Il principale è
quello della riproduzione totale o parziale, permanente o temporanea,
del programma; sono prerogative dell'autore la traduzione, l'adattamento,
la trasformazione e la modifica, nonchè qualsiasi forma di
distribuzione al pubblico<a href='#765'><sup>765</sup></a>
765Cfr. art 64-<span style='font-style:italic;'>bis</span>, legge 22 aprile
1941, n. 633}.
Ovviamente, coerentemente con la direttiva europea 91/250/CE,
la legislazione italiana prevede dei limiti all'esclusività
dei diritti di cui sopra, motivati dall'intento di non favorire
dannosi monopoli e difficoltà operative.
Infatti, l'art. 64-<span style='font-style:italic;'>ter</span> comma 1 recita:
Salvo patto contrario, non sono soggette all'autorizzazione del
titolare dei diritti le attività di riproduzione (compreso
il caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione,
la memorizzazione, la traduzione, l'adattamento, ndr ) allorchè
tali attività sono necessarie per l'uso del programma per elaboratore
conformemente alla sua destinazione da parte del legittimo acquirente,
inclusa la correzione degli errori<a href='#786'><sup>786</sup></a>
786Art. 64-<span style='font-style:italic;'>ter</span>, comma
1, legge 22 aprile 1941, n. 633}.
Inoltre, nell'ambito delle libere utilizzazioni del software,
l'art. 64-<span style='font-style:italic;'>ter</span> comma 2 recita:
Non può essere impedito per contratto, a chi ha diritto di
usare una copia del programma per elaboratore, di effettuare
una copia di riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria
per l'uso<a href='#766'><sup>766</sup></a>
766Art. 64-<span style='font-style:italic;'>ter</span>, comma 2, legge 22 aprile 1941,
n. 633}.
Ancora, sempre nell'ambito delle libere utilizzazioni del software,
l'art. 64-<span style='font-style:italic;'>ter</span> comma 3, autorizza l'osservazione, lo studio
e ed il sottoporre a prova il software per individuare idee e
principi alla base del programma durante le operazioni di caricamento,
visualizzazione, esecuzione, trasmissione e memorizzazione del
programma<a href='#804'><sup>804</sup></a>
804Cfr. art. 64-<span style='font-style:italic;'>ter</span>, comma 3, legge 22 aprile
1941, n. 633}.
Anche l'interoperabilità è rigidamente disciplinata all'art.
64-<span style='font-style:italic;'>quater</span> della Lda, dove troviamo regole precise per l'attività
di decompilazione. Questa norma nacque dalla volontà di trovare
un compromesso tra le esigenze dell'utente del software, che
vuole interconnettere programmi, e quelle dell'industria, che
vuole adeguata tutela, soprattutto, dei suoi legittimi interessi
economici.
Da una parte, dunque, bisogna evitare monopoli o oligopoli da
parte dei produttori che fanno programmi compatibili, consentendo
lo studio dell'ordine in cui sono disposte le singole parti del
programma e non vietando la riproduzione del codice e la traduzione
della sua forma, se queste servono per ottenere le informazioni
necessarie a conseguire l'interoperabilità.
Ma dall'altra, bisogna anche evitare che dei concorrenti utilizzino
la possibilità concessa a fini di concorrenza sleale, per cui
vengono delineate rigidamente le condizioni in cui la decompilazione
è consentita:
<ul>
<li> indispensabilità della compilazione ai fini dell'interoperabilità;
<li> l'atto deve essere compiuto da chi legittimamente dispone del
programma;
<li> le informazioni cercate non devono essere facilmente accessibili;
<li> la decompilazione deve essere limitata a quelle parti di programma
rilevanti per ottenere interoperabilità.
</ul>
Ovviamente, come previsto nella direttiva euopea 91/250/CE, non
è possibile che chi effettua decompilazione utilizzi le informazioni
per fini diversi dall'interoperabilità, comunichi i risultati
a terzi o usi le informazioni ottenute per realizzare un programma
simile nella sua espressione<a href='#767'><sup>767</sup></a>
767Cfr. ZENCHOVICH, Vincenzo ,
<span style='font-style:italic;'>La direttiva comunitaria sulla tutela giuridica dei programmi
per elaboratore</span> in <span style='font-style:bold;'>Dir. Inf. E informatica</span>, anno VIII, n.
1, gennaio- aprile 92, pagg. 25 e segg. contenuto in CHIMIENTI,
Laura, <span style='font-style:bold;'>Lineamenti del nuovo diritto d'autore-Direttive comunitarie
e normativa interna,</span> cit. vedi nota 2}.
Appare chiaro, a questo punto, come il caso italiano sia la concretizzazione,
ad un livello ``locale'', di un unico modo di intendere sia i diritti
di utilizzo economico del software che le limitazioni a questi,
partito dagli USA e passato per l'Europa. Chiaramente, i dubbi
espressi a proposito della ``facilità'' del reperimento delle
informazioni a livello europeo, per quanto riguarda l'attività
di decompilazione, valgono anche a livello nazionale, con tutti
i problemi che questo comporta alla crescita delle conoscenze.
Una serie di modifiche al D. Lgs. 518/92 venne apportata con
il D. Lgs. 205/96. Questo decreto legislativo aveva lo scopo
di ``novellare'' la legge sul software, dato che il D. Lgs. 518/92
non soddisfava pienamente i criteri ed i principi che la legge
delega del 19 dicembre 1991, n. 489 fissava per il recepimento
della direttiva europea.
Ciò che è importante è che questo provvedimento del Governo
non solo intervenne modificando formalmente le norme che regolavano
in precedenza la negoziazione dei diritti, ma anche varando la
normativa posta a tutela dei dispositivi di protezione dei programmi
per elaboratore, cioè quelle protezioni elettroniche che evitano
utilizzi non consentiti da chi licenzia i diritti.
Inoltre, con questo decreto si inasprì la norma che sanzionava
penalmente (art. 117- <span style='font-style:italic;'>bis</span> della Lda) alcune condotte illecite
sul software, rendendo più onerose le sanzioni pecuniarie,
in particolare, sempre come previsto dalla legge delega.
Nell'ottobre dello stesso anno, il 1996, il Governo propose,
di sua iniziativa, un disegno di legge dal titolo ``<span style='font-style:italic;'>Nuove
misure di contrasto delle violazioni in materia di diritto d'autore''</span>,
con lo scopo di combattere la contraffazione e l'illecita riproduzione,
soprattutto nel settore dell'audiovisivo. Il disegno di legge
fu poi approvato definitivamente nel luglio del 2000 con il titolo
``<span style='font-style:italic;'>Nuove norme di tutela del diritto d'autore</span>'', la legge 28
agosto 2000, n. 248, conosciuta anche come ``legge del bollino
(SIAE)''. Questa si inserisce in un contesto più ampio quale
quello della lotta al fenomeno della pirateria audiovisiva ed
informatica e mira a dare attuazione alle disposizioni riguardanti
il software contenute nell'accodo TRIPs.
La legge prevede innovazioni alla materia del diritto d'autore
come, tra le altre, l'obbligo di mettere sugli involucri e le
copertine di libri, dischi, cassette e cd musicali il bollino
anticontraffazione della SIAE, contenente titolo dell'opera,
autore, produttore e destinazione d'uso del bene.
Questa legge, però, pone anche diversi problemi di interpretazione
in quanto contiene norme per delinearne l'ambito di intervento
nel campo del software di difficile armonizzazione tra loro.
Infatti, dispone, all'art. 10 che alla L.633/41 venga aggiunto
l'articolo 181-<span style='font-style:italic;'>bis</span> che recita al comma primo:
Ai sensi dell'articolo 181 e agli effetti di cui agli articoli
171-bis e 171-ter, la Società italiana degli autori ed editori
(SIAE) appone un contrassegno su ogni supporto contenente programmi
per elaboratore o multimediali nonchè su ogni supporto contenente
suoni, voci o immagini in movimento, che reca la fissazione di
opere o di parti di opere tra quelle indicate nell'articolo 1,
primo comma, destinati ad essere posti comunque in commercio
o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro<a href='#787'><sup>787</sup></a>
787Cfr. art.
181-<span style='font-style:italic;'>bis</span>, comma 1, legge 22 aprile 1941, n. 633}(...).
Ma in seguito, sempre all' art. 181-<span style='font-style:italic;'>bis</span>, comma 3, recita:
Fermo restando l'assolvimento degli obblighi relativi ai diritti
di cui alla presente legge, il contrassegno (...)può non essere
apposto sui supporti contenenti programmi per elaboratore disciplinati
dal decreto legislativo 29 dicembre 1992, n. 518, utilizzati
esclusivamente mediante elaboratore elettronico, sempre che tali
programmi non contengano suoni, voci o sequenze di immagini in
movimento tali da costituire opere fonografiche, cinematografiche
o audiovisive intere, non realizzate espressamente per il programma
per elaboratore, ovvero loro brani o parti eccedenti il cinquanta
per cento dell'opera intera da cui sono tratti, che diano luogo
a concorrenza all'utilizzazione economica delle opere medesime<a href='#768'><sup>768</sup></a>
768Cfr.
art. 181-<span style='font-style:italic;'>bis</span>, comma 3, legge 22 aprile 1941, n. 633}.
L'insieme delle norme è tutt'altro che chiaro e vi sono diverse
interpretazioni sull'obbligatorietà o meno di vidimare con
il bollino della SIAE tutti o soltanto alcuni programmi per elaboratore.
Chimienti propende per un'interpretazione che non include il
software, anche se riprodotto su supporto materiale destinato
alla messa in commercio, tra gli oggetti sottoposti all'obbligo
della vidimazione. Questa è obbligatoria, dunque, solo nei
casi previsti al comma 3 dell'art. 181-<span style='font-style:italic;'>bis.</span> Rimane il fatto
che, comunque, è difficile determinare in che misura, effettivamente,
si verifichi questa concorrenza ma che questa misura deve essere
effettuata per evitare l'onerosa sanzione economica<a href='#797'><sup>797</sup></a>
797Cfr.
CHIMIENTI, Laura, <span style='font-style:italic;'>Lineamenti del nuovo diritto d'autore-Direttive
comunitarie e normativa interna,</span> cit. vedi nota 2}.
Un'altra interpretazione è data da Assoli (Associazione Software
Libero), che denuncia la legge come una vera e propria minaccia
alla libertà di utilizzo dei programmi per elaboratore e non
solo<a href='#769'><sup>769</sup></a>
769Cfr. http://www.prosa.it/philosophy/nemici/assoli-siae.shtml}.
Questa interpretazione si basa sul comma primo dell'art. 181-<span style='font-style:italic;'>bis</span>,
che vede l'obbligo di apporre il bollino SIAE su qualsiasi supporto
contenente programma per elaboratore. Chiunque detenga programmi
su supporti non contrassegnati dal bollino commette un illecito
ai sensi dell'art. 171-<span style='font-style:italic;'>bis</span> e può essere punito sia con
sanzioni pecuniarie sia con la reclusione fino a tre anni. Teoricamente,
quindi, chiunque svolga la propria attività lavorativa facendo
uso di programmi memorizzati su supporti privi di bollino si
trova in flagrante reato.
L'interpretazione non è chiara neppure quando si deve valutare
la circostanza di supporti acquistati prima dell'entrata in vigore
della legge: alcuni credono che, a carico del detentore, il bollino
vada messo, altri rifiutano quest'idea.
Non c'è chiarezza neppure nel definire il termine ``supporto'':
alcuni intendono solo cd-rom e floppy, escludendo gli hard disk;
altri rifiutano di trattare i dischi fissi diversamente e vorrebbero
che, in caso di memorie fisse in PC portatili, il bollino venisse
comunque affisso. Rimane il dubbio del supporto cartaceo, che
non viene incluso, ma che dovrebbe esserlo, perchè accade spesso
che i codici sorgenti vengano riportati su carta, se non altro,
da quei professionisti che tengono corsi e che vogliono commentare
ad altri il codice stesso.
Al di là delle differenti interpretazioni, rimane sempre il
fatto che questa legge pone un inasprimento delle sanzioni penali
a carico dei trasgressori, ma allo stesso tempo non chiarisce
come dovrebbe i casi in cui la vidimazione è obbligatoria.
Se si dovesse veramente mettere il bollino su ogni supporto contenente
del software che viene usato per profitto (e non si specifica
neppure che cosa sia questo profitto) non solo non potremmo neppure
tenere la nosta copia di back-up che ci viene concessa dalla
Lda, ma si renderebbe davvero difficile ed onerosa la libera
espressione di quei programmatori indipendenti che non fanno
parte delle grandi <span style='font-style:italic;'>software house,</span> per non parlare dei problemi
che tutti i negozi di computer che distribuiscono dischetti o
CD associati a schede opzionali e che non sono contrassegnati
dal produttore<span style='font-style:italic;'>.</span>
I successivi cambiamenti in meteria di diritto d'autore, nella
legislazione italiana, si sono mossi verso una tutela sempre
più severa, fino a culminare, molto recentemente, con il recepimento
della direttiva europea 2001/29/CE, la meglio conosciuta European
Union Copyright Directive, EUCD. Il 28 marzo del 2003 il Consiglio
dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che, in esecuzione
della delega conferita con la legge 39/2002, è poi diventato
legge definitiva il 29 aprile, prevedendo in Italia una tutela
ancora più severa di quella proposta dalla Comunità Europea.
<h5>L'inasprimento della tutela: DMCA ed EUCD</h5>
Il 12 ottobre 1998 il Congresso USA ha approvato il Digital Millennium
Copyright Act, DMCA, una legge piuttosto complessa che ha lo
scopo di regolamentare la società ormai interconnessa digitalmente
in tutte le sue parti.
Il 9 aprile 2001 il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea
ha approvato la direttiva 2001/29/CE, datata 22 maggio 2001,
sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e
dei diritti connessi alla società dell'informazione.
Entrambi i provvedimenti, al di là della differenza formale
(il DMCA è una legge finita, l'EUCD una direttiva europea)
che comunque abbiamo incontrato anche nel confronto discusso
al punto 1.2, hanno un'origine comune: i trattati della World
Intellectual Property Organization, WIPO, del 1996, che richiedono
ai paesi firmatari una ``adeguata tutela legale'' contro l' elusione
di ``misure tecnologiche di protezione''. Infatti, anche se non
segnano una forte discontinuità con ciò che era stato precedentemente
deciso , questi due provvedimenti costituiscono una svolta nel
diritto d'autore, la cui protezione non è più ricercata esclusivamente
attraverso l'introduzione di nuovi diritti esclusivi e l'inasprimento
delle sanzioni a carico dei trasgressori, ma con la protezione
degli accorgimenti tecnici, di quelle misure tecnologiche, appunto,
che consentono la tutela delle opere digitali<a href='#788'><sup>788</sup></a>
788Cfr. RAZZANTE,
Ruben, <span style='font-style:italic;'>Manuale di Diritto dell'informazione e della comunicazione,</span>
Padova, Cedam, 2002}.
Nel tentativo di ampliare la tutela assicurata nell'ambito del
diritto d'autore al software ed ai contenuti digitali, purtroppo,
le finalità positive del copyright (incoraggiamento della creazione
di nuove opere che favorisce la diffusione del sapere ed il progresso
sociale) sono di fatto contraddette: i beneficiari di questi
provvedimenti non sono più gli autori e la società ma i grandi
editori e le grandi case di produzione di software proprietario.
Infatti, in questi due provvedimenti vengono previsti nuovi privilegi
legali per i detentori dei diritti sulle opere, senza tenere
conto degli abusi che essi possono provocare e della mancanza
di analoghi diritti per gli utenti. E' questo il problema centrale
dell'evoluzione della tutela del software e dei contenuti digitali:
si ampliano le possibilità a favore di chi detiene il diritto
d'autore mentre nessun provvedimento è preso a favore dell'utenza
che, anzi, si vede restringere progressivamente il campo delle
azioni prima ritenute lecite, ma i soli a ricavarne beneficio
sono i colossi dell'editoria e dell'<span style='font-style:italic;'>intertainment</span><a href='#770'><sup>770</sup></a>
770Cfr.
BECCARIA, Antonella, <span style='font-style:bold;'>Eucd: una minaccia alla libertà in
Rete</span> in <span style='font-style:bold;'>inter.net,</span> n.91, giugno 2003,pgg. 66 e ss.}.
Uno dei punti più importanti comuni ai due provvedimenti è
il divieto di <span style='font-style:italic;'>reverse</span> <span style='font-style:italic;'>engineering</span>, fino a questo momento
considerato attività lecita. Il DMCA comprende una sezione
analoga (e in certe parti quasi identica) all'art. 6 dell'EUCD,
che dichiara illegale l'elusione di misure tecnologiche
poste a protezione di opere coperte da diritto d'autore, e rende
illecita la produzione di dispositivi e programmi o la fornitura
di servizi che favoriscano tale operazione<a href='#802'><sup>802</sup></a>
802Cfr. Digital Millennium
Copyright Act, sec. 1201, <span style='font-style:italic;'>Circumvention of copyright protection
systems</span>}. Il <span style='font-style:italic;'>reverse engineering,</span> prima considerato attività
lecita, ora è considerato una pratica di elusione delle misure
di sicurezza perchè permette non solo di capire come funziona
un programma (il che lo rendeva lecito, v.1.2), ma se questo
programma è coperto da un meccanismo di protezione, si può
risalire all'algoritmo che regola la protezione stessa e costruire
un prgramma che possa ``scavalcarla''.
Tuttavia, il DMCA prevede una distinzione tra le misure
tecnologiche che limitano l'accesso ai materiali coperti
da diritto d'autore e quelle che limitano la riproduzione: la
legge rende infatti illegale unicamente l'aggiramento dei sistemi
che, testualmente, controllano efficacemente l'accesso
ad un'opera protetta. Questa differenziazione è stata
evidentemente ricercata per preservare in qualche modo la disciplina
del fair use che dovrebbe garantire (condizionale
d'obbligo) la possibilità per gli utenti di utilizzare in modo
ragionevole il materiale coperto da diritti per esempio, garantendo
la copia privata.
L'EUCD, d'altra parte, non prevede alcuna distinzione di questo
tipo, e rende illecito l'aggiramento dei sistemi di ``controllo
di accesso...o...di controllo delle copie'' in toto. Sebbene la
diversificazione introdotta nel DMCA sia tutt'altro che efficace
(i meccanismi di controllo dell'accesso e della riproduzione
non sono sempre facilmente distinguibili, dunque i diritti degli
utenti sono tutt'altro che garantiti), è indubbio che, sotto
questo aspetto, l'EUCD sia decisamente più severa e restrittiva
rispetto all'analoga legge statunitense.
Purtroppo, non permettere il <span style='font-style:italic;'>reverse engineering</span> significa
non permettere più di ottenere quelle informazioni indispensabili
all'interoperabilità, il che non solo penalizza l'utente che
legalmente ha acquistato una copia del programma tutelato e vuole
intrconnetterlo con un altro, ma soprattutto il software libero
(ma non solo), che si troverebbe impossibilitato ad ottenere
tutte quelle informazioni che servono a sviluppare applicazioni
compatibili con quelle esistenti. L'azienda creatrice di un certo
formato dati tutelato potrebbe diventare l'unica legalmente autorizzata
a sviluppare del software in grado di gestire il formato stesso:
infatti la creazione di un programma interoperante richiede necessariamente
il superamento delle misure tecnologiche che
regolano l'accesso ai dati. I programmatori di software interoperante
(specie se libero) rischierebbero quindi grosse sanzioni per
una attività oggi perfettamente lecita, e gli utenti sarebbero
costretti ad affidarsi ad una sola azienda/applicazione per gestire
i propri dati (siano essi dati personali o opere in formato digitale
legalmente possedute)<a href='#771'><sup>771</sup></a>
771Un esempio evidente di questo effetto
perverso della tutela statunitense è il caso del giovane ricercatore
e programmatore russo, Dmitry Sklyarov, autore di un programma
in grado di leggere e decriptare gli e-book memorizzati nel formato
proprietario sviluppato da Adobe. L'applicativo sviluppato da
Sklyarov viene tutt'ora utilizzato, per esempio, da persone videolese
che decifrano gli e-book regolarmente acquistati, in modo da
poterli far leggere da un sintetizzatore vocale. Ma Adobe potè
utilizzare il DMCA come strumento per mantenere il proprio controllo
sul formato e-book da essa creato, impedendo la creazione di
un programma indipendente in grado di gestirlo. Il 17 Luglio
2001 fece arrestare Sklyarov con l'accusa di distribuzione di
software creato per l'aggiramento di misure tecnologiche
a difesa del diritto d'autore. Occorre notare che Sklyarov e
la sua azienda sono stati denunciati ed indagati per violazione
del DMCA, ma che essi non sono in alcun modo accusati di violazioni
del diritto d'autore su una qualsiasi opera. }.
In questo modo si favorisce la nascita di monopoli che la scelta
di una tutela del software nell'ambito del diritto d'autore aveva
allontanato proprio dall'Europa.
Altri colpi mortali sono inferti alla ricerca sulla crittografia
e la sicurezza informatica. Sia l'EUCD che il DMCA contengono
una formale garanzia di non interferenza tra la tutela legale
delle misure tecnologiche e la libertà di ricerca
sulla crittografia. Tuttavia, dato che bisogna assicurare anche
una protezione giuridica contro la fabbricazione e l'offerta
di dispositivi e servizi che possano agevolare l'elusione, queste
materie di studio vengono molto penalizzate perchè basate sull'analisi
e lo sviluppo di sistemi di elusione, e non possono fare a meno
della libera diffusione di dati ed informazioni sui risultati
raggiunti. Qualunque notizia riguardante, per esempio, i problemi
di sicurezza o i bachi del software potrebbe essere censurata,
se ritenuta in grado di facilitare una qualsiasi
elusione di misure tecnologiche<a href='#789'><sup>789</sup></a>
789Si ricordi,
a questo proposito il caso del professor Edward Felten, professore
della Princeton University, che venne minacciato di denuncia
per violazione del DMCA dalla Recording Industry Association
of America, l'associazione delle case discografiche statunitensi.
Egli aveva partecipato ad un concorso (indetto dalla stessa RIAA)
basato sulla decifrazione di alcuni sistemi di codifica per la
musica in formato digitale, e sebbene vincitore, aveva deciso
di rinunciare al premio e di diffondere i suoi studi sull'intrinseca
inefficacia dei sistemi di controllo d'accesso alle opere. Per
impedire la presentazione dei lavori di Felten ad un convegno,
la RIAA minacciò una denuncia: la diffusione di tali conoscenze
avrebbe potuto facilitare l'elusione di misure tecnologiche
a protezione del diritto d'autore, in violazione del DMCA. Anche
in questo caso, come quello alla nota 37, Felten ed il suo team
non erano in nessun modo accusati di aver compiuto una reale
violazione del diritto d'autore. Il caso si è protratto per
alcuni mesi, con una contro-denuncia di Felten nei confronti
della RIAA, e si è concluso con una sentenza parzialmente a
favore del professore: Felten avrebbe potuto pubblicare almeno
una parte dei suoi studi senza timore di denuncia.}.
Ma nella legislazione statunitense la definizione dei casi in
cui la ricerca crittografica può legittimamente operare sulle
misure tecnologiche è assai dettagliata, e
sebbene discutibile e limitata, è decisamente meno vaga ed
indefinita di quanto riportato dall'EUCD che non prevede nessuna
regolamentazione di questo tipo: è possibile rilevare solamente
un generico principio di non interferenza tra la tutela legale
delle misure tecnologiche e la ricerca crittologica<a href='#772'><sup>772</sup></a>
772Per
un ben più dettagliato confronto tra EUCD e DMCA si veda il
lavoro svolto da ASSOli, consultabile all'URL http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/analisise9.html\#x19-180009}.
In conclusione, possiamo affermare che, sebbene questi due provvedimenti
siano volti a tutelare i titolari dei diritti d'autore dalle
infinite sfide poste quotidianamente dalle nuove tecnologie ai
sempre nuovi sistemi di protezione e sebbene la preoccupoazione
per gli interssi economici delle grandi industrie del software
e dell'<span style='font-style:italic;'>intertainment</span> possano essere comprensibili, in linea
di massima, questo non significa che l'utente finale debba essere
colpito e defraudato di libertà fondamentali, che minano la
sua possibilità di conoscere e contribuire alla conoscenza
di altri.
Eppure l'evoluzione del diritto d'autore, come questa breve analisi
ha potuto mostrare, conduce proprio verso questa prospettiva,
senza che i legislatori si rendano conto che quelle misure tecnologiche
che mettono sotto garanzia limitano solo l'utente finale, che,
ad esempio, se acquista un cd anti-copia, non è libero di copiarlo
per sè, per lasciarne una copia in macchina , ma non costituiscono
certo una difficoltà per coloro che lucrano attraverso il commercio
di copie contraffatte e che sono in grado di aggirarle con estrema
facilità, perchè, effettivamente, non sono poi protezioni
così difficili da scavalcare, per chi se ne intende, nel bene
e nel male.
\section{Open source: verso un uso piu'
corretto del copyright}
<h5>Free software e Open source</h5>
<a href='#798'><sup>798</sup></a>
798Per conoscere
l'intera storia del Free Software e di Richard Stallman, cfr.
WILLIAMS, Sam, <span style='font-style:italic;'>Codice libero- Free as in Freedom,</span> Apogeo,
2003}
Un giorno della fine degli anni '70, al Laboratorio di Intelligenza
Artificiale del MIT, Richard Stallman mandò in stampa un documento
dalla macchina sulla quale stava lavorando. Per come era strutturato
il MIT al tempo, la stampante era una risorsa condivisa da molte
macchine e non stava necessariamente, anzi non stava praticamente
mai, nell'ufficio dove si stava lavoando. Quando Stallman andò
a prendere il documento stampato, si accorse che dalla stampante
erano uscite quattro pagine, invece di cinquanta, che non erano
neppure del suo documento e che molti altri documenti erano rimasti
in coda. La stampante si era ``inceppata'' e nessuno poteva saperlo
prima di esserci davanti, perchè nessuna comunicazione arrivava
al terminale da cui era partito il comando.
Stallman pensò che modificando il software della stampante
in modo da prevenire queste perdite di tempo fosse il modo migliore
per risolvere il problema. Andò alla ricerca dei codici sorgenti
del programma che regolava la stampante, ma inizialmente non
li chiese alla Xerox (casa produttrice della stampante) perchè,
dato che aveva regalato l'hardware al laboratorio, non vedeva
la necessità di ``importunarla'' ancora. Ma i codici non saltavano
fuori da nessuna parte: quando si decise a chiederli alla Xerox,
questa diede solo i file in formato binario, non il codice sorgente.
Fino ad allora il fatto che le case produttrici non fornissero
il codice sorgente non era appars un problema: lo studio del
software era ambito di ricerca universitaria, i vari programmatori,
che meglio mavano definirsi hacker<a href='#773'><sup>773</sup></a>
773Originariamente il termine
hacker era un appellativo privo della connotazione negativa che
ha assunto oggi e che designava qualsiasi persona che andasse
da uno stato di caos creativo, a livello informatico, al miglioramento
di software e sistemi esistenti. Essere hacker significava accettare
che la scrittura del programma era solo l'inizio: la vera sfida
era migliorarlo. Per un approfondimento si veda l'Appendice B,
contenuta in WILLIAMS, Sam, <span style='font-style:italic;'>Codice libero- Free as in Freedom</span>,
cit. vedi nota 44, pg. 195 e ss.}, sviluppavano insieme condividendo
le proprie conoscenze e scoperte per migliorare i prodotti che
costruivano. Ma quando le aziende si accorsero del potenziale
mercato che il software aveva, questa ``collaborazione'' non trovò
spazio nelle logiche commerciali, come pure in questo caso: la
Xerox stava pensando di commercializzare quella stampante e non
aveva nessuna intenzione di dare a chicchessia il codice sorgente
per evitare che i concorrenti ne venissero in possesso e producessero
prodotti simili a costi minori.
Il silenzio sul codice sorgente era vincolante anche per tutti
i dipendenti o ex dipendenti dell'azienda: quando Stallman ne
incontrò uno alla Carnegie Mellon University questi disse che
non gli avrebbe fornito nessuna indicazione sul codice sorgente.
Aveva firmato un <span style='font-style:italic;'>non disclosure agreement</span> con l'azienda,
per cui lui poteva avere accesso al codice solo se lo manteneva
segreto.
Questo episodio fu ciò che spinse Stallman (con una discreta
rabbia che sembra non aver mai perduto nda) a riflettere più
a fondo su quello che già da tempo andava pensando: che per
il bene della conoscenza e della comunità il software dovesse
essere condiviso, libero. Il rifiuto posto alla richiesta di
un codice sorgente rappresentava non solo il tradimento della
missione scientifica che aveva alimentato la ricerca sul software
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma anche una violazione
della regola aurea, il fondamento morale che imponeva di non
fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Le clausole
di non divulgazione, capì Stallman, causavano vittime e lui
decise che non ne avrebbe più fatte.
Il software doveva essere libero<a href='#790'><sup>790</sup></a>
790Si noti come l'espressione
<span style='font-style:italic;'>free</span> in inglese significhi sia libero che gratuito. In italiano
è chiaramente comprensibile il fatto che si tratta di software
libero, non gratuito, mentre ion inglese il concetto è difficile
a chiarirsi. Stallman invita a pensare al free software ``free
as in freedom and not as a free beer''.} e questa caratteritica
venne studiata ed elaborata da Stallman: l'espressione software
libero si riferisce alla libertà dell'utente di eseguire,
copiare, distribuire, studiare, cambiare e migliorare il software.
Più precisamente, esso si riferisce a quattro tipi di libertà
per gli utenti del software:
<ul>
<li> Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà
0).
<li> Libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo
alle proprie necessità (libertà 1). L'accesso al codice sorgente
ne è un prerequisito.
<li> Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo
(libertà 2).
<li> Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente
i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga
beneficio (libertà 3). L'accesso al codice sorgente ne è
un prerequisito<a href='#774'><sup>774</sup></a>
774Cfr. la definizione di Free Software all'URL
http://www.gnu.org/philosophy/free-sw.it.html}.
</ul>
Come si capisce chiaramente, la disponibilità del codice sorgente
è fondamentale: se un software è libero l'utente potrà
adattarlo sempre alle proprie esigenze ed altri potranno trarne
beneficio. Non è detto che la prima versione di un programma
vada bene per tutti: chiunque può trovare modi migliori per
``dire la stessa cosa'', intendendo con questo che le modifiche
vengono fatte al programma inteso come espressione di un'idea
informatica, e sicuramente le sigenze dei vari utenti sono diverse
tra loro. Non sarebbe giusto se l'unico modo per assecondare
le proprie esigenze fosse quello di riscrivere un altro programma,
dovendo però ricominciare daccapo. Molto meglio è avere la
possibilità di modificare ciò che già esiste e contribuire
così sia al proprio benessere che a quello della comunità,
perchè le modifiche fatte si possono anzi, dovrebbero essere
pubblicate perchè altri ne traggano vantaggio, esattamente
come a chi ha modificato per primo.
Dalla volontà di Stallman e di quella dei suoi collaboratori
nacque, nello spirito del software libero, il progetto del sistema
GNU intorno al 1983, un sistema operativo completo formato soltanto
da componenti di software libero basato su Unix, altro sistema
operativo risultato della collaborazione dei ricercatori. Intorno
a sè Stallman cercava di riunire tutti coloro che erano sensibili
alla questione della libertà del software e continuò a viaggiare
coinvolgendo sempre più persone nella ``tribù'' del software
libero.
Tra il 1990 e il 1993 il progetto GNU conobbe alcune difficoltà,
legate soprattutto alla difficoltà di sviluppare il proprio
kernel, chiamato HURD, senza il quale il sistema non poteva dirsi
completo.
Negli anni in cui il progetto GNU andava sviluppandosi, molti
altri, al di fuori della comunità di Stallman, avevano scoperto
le potenzialità tecniche di poter modificare software a proprio
piacimento. Una persona in particolare rimase colpita dalla logica
di Stallman, quando partecipò ad una sua conferenza ad Helsinki:
Linus Torvalds. Pur se lontano dalle posizioni ``sociopolitiche''
del guru del software libero, il ragazzo prodigio finlandese
era d'accordo sul fatto che nessun programmatore scrive codici
privi di errori. Grazie alla condivisione del software, per gli
hacker il miglioramento del software diviene la molla prioritaria
rispetto a motivazioni individuali come la cupidigia o l'egoismo.
Anche Torvalds aveva iniziato a sviluppare un sistema la cui
colonna portante era sicuramente il kernel, anch'esso libero,
che chiamò Linux. Tuttavia le distribuzioni che avevano cominciato
a diffondersi non erano ben realizzate. Nel 1993 Ian Murdock,
che aveva lavorato con Stallman, si era impegnato a costruire
una buona distribuzione Linux: la Free Software Foundation, l'organizzazione
del software libero fondatat da Stallman appoggiò, dopo un
iniziale disinteresse per Linux, il progetto e fornì soldi
e sostegno morale. Nacque così la prima versione della distribuzione
Debian, una distribuzione GNU/Linux, cioè che integra il progetto
di software libero GNU con il kernel Linux.
Così i due grandi del software libero, Stallman e Torvalds,
si unirono in un solo progetto. Tuttavia, le due diverse anime
non ci misero molto a scontrarsi. Ci fu una conferenza sul software
liberamente distribuibile e i due vennero messi a confronto:
le diversità erano evidenti e questo stimolò Raymond, un
vecchio collaboratore di Stallman che se ne era allontanato,
a scrivere un saggio: ``La Cattedrale e il Bazar'', nel quale descriveva
i programmi GNU come ``cattedrali'', monumenti all'etica hacker,
impressionanti, pianificati in modo centralizzato, costruiti
per durare nel tempo; mentre Linux era più simile ad un ``grande
bazar vociante'', un programma sviluppato grazie alle dinamiche
sciolte e decentrate offerte da Internet.
In effetti, il modo che il progetto GNU aveva di progredire era
estremamente centralizzato: Stallman aveva l'ultima parola sulle
modifiche, gestiva il progetto in modo manageriale ed era difficile
avere a che fare con lui. Torvalds sembrava più l'organizzatore
di una festa: lasciava condurre agli altri la discussione sulla
progettazione Linux ed interveniva solo nel caso ci fosse stato
bisogno di un arbitro: interveniva solo per favorire il fluire
delle idee, pubblicando ogni singola modifica, ogni singolo contributo
al suo sistema, senza esprimere alcun tipo di parere.
Così l'entusiasmo cresceva tra le fila dei programmatori Linux,
lasciando un po' indietro la causa della libertà del software
come diritto. Torvalds insidiava la leadership di Stallman nel
mondo del free software.
L'intervento di Raymond venne ascoltato da O'Reilly, editore
specializzato in manuali sul software, che gli chiese di ripeterlo
alla prima Perl Coference. Tra il pubblico c'era anche un gruppo
non di hacker ma di persone interessate al montante successo
del software libero e che lavoravano per la Netscape. Rimasero
molto impressionati dall'intervento e, desiderosi di riconquistare
la fetta di mercato persa contro Microsoft nel controllo per
i web browser, riferirono ai vertici dell'azienda cosa avevano
ascoltato. Così, la Netscape decise di pubblicare, nel gennaio
1998, tutto il codice sorgente della sua punta di diamante: il
browser Navigator, sperando di motivare gli hackers a contribuire
alle future migliorie.
Il 3 febbraio del 1998 ci fu una ristretta riunione alla VA Research,
in California, alla quale Raymond era presente, durante la quale
si discusse di come fare in modo che anche il resto del mondo
del business si accorgesse della superiorità del processo di
sviluppo possibile con la disponibilità dei codici sorgenti,
esattamente come Netscape aveva fatto.
C'era un problema alla diffusione del software libero nel mondo
del business perchè veniva inteso non come libero ma come gratuito,
a costo zero, per cui non lasciava trasparire alcuna possibilità
di guadagno. Il che è totalmente scorretto. Si propose così
un altro termine per identificare la disponibilità del codice
sorgente senza includere tutte le considerazioni sulla libertà
tanto cara a Stallman: Open Source.
La consapevolezza dalla quale si era partiti, inizialmente, era
che l'utilizzo della parola ``free'' aveva creato parecchia confusione,
mentre il termine open source si posizionava in modo amichevole
e sensibile nei confronti del mondo imprenditoriale, mentre free
software rimaneva legato all'ambito morale della questione. A
questo proposito, alla fine del 1998, Stallman chiarì la sua
posizione: il termine open source risulta utile per comunicare
al mondo del business i vantaggi del software libero, ma si allontana
dalla questione della libertà del software. Dato che questo
è un aspetto troppo negativo perchè possa essere tralasciato,
avrebbe continuato ad usare il termine free software.
Sempre alla fine del 1998, Raymond propose la nascita dell'OSI
(Open Source Initiative), un'organizzazione no-profit con il
compito di monitorare l'uso del termine open sourcee fornire
una definizione adeguata del concetto per tutte quelle aziende
interessate a realizzare programmi propri.
Concludendo, possiamo così riassumere la questione: sebbene
il software libero e l'open source partanoda punti di vista diversi,
utilizzano gli stessi mezzi e strumenti (le licenze sono le stesse
come pure i metodi per sviluppare il software). Però, l'idea
fondamentale che sta alla base dell'open source è che se si
può, tramite Internet o altri mezzi, leggere, distribuire e
modificare liberamente del software, grazie alla libera disponibilità
dei codici sorgenti, questo migliora e si evolve; viene trasformato
e depurato dai cosiddetti bug, gli errori, grazie all'apporto
di decine, centinaia e a volte migliaia di sviluppatori o appassionati
e ciò avviene ad una velocità impensabile rispetto ai modi
tradizionali di produrre software, producendone di migliore.
Il concetto di software libero pone invece l'accento sulla libertà,
in particolare sulle quattro libertà fondamentali formalizzate
nella Licenza GPL (la licenza attraverso la quale il software
libero viene rilasciato secondo le logiche della Free Software
Foundation).
<h5>Open source e copyright</h5>
Dopo aver raccontato al punto 2.1 che cosa unisce e cosa divide
i due concetti del free software e dell'open source, dobbiamo
renderci conto di che rapporto esiste tra quest'ultimo e il copyright.
Può sembrare, in effetti, che quando si decide di rendere disponibile
il codice sorgente e si dichiari la disponibilità ad effettuare
modifiche del lavoro svolto si rinunci anche ad essere riconosciuti
come autore del programma. Se questo, infatti, viene cambiato
da molti altri, potrebbe sembrare che, come in una specie di
catena di sant'Antonio, le origini si perdano da qualche parte
e il primo autore anche. Che riconoscimento rimane per il lavoro
svolto da un autore se il programma può essere cambiato a piacimento
di tutti?
In realtà, la situazione non è così tragica. Rendere disponibile
il codice sorgente non significa non riconoscere i meriti all'autore
del programma al quale verranno apportate le modifiche, anzi.
Come qualsiasi autore di programmi software anche l'autore di
un programma open source riceve la tutela dei diritti d'autore
e gli viene riconosciuto un grande merito per quello che ha fatto.
Lo dimostra il fatto che chi sviluppa un programma open source
vede praticamente sempre il suo nome ad indicare la paternità
del programma, mentre chi sviluppa software proprietario quasi
mai.
Ma, più che una questione di nome, ciò che importa è che
l'istituto del copyright nell'open source torna a quelle famose
finalità positive che nella legislazione moderna sembrano ormai
perse.
Infatti, quando si sviluppa software per una <span style='font-style:italic;'>software house</span> privata,
non solo il copyright è a nome della casa produttrice e non
dell'autore ( chi conosce il nome di un programmatore della Microsoft?),
ma è la <span style='font-style:italic;'>software house</span> stessa a rilasciare il programma
consentendo solo certi usi (pochi) previsti nelle licenze d'uso
che vengono dette proprietarie. Queste sono estremamente limitanti
e, cosa più importante, non permettono quasi mai l'accesso
al codice sorgente, per cui, se il software non risponde alle
esigenze dell'utente non solo non è modificabile, ma se si
tentasse di cambiarlo si potrebbero rischiare sanzioni estremamente
pesanti.
Invece, quando si sviluppa un software open source, innanzitutto
l'autore è riconosciuto e tutelato, ma poi il programma viene
rilasciato con licenze estremamente diverse da quelle proprietarie
che garantiscono i caratteri findamentai di un software open
source, licenze open source, appunto.
Perchè un software sia open source, non basta che renda disponibile
il codice sorgente: ci sono delle caratteritiche fondamentali
da rispettare che hanno lo scopo di assicurare che il software
sarà disponibile per chiunque voglia usarlo e studiarlo<a href='#806'><sup>806</sup></a>
806Per
i criteri di definizione di un software open source si veda la
definizione di open source all'URL http://www.opensource.org/docs/definition.html}.
Scobinando l'ordine con cui l'OSI delinea le caratteristiche
di un software open source, vorrei mettere innanzitutto in evidenza
la tutela data all' autore al punto 4: <span style='font-style:italic;'>Integrity of the author
Source Code</span>.
Per assicurare il diritto ad essere riconosciuti come autori
di <span style='font-style:italic;'>quel</span> programma, la licenza può richiedere che i prodotti
derivati portino un nome o un numero di versione diverso dal
software originale. Chi usa un programma ha il diritto di sapere
chi lo ha prodotto e l'autore, al pari dei successivi sviluppatori,
ha il diritto non solo di vedere riconosciuto il proprio lavoro,
ma anche di ottenere che le modifiche siano mantenute distinte
pur consentendole. In questo modo il software può essere redistribuito
anche con modifiche non autorizzate dall'autore purchè si mantenga
separato il codice originario dalle cosiddette patch che ne costituiscono
le modifiche. Così si preserva la reputazione e il lavoro
di chiunque intervenga nel processo evolutivo del software.
Ma ciò che, a mio parere, è ancora più importante sottolineare
è che questa forma di tutela non viene scalfita dal fatto di
rendere pubblico il codice sorgente e che si accompagna a tutta
una serie di altre caratteristiche che sono sempre garantite
nella licenza e che accrescono il bene e la conoscenza collettivi.
La licenza, infatti, richiede esplicitamente la libera distribuzione.
Ciò vuol dire che chiunque può fare delle copie del software
open source e venderle o regalarle senza dover pagare nessuno
per questo privilegio. In questo modo si elimina la tentazione
di cercare un immediato riscontro economico mediante la mera
vendita di licenze, spostando l'attenzione verso il lungo periodo
e quindi sul confezionamento di prodotti di maggior qualità
che renderanno soprattutto sul piano della vendita dei servizi.
Anche nel caso di vendita di pacchetti di software open source,
la licenza ne permette la libera duplicazione e la modifica grazie
alla disponibilità del codice sorgente.
Ovviamente, poi, il programma deve includere il codice sorgente
e deve consentire la distribuzione sia sotto forma di codice
che in forma compilata. Se non viene distribuito il codice, devono
esserci chiare istruzioni per ottenerlo e l'operazione non deve
avere costi elevati. Non sono ammessi in nessun caso codici deliberatamente
nascosti.
La licenza deve consentire la creazione di modifiche e di prodotti
derivati, consentendo inoltre la loro distribuzione sotto gli
stessi termini di licenza del software originale. Questo non
significa che chi modifica è obbligato ad usare la stessa licenza
del programma originario (tranne nel caso della GPL), significa
solo che ha la <span style='font-style:italic;'>possibilità</span> di farlo.
Inoltre, la licenza non può prevedere nessuna limitazione d'uso
del software nè a singoli nè a gruppi nè per determinati
scopi. Il che è fondamentale per assicurare che il software
open source sia utilizzato anche nel campo degli affari.
Infine, i diritti legati al programma devono applicarsi a tutti
coloro a cui viene ridistribuito, senza la necessità di applicare
una licenza supplementare, non devono dipendere dal fatto che
il programma faccia parte di una distribuzione particolare e
la licenza non deve porre limitazioni su altro software che venga
distribuito insieme con il software in licenza. Per esempio la
licenza non deve asserire che tutti gli altri programmi distribuiti
sullo stesso supporto devono essere software open source.
A titolo informativo, è bene sapere che sono molteplici le
licenze conformi ai requisiti OSI, ma che, indipendentemente
dalla licenza usata, se questa è conforme, il software può
avvalersi del marchio di certificazione ``Open Souce'' e saranno
garantite tutte le caratteristiche che abbiamo appena esaminato.
Dall'esame svolto comprendiamo che la disclosure volontaria del
sorgente risolve moltissimi dei problemi visti in precedenza,
perchè automaticamente si hanno tutte quelle informazioni che
servono a raggiungere l'interoperabilità. Cosa ancora più
importante, la condivisione del codice e la possibilità di
modificarlo, adattarlo alle proprie esigenze consente di creare
software sempre nuovi.
Sicuramente, che l'autore conceda la possibilità di modificare
ciò che ha prodotto, che permetta di copiare, distribuire le
copie del programma e del codice sorgente è una concessione
che questi fa di quei diritti patrimoniali che sono inclusi nel
diritto d'autore, ma è una concessione che porta nuova conoscenza,
fatta attraverso il rilascio del programma sotto licenze libere
che dall'autore vengono accettate nella loro formulazione originaria.
E'una scelta volontaria dell'autore che vede un po' più in
là del solo sfruttamento commerciale delle opere del suo ingegno.
Si noti che questa concessione, inoltre, non significa che l'autore
non avrà riconoscimento per ciò che ha fatto: non solo c'è
la tutela morale, come abbiamo visto sopra, ma c'è sempre la
possibilità di vendere, di venire pagati per il software prodotto,
anche se libero. Software libero non vuol dire
non-commerciale. Un programma libero deve essere
disponibile per uso commerciale, sviluppo commerciale e distribuzione
commerciale. Lo sviluppo commerciale di software libero non è
più inusuale: il software commerciale libero è molto importante<a href='#775'><sup>775</sup></a>
775Cfr.
la definizione di Free Software all'URL http://www.gnu.org/philosophy/free-sw.it.html}.
<h4>Conclusioni</h4>
L'analisi fin qui svolta mi permette di concludere con qualche
breve considerazione.
E' possibile un sistema diverso da quello attuale, un sistema
dove la cooperazione, la solidarietà, la sete di conoscenza
sono ancora motori, come lo furono in epoche sì passate, ma
molto più gloriose di questa. E questo non toglie che sia possibile
conciliare la crescita della conoscenza con il guadagno nè
che questo avvenga nell'ambito della libertà di scelta.
L'open source ed il free software, soprattutto, ce lo mostrano
concretamente: i casi di impiego anche commerciale di software
libero sono ormai moltissimi, con risultati brillanti. Certo,
la strada è lunga, ci sono molti bachi da stanare e i modelli
commerciali devono essere ancora messi a punto, ma agli utenti
rimangono dei diritti, e questa è la cosa più importante.
Abbiamo delegato, attraverso il voto, organi istituzionali alla
nostra protezione, a garantirci dalle ingiustizie. Tutti noi
utenti l'abbiamo fatto, in Italia, in Europa, negli Stati Uniti.
In cambio oggi non possiamo fare una copia dei cd che compriamo
per ascoltarlo altrove, non siamo autorizzati neanche a capire
come costruire un lettore DVD per il nostro sistema GNU/Linux:
commettiamo degli illeciti.
Dopo aver letto per la prima volta tutte queste norme, tutti
questi testi scritti da coloro che, anche da me, sono stati autorizzati
a scriverli, mi rendo conto che siamo davvero protetti, così
iper-protetti da essere chiusi in gabbia.