[Flug] Due articoli politici [Era: [zeusnews@near.it: [Zeusnews] n. 424 - S. Antonio e la memetica]]

starwars nobody@tatooine.homelinux.net
Dom 24 Ago 2003 11:23:35 CEST


Ciao a tutti,

due begli articoli politici che parlano del Flug, almeno dei problemi
attuali

----- Forwarded message from Zeusnews <zeusnews@near.it> -----

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** INTERNET E LIBERTA' DI STAMPA **
L'informazione libera, distinta dagli interessi economici, non
esiste più. Restano i giornalisti singoli, quando hanno
visibilità, e resta Internet.
[Pubblicato su www.zeusnews.it il 28-05-2003]
 >> di Riccardo Orioles
http://www.zeusnews.it/news.php?cod=2134

Un giovane dissidente cinese, Wi Qi, e' finito in galera per aver
messo su un sito la lista delle persone scomparse dopo essere
state "invitate" dalla polizia. Poche settimane fa due giovani
hackers americani sono stati condannati per aver messo in rete
informazioni che consentivano di evadere il "pizzo" imposto
sulla musica dalle majors dei Cd. Nel primo caso l'accusa
formale e' di "sovversione", nel secondo di attentato ai
profitti delle multinazionali.

Il meccanismo e' lo stesso. L'internet e' libero, e fa paura.
Scrivere su un sito costa appena un po' di piu' che scrivere sui
muri ma e' infinitamente piu' efficace. I padroni del mondo,
quando e' stata inventata la scrittura, debbono aver provato un
panico molto simile a quello dei padroni di ora, di fronte a un
mezzo alla portata di tutti, di tutti i cervelli e di tutte le
verita'. Chissa' quanti hacker saranno finiti nelle miniere di
sale, a quel tempo, per uso abusivo dell'alfabeto.

Qualche settimana fa su Repubblica e' uscito un bellissimo
articolo di Valentini, che oltre ad essere un giornalista e'
anche manager di una societa' che si occupa, guarda caso, di
vendere pubblicita' e contenuti in rete: il web e' un casino, ci
vogliono leggi dure, basta con le e-mail gratuite, facciamole a
pagamento. In Spagna c'e' gia' una legge che restringe i
contenuti giornalistici sull'internet, ed e' considerata un
modello per una futura legislazione europea. In America o in
Cina affrontare determinati problemi sul web porta gia' in
galera.

In Italia tutta l'informazione e' ormai concentrata nelle mani
di una mezza dozzina di proprietari, non di piu'. Molte notizie
escono assai sbiadite, o non escono affatto. E non e' solo
Berlusconi a censurare ma anche Caracciolo, Romiti, Caltagirone,
Ciancio, Agnelli. Periodicamente, campagne "d'opinione" mirate
vengono lanciate a freddo per conseguire questo o
quell'obbiettivo politico o industriale: "domani piove" puo'
significare semplicemente che la proprieta' del giornale produce
d'ombrelli.

L'informazione libera, distinta dagli interessi economici, non
esiste piu'. La stessa Cnn ha ormai formalmente adottato regole
di autocensura. Restano i giornalisti singoli, quando hanno
visibilita' (ricordate la campagna contro gl'inviati Rai
"filosaddamiani"? Beh, e' solo una delle tante), e resta
l'internet. Per esempio, queste righe. La rubrica che state
leggendo esce ormai da quattro anni, ed esce in condizioni
davvero strane. L'autore non e' un simpatico fricchettone, ma un
vecchio giornalista professionista: con fonti, dunque, mestiere
e capacita' d'analisi tali da conseguire una credibilita' non
inferiore a quella dei media ufficiali.

Dieci anni fa, questa rubrica non sarebbe potuta uscire: non
avrei avuto i soldi, semplicemente, per fare un giornale da
solo. Sarei stato non solo personalmente emarginato (il che
riguarda me) ma proprio costretto al silenzio: il che riguarda
voi, perche' una notizia o un'opinione in meno impoveriscono
tutti. Con l'internet invece posso parlare. Debbo solo accettare
la condizione esistenziale di emarginazione ecc. a cui questo
tipo di giornalismo oggi costringe; ma tecnicamente posso far
viaggiare opinioni e notizie in un ambito sufficientemente
esteso da essere utilizzabili dai lettori. Posso fare
giornalismo, insomma. Condivisibile o meno, bello o brutto, ma
sicuramente libero da interessi esterni: per me, "domani piove"
vuol dire proprio che secondo me piovera', non vendo ombrelli.
Poi puo' anche darsi che faccia bel tempo: in questo caso avrei
scritto una cazzata (e i lettori me la farebbero pagare) ma
avrei sempre fatto giornalismo, non pubblicita' o propaganda.

Ritengo che a lungo andare questo paghi. Come giornalista, in
questo momento sto difendendo la liberta' e la varieta'
d'informazione su cui storicamente si e' caratterizzata la
nostra civilta' occidentale. La sto difendendo da solo (non e'
esattamente cosi': ma semplifichiamo) e posso farlo perche' ho
l'internet. Se mi tolgono l'internet non posso farlo piu'.
Siccome questa situazione e' evidentemente strana e scomoda, e
cozza con tutto il meccanismo economico esistente, allora
debbono togliermi l'internet: cosi' in un posto mi arrestano per
sovversione, in un altro mi danno un milione di multa per
attivita' anti-major, in un altro ancora mi lasciano in teoria
parlare ma impongono una tassa a chi mi legge.

Tutte queste cose in realta' sono gia' successe agli albori del
giornalismo moderno (re Carlo, nell'Inghilterra di Defoe, mise
una tassa sui torchi) e non hanno avuto infine grande importanza
perche' il pubblico vigilava e stava attento. Il pubblico era
una classe nuova - la borghesia - e voleva novita': vere, ogni
giorno, e libere. Cosi', state attenti anche voi: la liberta' di
stampa siamo noi, tutti insieme. Noi giornalisti (saremo un
centinaio i giornalisti in tutt'Italia, in questo momento)
facciamo la nostra parte ma voi, cittadini-lettori, fate la
vostra.

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** SCUSI, LEI E' UN VIRUS O UNO SPAM PROXY? **
Messi in difficoltà dai filtri sempre più sofisticati a
disposizione di utenti e Internet provider, ma anche dalle prime
leggi in materia di mail pubblicitarie non richieste, gli
spammer cambiano tattica.
[Pubblicato su www.zeusnews.it il 02-05-2003]
 >> di Stefano Barni
http://www.zeusnews.it/news.php?cod=2068

Lo spamming è un fastidio col quale ci tocca fare i conti
quotidianamente: non passa giorno senza che tra le email
ricevute vi siano pubblicità non richieste, messaggi di
propaganda politica o religiosa, inviti a visitare il sito delle
giovanotte più calde del Web e catene di Sant'Antonio più o meno
innocenti o fraudolente. Si tratta di un fenomeno in continua
crescita da anni, soprattutto per quanto riguarda le email di
carattere commerciale: i grandi numeri in gioco (milioni di
destinatari) e i ridottissimi costi di spedizione (praticamente
nulli) offrono allo spammer opportunità di guadagno
interessanti.

Così, nel tempo, si è verificata una vera e propria rincorsa tra
coloro che offrono supporto allo spamming e coloro che lo
combattono: i primi, impegnati nello sviluppare programmi in
grado di inviare posta elettronica a liste enormi di indirizzi
in modo efficiente, nascondendo efficacemente l'indirizzo di
partenza; i secondi, intenti a implementare filtri sempre più
sofisticati e sistemi di black listing capaci di fermare la
posta-spazzatura il più vicino possibile alla fonte. Una lotta,
sin qui, senza veri vinti né vincitori.

Tuttavia, la vita degli spammer si è fatta più difficile, anche
grazie alle prime leggi in materia: forse per questo, da qualche
tempo, si notano i primi segnali di un possibile cambiamento di
tattica nelle tecnologie utilizzate per spedire messaggi in gran
quantità evitando di essere "tracciati". Il nuovo cavallo di
battaglia degli spammer è in realtà un... cavallo di Troia: un
vero e proprio programma che si installa sul computer di una
vittima inconsapevole e da lì spedisce in giro per il mondo la
spazzatura elettronica al servizio del loro business, esponendo
inoltre il proprietario della macchina al rischio di essere
considerato in prima persona il responsabile dell'invio e
perseguito come tale.

Tali programmi, noti come "spam proxy", giungono al malcapitato
destinatario sotto forma di allegati alla posta elettronica: se
eseguiti, si installano sul computer configurandolo in modo da
essere attivati ad ogni bootstrap e inviano allo spammer una
email per comunicargli l'indirizzo IP locale e la "porta" sulla
quale si pongono in ascolto. Una volta ricevuti dal loro
proprietario i testi da spedire e le liste di indirizzi, essi
effettuano gli invii direttamente dal computer vittima,
utilizzando il server SMTP implementato al loro interno. In tal
modo, gli spam proxy possono perfino corredare le email spedite
di header fasulli, rendendo estremamente difficile, se non
impossibile, risalire al mittente, il quale risulterebbe
comunque essere l'utente del computer vittima.

L'unico residuo legame tecnologico con lo spammer è
rappresentato dall'indirizzo di posta al quale lo spam proxy
comunica i dati necessari per essere contattato: è però
sufficiente che si tratti di una casella postale consultabile
via Web perché al titolare sia possibile accedervi mediante uno
dei tanti servizi di navigazione anonima disponibili in Rete,
facendo perdere definitivamente le proprie tracce.

Rimane il legame "logico": lo spammer, se desidera vendere il
proprio prodotto, deve rendersi rintracciabile. Perciò le email
spedite contengono quasi sempre un recapito fisico o un numero
telefonico al quale rivolgersi. Ma nessuna legge prevede (né,
con ogni probabilità, prevederà mai) che l'esercente di
un'attività commerciale sia considerato responsabile dello
spamming che la pubblicizza, in mancanza di una prova certa di
coinvolgimento più o meno diretto nell'invio in massa dei
comunicati. E con questo, l'impunità è assicurata.

Naturalmente, la violazione di un sistema informatico è reato
ben più grave del semplice invio di comunicati pubblicitari
senza il diretto consenso degli interessati: l'utilizzatore di
uno spam proxy, nell'improbabile ipotesi che possa essere
inchiodato alle proprie responsabilità, subirà condanne pesanti,
con rilevanti aspetti penali (carcere) in aggiunta a quelli
civili (risarcimento dei danni, eccetera). Forse un po' magra,
ma è una consolazione.

Tuttavia, l'aspetto peggiore della faccenda è un altro: quanto è
probabile che gli spam proxy si diffondano fino a costituire una
rete operativa efficace? Per rispondere basta considerare la
tecnica da essi utilizzata per raggiungere i computer sui quali
installarsi. Sotto tale aspetto, gli spam proxy sono del tutto
analoghi ai numerosi virus, worm e trojan che, travestiti da
innocui allegati, da tempo mietono vittime a mazzi tra gli
utenti sprovveduti (ma non solo) di Windows. Vista la diffusione
dei vari CodeRed, Nimda e soci, c'è poco da stare allegri: e i
nuovi nomi da temere sono, per il momento, "Proxy-Guzu" e
"Jeem".

Da oggi, abbiamo un buon motivo in più per stare all'erta.
Antivirus aggiornati consentono di individuare gli spam proxy ed
eliminarli, e un firewall configurato in modo accorto è
efficace, quanto meno, nel bloccarne l'operatività. Ma forse non
è inutile ripetere ancora una volta che le armi migliori saranno
la nostra consapevolezza e attenzione.

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