[Flug] I:[Discussioni] FW: [CacaoElefante] CacaoElefante] Il quotidiano dellebuone notizie - Edizione del sabato

Leandro Noferini lnoferin@cybervalley.org
Gio 2 Dic 2004 13:43:00 CET


Marco Gaiarin <gaio@linux.it> ha scritto:
__________
>
>...giri strani (la lista che è nata dalle ceneri dell'area locale della
>mia BBS fidonet, ah fidonet...), ma la fonte è il bollettino telematico
>della libera università di alcatraz, dario e jacopo fo e franca rame,
>per capirsi...
>
>[ This is a repost of the following article:                               ]
>[ From: "Franka" <franca.bassi@tin.it>                                     ]
>[ Subject: FW: [CacaoElefante] CacaoElefante] Il quotidiano delle buone notizie - Edizione del sabato ]
>[ Newsgroups: lpb.pub.chat                                                 ]
>[ Message-ID: <000301c4c3e5$f5ae8980$8087abd4@bijbas>                      ]
>
>=== C A C A O   E L E F A N T E ===
>Il quotidiano delle buone notizie comiche
>L'essenziale delle notizie e' sempre vero
>
>~-~-~ 06 novembre 2004 ~-~-~
>
>Edizione del sabato
>
>Ancora una novita' editoriale su Commercioetico.it.
>E' in vendita "Fidati! Gli esperti siamo noi ? Come la scienza
>corrotta minaccia il nostro futuro" di Shaldon Rampton e John
>Stauber (gli stessi autori di "Vendere la guerra").
>"Fidati!" dimostra come i giganti dell'industria impieghino
>tecniche psicologiche sofisticate, bilanci pubblici falsi, "scienza
>spazzatura", studi corrotti e abili mercenari delle pubbliche
>relazioni nello sforzo costante di diffondere sul mercato i loro
>prodotti. Ogni giorno ci affidiamo ad esperti per decidere chi
>votare, come allevare i nostri figli, cosa mangiare. Li guardiamo
>in tv, li ascoltiamo alla radio, leggiamo le loro opinioni sulle
>riviste e sui giornali. Ci fidiamo di loro perche' ci dicano cosa
>fare e cosa pensare.
>Ma sono state le multinazionali e le agenzie di Pubbliche
>Relazioni a elaborare questa astuta strategia per indurci a
>comprare cio' che devono vendere: facendocelo proporre da
>esperti "neutrali", apparentemente estranei alle imprese
>produttrici, come ad esempio uno scienziato o un pediatra.
>Il problema e' che questi esperti non sono affatto neutrali. Sono
>stati selezionati e meticolosamente addestrati per essere
>credibili. E in alcuni casi vengono pagati profumatamente per
>fornire le loro "opinioni".
>Di seguito un estratto dal primo capitolo del libro (Il
>Testimonial). Dopo la lettura non formattatevi l'hard disk dal
>nervosismo?
>
>
>L'appoggio di terzi consente di piazzare un nuovo marchio e
>spianare la strada al successo, oppure di scongiurare un grave
>problema prima che vada fuori controllo, divenendo
>catastrofico per un prodotto specifico o per una intera azienda.
>(Daniel Edelman - fondatore della Edelman PR Worldwide)
>
>Supponiamo che questo libro fornisca la chiave per ottenere una
>ricchezza mai neppure sognata - e che possa rendervi piu' forti, piu'
>sani, piu' intelligenti e migliori sotto ogni aspetto. Avere piu' amore
>nella vostra vita. Essere liberi dalle preoccupazioni e dai bisogni, e
>sapere come proteggervi da tutte le malattie.
>Un lettore arguto prenderebbe tali affermazioni con un certo scetticismo.
>"Gli autori di questo libro sono ovviamente dei venditori di miracoli",
>penserebbe. "Probabilmente si travestirebbero anche da polli se
>servisse a vendermi il libro. Mica ci casco".
>Supponiamo allora che ci procurassimo dei testimonial importanti - nomi
>che conoscete e rispettate, con titoli e credenziali impressionanti.
>Trovereste i loro profili pubblicati sul retro copertina. Noi ci augureremmo
>che li leggeste e rifletteste sulla loro importanza.
>Ancora meglio se questi testimonial fossero persone con cui non
>abbiamo alcun apparente legame. In questo caso, il lettore sarebbe
>meno scettico. E supponiamo che riuscissimo a fare in modo che si
>esprimano davvero a nostro favore, apparendo del tutto indipendenti.
>Se riuscissimo a essere elogiati da persone apparentemente
>disinteressate e notoriamente super partes - se riuscissimo persino a
>far circolare la voce tra i vostri amici e vicini di casa - e a fare tutto
>cio'
> tenendovi assolutamente all'oscuro delle nostre macchinazioni dietro le
>quinte - allora, paradossalmente, iniziereste a crederci. Ovviamente, e'
>altamente improbabile per noi riuscire a orchestrare una cosa simile. Ne'
>noi,
>ne' il nostro editore potremmo mai permetterci un tale ambizioso progetto.
>Facciamo del nostro meglio, ma non siamo certo la Microsoft.
>Fidatevi, siamo anti-antitrust.
>
>Nell'aprile 1998, mentre le indagini antitrust condotte dal Dipartimento
>della Giustizia sulla Microsoft iniziavano a trasformare una passata
>violazione in un grave ostacolo al futuro della compagnia, nelle mani
>della redazione del Los Angeles Times arrivo' un grosso fascicolo di
>documenti aziendali riservati.
>Trapelati da fonte anonima, i documenti descrivevano una
>campagna mediatica di milioni di dollari progettata per la
>Microsoft dalla Edelman Public Relations Worldwide, una delle
>maggiori agenzie PR (relazioni pubbliche, nda) del mondo. Il
>progetto aveva lo scopo di deviare le indagini antitrust dei
>procuratori generali di 11 stati Usa. Il Times descriveva il
>progetto della Edelman come "una massiccia campagna
>mediatica destinata a influenzare le indagini statali mediante la
>creazione di un'ondata di sostegno pubblico alla compagnia". Si
>prefiggeva di assumere in subappalto agenzie locali di relazioni
>pubbliche in Arizona, California, Florida, Michigan, New York,
>North Carolina, Ohio, Pennsylvania, Texas, Virginia e
>Wisconsin. Si sarebbero inoltre incaricati degli scrittori
>freelance della pubblicazione di articoli d'opinione sui giornali
>contattati dalle agenzie locali. "L'elaborato progetto... si basava
>su ben precise tattiche, inconsuete e, secondo alcuni, scorrette",
>osservavano i redattori del L.A. Times Greg Miller e Leslie
>Helm, "ad esempio, piazzare articoli, lettere ed editoriali
>commissionati dai manipolatori della Microsoft, ma che le
>agenzie locali presentavano come dichiarazioni spontanee".
>Secondo gli stessi documenti, lo scopo era quello di produrre
>"strumenti affinche' i lobbisti della multinazionale esercitassero
>la loro influenza", ovvero, rassegne stampa favorevoli che i
>"consulenti politici statali potessero impugnare per sostenere il
>"caso" Microsoft. Con i documenti alla mano, i giornalisti
>hanno giocato al gatto col topo con il portavoce della Microsoft
>Greg Shaw, il quale nego' di essere a conoscenza del piano
>finche' non seppe che i giornalisti erano in possesso di
>documenti interni, nei quali il suo nome era ampiamente citato.
>Di fronte all'evidenza, cambio' tranquillamente la sua versione,
>ammettendo che il piano della Edelman esisteva, ma
>descrivendolo soltanto come una proposta. "L'idea che
>avremmo assunto persone le quali avrebbero tenuto nascosti i
>loro rapporti con la Microsoft e' del tutto falsa", disse Shaw.
>"In realta', la proposta che abbiamo ricevuto e' piuttosto
>usuale".
>Dopo alcuni giorni in cui apparvero imbarazzanti editoriali
>nelle riviste specializzate di computer, il piano della Edelman
>venne in gran parte dimenticato. Un anno dopo, la vicenda
>passo' sotto silenzio quando le cronache riportarono di una
>"Lettera aperta al Presidente Clinton di 240 economisti"
>apparsa in formato pubblicitario a tutta pagina sul Washington
>Post e sul New York Times. L'inserzione era stata pagata da un
>gruppo non profit della California, l'Independent Institute,
>un'organizzazione conservatrice che era stata uno dei maggiori
>sostenitori della Microsoft sin dai primi tempi in cui era
>divenuta bersaglio degli investigatori federali. "Non sono stati i
>consumatori a richiedere misure antitrust ma le aziende
>concorrenti", si dichiarava nella lettera aperta. "Molte delle
>misure proposte indeboliranno aziende di successo statunitensi
>e ostacoleranno la loro competitivita' all'estero... sollecitiamo le
>autorita' a rinunciare al protezionismo dell'antitrust"
>dichiaravano gli economisti, esponenti di diverse istituzioni
>prestigiose come l'Universita' della California, la Johns
>Hopkins, l'Universita' di Miami, l'American University, la
>Loyola, l'Ohio State, la Dartmouth, la Northwestern, la
>Columbia University, la Stanford e la Cornell.
>In fondo alla lettera, vi era un paragrafo in cui si avvisavano i
>lettori che per ulteriori informazioni avrebbero dovuto leggere
>un nuovo libro dal titolo "Winners, Losers and Microsoft:
>Competition and Antitrust in High Technology", pubblicato
>dall'Independent Institute e scritto da due suoi membri
>ricercatori, gli economisti Stan Liebowitz e Stephen Margolis.
>Il libro stava ottenendo critiche favorevoli su alcune
>pubblicazioni come l'Economist di Londra e la rivista Wired.
>"D'ora in poi, qualunque giudice, economista, esperto o
>giornalista che tratti il caso Microsoft... senza aver prima
>consultato il saggio di Liebowitz e Margolis, dovrebbe ricevere
>una tirata d'orecchi", dichiarava il Wall Street Journal.
>La rivista Newsbytes, appartenente un'agenzia stampa del
>settore informatico, osservo' che la posizione dell'Independent
>Institute "sembra una sfrontata difesa della Microsoft", ma
>riporto' anche le dichiarazioni di un portavoce dell'Independent
>Institute secondo cui la Microsoft non aveva pagato ne' per lo
>spazio pubblicitario della Lettera aperta, ne' per la
>pubblicazione di "Winners, Losers and Microsoft". Il portavoce
>ammetteva che la Microsoft era membro dell'Institute,
>"riferendo che la quota per le aziende parte
>approssimativamente da 1.000 dollari, senza precisare la
>somma devoluta da Microsoft all'istituto", scrisse Newsbytes.
>Nel settembre 1999, tuttavia, un altro fascicolo di documenti
>interni capito' tra le mani di un giornalista, Joel Brinkley del
>New York Times, il quale rivelo' che la Microsoft era il
>maggiore donatore esterno dell'Independent Institute. Durante
>l'anno fiscale 1999, scrisse Brinkley, Microsoft aveva
>contribuito al 20% del budget operativo dell'istituto. Oltre a
>finanziare la pubblicazione di "Winners, Losers and Microsoft",
>la compagnia informatica aveva pagato gli spazi dei giornali in
>cui era apparsa la Lettera aperta. I documenti in possesso di
>Brinkley indicavano una parcella pagata al presidente
>dell'Independent Institute, David Theroux, dall'avvocato di
>Microsoft John Kelly, pari alla somma di 153.868,67 dollari -
>una cifra corrispondente al costo degli spazi a tutta pagina sui
>giornali, oltre a 5.966 dollari di rimborsi spese di viaggio per la
>partecipazione di Theroux e di un suo collega a una conferenza
>stampa tenuta contemporaneamente alla pubblicazione della
>Lettera aperta.
>"Theroux ha ammesso da molto tempo il ruolo della Microsoft
>come membro finanziatore dell'istituto", scrisse Brinkley. "Ma
>ha anche insistito che la Microsoft e' 'solo uno dei 2.000
>membri' e come tale contribuisce a... una parte irrilevante del
>budget complessivo, che non offre alla compagnia alcun
>privilegio. In cambio la Microsoft, disse, riceve soltanto 'copie
>omaggio delle nostre pubblicazioni e biglietti scontati per i
>nostri eventi'. Insistette anche sul fatto che la Microsoft non
>aveva nulla a che fare con gli spazi sui giornali dedicati alla
>Lettera aperta. Gli spazi, disse nell'intervista, 'sono stati pagati
>con somme che non rientravano nei nostri fondi generali'".
>I documenti arrivati al New York Times smentivano tali
>dichiarazioni, ma Theroux non si scompose e attacco' l'articolo
>di Brinkley come una "campagna denigratoria" basata su
>documenti "rubati". "Sembra che alcuni nel settore informatico
>si abbassino a qualunque tattica pur di screditare l'Independent
>Institute e il nostro nuovo autorevole libro", rispose.
>"La fonte di Brinkley era cosi' indicata: 'Un avversario di
>Microsoft interno al settore informatico che ha preferito restare
>anonimo'... Conclusione: le accuse di Brinkley rendono il nostro
>libro e la Lettera aperta meno credibili o attendibili?
>Certamente no".
>L'Independent Institute si autodefinisce una "organizzazione
>didattica e di ricerca sulle politiche pubbliche, imparziale e
>accademica... che sponsorizza studi con revisione scientifica su
>una vasta gamma di temi economici e sociali". L'accusa
>secondo cui la difesa di Microsoft sarebbe stata finanziata dalla
>compagnia e' irrilevante, ha sostenuto Theroux, poiche' "le
>nostre attivita' accademiche sono indipendenti dai nostri
>finanziatori".
>C'e' una parte di verita' in queste affermazioni. Sarebbe un po'
>semplicistico descrivere l'Independent Institute solo come un
>sostenitore della multinazionale. Come dichiarato da Theroux al
>momento della rivelazione delle fonti di finanziamento,
>l'istituto e' stato notoriamente un oppositore delle leggi antitrust
>sin dal 1990, molto prima che la Microsoft finisse sotto
>indagine federale. E sebbene i professori Liebowitz e Margolis
>avessero lavorato occasionalmente come consulenti per la
>Microsoft, le posizioni espresse in "Winners, Losers and
>Microsoft" erano state gia' sostenute anni prima che la
>compagnia divenisse bersaglio delle indagini governative.
>E' comunque ridicolo fingere che l'Independent Institute sia
>realmente indipendente. Microsoft aveva un motivo ovvio per
>aiutare l'istituto a diffondere la sua voce attraverso le pagine a
>pagamento sui giornali, e proprio per questo le cifre dei suoi
>contributi sono rimaste riservate finche' non sono state rivelate
>da un giornalista.
>David Callahan, uno scrittore che ha svolto indagini sul
>rapporto tra compagnie finanziatrici e gruppi di ricerca
>conservatori, osserva che il rapporto della Microsoft con
>l'Independent Institute e' "perfettamente legale secondo le leggi
>fiscali correnti", ma aggiunge, "allo stesso tempo, c'e' qualcosa
>di evidentemente scorretto in questa situazione... Sarebbe
>ingenuo immaginare che gruppi di ricerca conservatori non
>debbano rendere conto alle loro aziende finanziatrici o ai
>dirigenti delle multinazionali presenti nei loro Consigli di
>Amministrazione. E' semplicemente il modo in cui funziona il
>potere economico. Cosi' come i politici per sopravvivere non
>possono ignorare le richieste dei loro principali donatori, allo
>stesso modo le associazioni non possono ignorare i loro
>benefattori".
>
>
>Gli esperti Potemkin
>
>Durante il regno di Caterina la Grande di Russia, uno dei suoi
>piu' vicini consiglieri era il Maresciallo Grigori Potemkin, che
>progettava numerosi inganni per suo conto. Quando Caterina
>visito' le campagne del suo regno con alcuni dignitari stranieri,
>Potemkin organizzo' dei finti villaggi, costruiti prima delle
>visite, per creare una immagine di prosperita'. Da allora, il
>termine "villaggio Potemkin" e' divenuto una metafora per cose
>apparentemente elaborate e impressionanti ma nei fatti prive di
>sostanza. I finanziamenti della Microsoft all'Independent
>Institute costituiscono una strategia di relazioni pubbliche che
>oggi equivale alle tattiche di Potemkin: la manipolazione
>dell'opinione pubblica mediante il sostegno e la promozione di
>punti di vista congeniali alla politica degli sponsor.
>Quando venne inizialmente rivelato il progetto della Edelman
>sul Los Angeles Times, le riviste del settore PR intervistarono
>gli operatori PR nazionali che non consideravano tale campagna
>rilevante o particolarmente nociva. "Per quello che ne so, si
>tratta di un comune progetto di relazioni pubbliche. E' cio' che
>facciamo normalmente", disse il direttore di una grande agenzia
>PR a Inside PR.
>Uno dei principali professionisti del settore, Robert
>Dilenschneider del Dilenschneider Group, critico' il piano della
>Microsoft, definendolo "una campagna priva di originalita'". La
>strategia era, secondo lui, eticamente scorretta e persino nociva
>per gli interessi stessi della Microsoft. "I media l'hanno capito e
>hanno usato la vicenda per mostrare il lato oscuro dell'industria
>informatica", disse Dilenschneider. "Hanno fatto passare Bill
>Gates, l'uomo piu' ricco e potente del mondo, per il Mago di
>Oz; tutto fumo e niente arrosto."
>Ma la critica di Dilenschneider era in minoranza.
>"I progetti mediatici sono di routine nel settore delle relazioni
>pubbliche, sebbene non sembrino funzionare quando fanno
>notizia", dichiarava la newsletter della Jack O'Dwyer, un'altra
>rivista specializzata, che proseguiva offrendo alcuni
>suggerimenti su come la Microsoft avrebbe dovuto evitare di
>essere presa di mira: "I professionisti del settore che abbiamo
>consultato hanno detto: 'Non mettere per iscritto nulla che non
>volete vedere apparire sulla prima pagina di un vostro
>giornale'... Avrebbero dovuto essere diffusi gli argomenti del
>dibattito, non i metodi di rapporto con i media. In questo modo,
>quando tali argomenti divengono di dominio pubblico, la
>stampa puo' solo informare sulla portata del problema
>Microsoft".
>Come hanno, infatti, affermato la Microsoft e i suoi sostenitori,
>le compagnie concorrenti stavano strumentalizzando fortemente
>il dibattito pubblico, utilizzando gli stessi "metodi di rapporto
>con i media".
>Netscape, Oracle, e Sun Microsystems hanno tirato acqua al
>loro mulino sul caso antitrust, lanciando il "Progetto per la
>Promozione della Competizione e dell'Innovazione nell'Era
>Digitale" (ProComp). Netscape ha assunto l'ex candidato alla
>Corte Suprema Usa, Robert Bork, come portavoce, una scelta
>decisiva che a Hollywood avrebbero definito il "ruolo adatto".
>Bork e' l'autore di "The Antitrust Paradox", un libro del 1978
>nettamente critico verso le regole antitrust del governo.
>"Bork non puo' essere liquidato semplicemente come un critico
>al servizio delle grandi multinazionali di successo", ha
>osservato il National Journal. "La sua reputazione di Signor
>Anti-antitrust risale a molto tempo fa; quando era un docente di
>legge a Yale, i suoi studenti soprannominavano il suo corso
>'Pro-trust'". Tuttavia, una volta assunto da Netscape, Bork
>pubblico' un documento di 7.000 parole e diversi editoriali sui
>giornali principali, spiegando che i procuratori federali stavano
>"semplicemente impedendo alla Microsoft di usare il suo
>sistema operativo come una mazza che spazza via la
>concorrenza". La coalizione anti-Microsoft arruolo' anche l'ex
>candidato presidenziale Bob Dole, insieme a potenti agenzie
>influenti a Washington, la Verner, la Liip-fert, la Bernhard, la
>McPherson & Hand. Il senatore Orrin G. Hatch (Repubblicani-
>Utah), destinatario di 17.500 dollari devoluti da Netscape, Sun
>e America Online, diede un'ulteriore spinta dal lato
>conservatore all'armata anti-Microsoft, cosi' come la Progress
>and Freedom Foundation (PFF), un gruppo di ricerca con
>legami con l'ex presidente della Camera Newt Gingrich. Tra i
>principali donatori della PFF vi erano Netscape, Oracle e Sun,
>insieme ad altri avversari della Microsoft, tra cui Gateway
>2000, IBM, Hewlett Packard, America Online e CompuServe.
>Le rivelazioni sull'Independent Institute apparse sul New York
>Times risultarono persino essere state orchestrata dalla Oracle.
>Per ottenere le prove sul finanziamento della Microsoft
>all'istituto, la Oracle aveva assunto un'agenzia di investigazioni
>per "rovistare" nella spazzatura di Microsoft, e aveva usato
>l'agenzia PR Chlopak, Leonard, Schechter & Associates di
>Washington per diffondere i documenti incriminanti.
>Nessuna di queste tattiche e' in alcun modo insolita
>nell'industria informatica. "Questo tipo di operazioni fanno...
>parte dell'arsenale standard di compagnie via cavo, delle
>industrie televisive e in altri settori in cui vigono norme
>governative", riferi' una fonte alla rivista PC Week, dopo la
>pubblicazione di articoli sul progetto PR della Edelman.
>L'editorialista di settore David Coursey ando' anche piu' in la'.
>"Se pensate che quelle sulla Microsoft siano notizie
>politicamente negative, confrontate allora l'intero settore
>informatico a quello delle telecomunicazioni e delle Tv via
>cavo", scrisse. "Le manovre politiche di queste compagnie
>fanno sembrare la Microsoft un gracile bimbetto".
>Se Grigori Potemkin vivesse oggi, sarebbe probabilmente
>sorpreso di fronte alla quantita' e all'artificiosita' delle facciate
>politiche fabbricate nel panorama dei media moderni.
>
>
>La Redazione: Simone Canova, Jacopo Fo, Gabriella Canova, Maria Cristina
>Dalbosco
>
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