[Folug]Fwd: CHI HA PAURA DEL SOFTWARE LIBERO ?

Davide Giunchi gdavide@mclink.it
Wed, 27 Jun 2001 00:03:38 +0200


probabilmente avrete già letto questo articolo su punto-informatico, per chi 
non l'avesse visto ne consiglio la lettura

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Subject: CHI HA PAURA DEL SOFTWARE LIBERO ?
Date: Tue, 19 Jun 2001 23:56:25 +0200
From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
To: pck-pcknews@peacelink.it


Chi ha paura del software libero ?

Il 18 giugno 2001, un cocktail di informazioni false e diffamatorie sul
free software, condite da una intervista "su misura" al vice presidente
Microsoft, hanno trasformato due pagine dell'autorevole inserto di
Repubblica "Affari e Finanza" in una brochure pubblicitaria dell'azienda
piu' ricca del mondo.

di Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>

"Anche Linux finisce in tribunale" e' il titolo eclatante di un articolo
apparso sull'inserto "Affari e Finanza" del quotidiano "La Repubblica", nel
numero del 18 giugno, a firma di Massimo Miccoli. Un vero e proprio
affronto alla "Carta dei Doveri del Giornalista", approvata nel 1993 dalla
Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in cui e' chiaramente
stabilito che il titolo di un articolo "non deve travisare nè forzare il
contenuto".

L'articolo in questione, infatti,non descrive le vicende giudiziarie del
sistema operativo Linux o del suo creatore, ma e' semplicemente una
descrizione in negativo del "Free Software", il software libero (non
gratuito, ma libero) che da alcuni anni e' la "fionda di Davide" che
minaccia di scalzare dal trono i giganti dell'informatica, prima tra tutti
l'onnipresente Microsoft. Nell'articolo si accenna vagamente a "dibattiti
infuocati, in alcuni casi già sfociati in aule di tribunali", senza citare
nomi, fatti o date, con buona pace della completezza dell'informazione, e
solo nell'ultima riga si legge che "potrebbe invece finire sotto accusa per
eccessivo potere e "tentazione" di monopolio l’arcinemico Torvalds", una
non-notizia data ovviamente con l'uso del condizionale, dal momento che si
tratta di informazioni assolutamente false e infondate.

Linus Torvalds, che ha dato il via alla creazione del sistema operativo
Linux, sviluppato successivamente con il contributo di migliaia di utenti
sparsi in tutto il mondo, e' spesso descritto come un "dittatore benevolo",
capace di mantenere il controllo sulla sua creatura pur lasciando ampia
liberta' di iniziativa agli altri sviluppatori di Linux, ma descrivere
questo fatto come il rischio di "finire in tribunale" con l'accusa di
"eccessivo potere" e' decisamente eccessivo. Anche la "tentazione di
monopolio" sbandierata da Miccoli e' semplicemente un parto di fantasia,
dal momento che la liberta' del sistema operativo Linux e' garantita
dall'utilizzo della GNU GPL (General Public License), una licenza  d'uso
applicabile al software che contrariamente alle licenze di utilizzo
adottate dagli altri produttori commerciali di software, non restringe le
liberta' degli utenti ma le estende, trasformando ogni programma in una
"scatola aperta" che ognuno puo' migliorare e modificare a piacimento, con
la possibilita' di vendere e distribuire le versioni modificate, a
condizione che i programmi derivati offrano la stessa liberta' delle
versioni originali. Il risultato e' un circolo virtuoso che obbliga gli
utenti di programmi liberi a produrre software altrettanto libero. Il
meccanismo legale della GPL, sviluppato nel corso degli anni dalla "Free
Software Foundation", e' una garanzia perpetua di liberta' dei programmi,
che rende impossibile qualsiasi "tentazione di monopolio" anche allo stesso
Linus Torvalds.

La questione delle licenze software e' molto piu' delicata di quello che
sembra. Nel nostro Paese ormai nemmeno i post-comunisti si arrischiano piu'
a sostenere che "la proprieta' e' un furto". Questo slogan che appartiene
al passato ormai e' condiviso unicamente dai produttori di programmi per
elaboratore, che non vendono programmi, ma "licenze di utilizzo di
programmi". Se leggiamo le righe scritte in piccolo sui fogli di carta che
accompagnano il software, scopriremo di non essere proprietari del codice
informatico che abbiamo pagato profumatamente. Quello che abbiamo
acquistato e' solo una "licenza di utilizzo" che ci permette di usare il
software, ma non ci consente di rivenderlo, di prestarlo o di guardarci
dentro per capire come e' fatto, cosi' come faremmo con qualsiasi altro
oggetto di nostra proprieta'. Per chi e' liberista solo a parole, ma nei
fatti e' piu' illiberale dei vetero-comunisti, rivendicare la proprieta'
del software e il conseguente libero utilizzo sarebbe un furto, una
filosofia completamente antitetica rispetto alle idee espresse nella
General Public License, il vero e proprio "manifesto ideologico" della
cultura del software libero.

La "rivoluzione" del free software e' ormai da anni un vero e proprio
incubo per i monopolisti dell'informatica, e questa paura e' cresciuta al
punto che la stessa Microsoft ha dovuto sviluppare delle "strategie di
guerra" documentate in un memorandum interno confidenziale dell'agosto
1998, passato alla storia col nome di "Halloween Document", perche'
trapelato nel giorno di Halloween. In questo fascicolo si afferma che "I
programmi a codice aperto costituiscono una minaccia a breve termine per
Microsoft, particolarmente nel mercato dei server. In piu', il parallelismo
intrinseco e il libero scambio delle idee nei programmi a codice aperto
hanno degli effetti benefici che non sono riproducibili con il nostro
attuale modello di licenze software".

Per questo e altri motivi la lotta per il predominio nel settore dei
programmi informatici si e' spostata anche sul versante mediatico, con la
produzione di titoli, informazioni e notizie "su misura", che hanno
l'obiettivo di allontanare gli utenti e gli investitori dal nascente
mercato del free software, dove molte aziende si sono quotate solidamente
in borsa offrendo servizi e prodotti accessori basati su programmi liberi e
gratuiti, che possono essere copiati, modificati e distribuiti senza finire
in galera.

La strategia di marketing adottata da Microsoft e dagli altri colossi
dell'informatica e' conosciuta dagli addetti ai lavori con la sigla FUD, da
"Fear, Uncertainity and Doubt" (paura, incertezza e dubbio), le armi
psicologiche utilizzate per estromettere dal mercato un prodotto o
un'azienda "pericolosi" quando il vantaggio competitivo nei confronti dei
soggetti emergenti non e' piu' la migliore qualita' dei prodotti, ma
semplicemente il maggiore credito di cui si dispone presso i mezzi di
informazione.

L'articolo "un po' open saremo anche noi", apparso su Affari e Finanza in
accoppiata con "anche linux finisce in tribunale", e' un classico esempio
di applicazione della strategia FUD. Si tratta di una intervista,
realizzata da Eugenio Occorsio, in cui Umberto Paolucci (vice presidente
della Microsoft Corporation e responsabile dell'area europea) espone la
posizione della sua azienda nei confronti del software libero. Facendo leva
sulle scarse conoscenze tecniche del lettore medio, Paolucci si permette
anche di pronunciare dalle pagine di "Affari e Finanza" anche delle
affermazioni che nel mondo degli addetti ai lavori suonerebbero come delle
vere e proprie bestemmie. Paolucci afferma che "un sistema costruito con
elementi noti solo al produttore aumenta la sicurezza contro le frodi, le
intrusioni e le violazioni, migliora l’impenetrabilità e l’affidabilità",
dimenticandosi che i sistemi operativi Microsoft sono universalmente
riconosciuti come i piu' esposti agli attacchi esterni. Per farsi un'idea
basta dare uno sguardo alle statistiche del sito www.securityfocus.com,
dove i sistemi operativi Windows NT 2000 e Windows NT 4.0 si sono piazzati
rispettivamente al primo e al secondo posto nella classifica dei "sistemi
piu' vulnerabili del 2000", sbancando la classifica anche nel '99 con le
loro versioni precedenti.

Tuttavia parlando di "sicurezza contro le frodi" Paolucci ha indubbiamente
raggiunto il suo obiettivo: seminare paura, incertezza e dubbio in tutti
quei lettori sprovveduti che non sospetterebbero neanche lontanamente di
essere stati raggirati dal maggior produttore mondiale di software e da uno
dei quotidiani piu' letti in Italia.

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Davide Giunchi.
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