[LUG-Ischia] L'Osce smentisce i discografici "Il p2p non è la causa della crisi"

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Ven 17 Giu 2005 08:21:59 CEST


http://www.repubblica.it/2005/d/sezioni/scienza_e_tecnologia/p2p2/rapporto/r 
apporto.html 

di MARCO DESERIIS
"Regole e innovazioni per il mercato della musica on line" 

ROMA - L'Ocse smentisce i discografici smontando alcune convinzioni sul 
rapporto causa-effetto tra la diffusione del file-sharing e la crisi di 
vendita dei cd musicali. Lo scambio dei file in rete non determina la crisi, 
almeno non da solo. Quest'ultima è piuttosto il frutto di un insieme di 
fattori. E' quanto si legge sul nuovo rapporto sulla musica digitale, appena 
pubblicato dall'Ocse (organismo intergovernativo che comprende 30 paesi 
industrializzati), Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo 
economico. 

Di sicuro, annota l'Osce, il mercato della musica on line è un grande volano 
per lo sviluppo mondiale dell'information technology. E per questo - 
suggerisce - va regolato in modo efficace e innovativo, se si vuole evitare 
che l'industria discografica entri in conflitto con i nuovi servizi per la 
musica on line, con i produttori dei nuovi strumenti portatili per la 
riproduzione musicale (come i telefonini e i player Mp3), e con gli stessi 
utenti. 

Il rapporto, articolato in 132 pagine ricchissime di informazioni, è stato 
completato a dicembre 2004 e dipinge un quadro non privo di sorprese. 
Innanzitutto l'Ocse afferma che è difficile stabilire una relazione certa di 
causa-effetto tra diffusione del file sharing e il calo delle vendite dei cd 
musicali. Troppi sono, secondo il rapporto, i fattori che influenzano le 
vendite per poterli ricondurre al solo file sharing: "La stessa industria 
musicale ha sottolineato che l'impatto del file sharing non è direttamente 
quantificabile e ha evidenziato altri fattori come la performance 
dell'industria (il repertorio, il marketing, la promozione e la 
distribuzuone), la pirateria commerciale, la competizione subita da altri 
settori dell'economia per le spese dei consumatori nell'intrattenimento." 

Comparando diversi studi, il rapporto evidenzia come il file sharing riduca 
la propensione all'acquisto di alcune fasce di consumatori, ma aumenti 
quella di altri. E soprattutto produca nuovi stili di consumo, rendendoli 
più vari, meno legati ai supporti fisici come il vinile o il cd e meno 
dominati da un numero ristretto di star. La diversificazione andrebbe di 
pari passo con una crescita dell'accesso spontaneo al mercato di nuovi 
artisti e con il proliferare delle comunità dei fans attorno alla singole 
band. Il che favorirebbe la relativa crescita "dell'interesse degli utenti 
per i servizi a valore aggiunto (chat, date dei tour, classifiche, ecc)" su 
cui i fornitori sono chiamati a competere. 

Insomma, ben lontana dal demonizzare la musica on line, l'Ocse suggerisce 
che siano il mercato e il legislatore a doversi adeguare, trovando gli 
strumenti adatti a legalizzare progressivamente il file sharing. 

Su questa strada, si frappongono però una serie di ostacoli, come la 
concessione delle licenze da parte dei detentori dei diritti di 
sfruttamento. I Digital Rights Management - la gestione modulare dei diritti 
di copia di un brano incorporata direttamente nei file musicali - vengono 
indicati come una possibile strada, ma allo stesso tempo l'Ocse si preoccupa 
che essi non limitino eccessivamente il diritto di copia degli utenti a 
scopo privato. 

I possibili accordi tra produttori e distributori sul modello del 
"compulsory licensing" - una ricompensa degli autori forfettaria simile a 
quella usata dalle radio - o le tasse su cd vergini, masterizzatori o player 
Mp3, non vengono discussi nel dettaglio, ma generalmente considerati poco 
efficaci sia sul piano della giustizia sociale, che su quello 
dell'armonizzazione con la legislazione internazionale. 

Tra gli altri ostacoli a un pieno sviluppo di questo mercato, l'Ocse 
individua la scarsa diffusione dei sistemi di micro-pagamento on line e la 
posizione dominante delle organizzazioni nazionali per la gestione dei 
contenuti (Cmo), le società degli autori come la nostra Siae, che non avendo 
concorrenza, rispondono poco agli autori e finiscono per imporre dei 
regolamenti nazionali che impediscono un'effettiva armonizzazione dei 
mercati. 

(15 giugno 2005) 


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