[TiLUG] Banksy Manifesto

Filippo Hakenberg filippo@hakenberg.org
Lun 4 Giu 2007 09:30:12 CEST


Un estratto dal diario del Tenente Colonnello
 Mervin Willerr Gonin DSO
che era fra i primi soldati Inglesi
a liberare Bergen-Belsen nel 1945.

Non so dare una descrizione adeguata del Campo dell'Orrore nel 
quale i miei uomini ed io dovevamo spendere il prossimo mese 
dell nostre vite. Era una semplice spoglia selva, spoglia come 
un campo di galline. Corpi sparsi ovunque, alcuni in grandi 
mucchi, a volte giacevano singoli o in coppie, dov'erano 
caduti. Ci volle un po' di tempo ad abituarsi a vedere uomini, 
donne e bambini cadere mentre gli camminavi vicino ed evitare 
di andargli in soccorso. Ci si doveva abituare semplicemente 
all'idea che il singolo non contava. Si sapeva che ne morivano 
500 al giorno e che 500 al giorno ne sarebbero morti per 
settimane prima che qualsiasi cosa avremmo potuto fare avrebbe 
avuto il piu' piccolo effetto. Non era, ad ogni modo, facile 
guardare un bambino soffocare per la difteria quando sai che 
una tracheotomia e attente cure lo avrebbero salvato, e si 
vedevano donne affogare nel proprio vomito per la mancanza di 
forze per rialzarsi, e uomini mangiar vermi mentre 
agguantavano una mezza pagnotta semplicemente perche' dovevano 
mangiar vermi per sopravvivere e adesso a malapena riuscivano 
a distinguerli. Mucchi di corpi, nudi ed osceni, con una donna 
troppo debole per alzarsi diritta che si appoggia a questi 
mentre cucina il cibo ke le avevamo dato su del fuoco; uomini 
e donne piegati sulle ginocchia un po' ovunque cercando 
sollievo dalla dissenteria che stava tormentando i loro 
intestini, una donna in piedi nuda fino all'osso lavandosi con 
del sapone in una vasca d'acqua dove i resti di un bambino 
galleggiavano ancora. Fu solo poco dopo l'arrivo della Croce 
Rossa Inglese, per quanto magari non vi era nessun 
collegamento, che arrivo' un grosso carico di rossetto. Non 
era affatto quello che noi uomini volevamo, noi urlavamo il 
desiderio per centinaia di migliaia di altre cose e non so chi 
chiese rossetto. Vorrei tanto scoprire chi fu, perche' fu un 
atto di genio, pura incorruttibile genialita'. Credo che nulla 
fece piu' per quegli internati di quanto fece quel rossetto. 
Le donne giacevano nei loro letti senza lenzuola ne' vestaglie 
ma con labbra rosso porpora, le vedevi vagare senza nulla piu' 
che una coperta sulle spalle, ma con labbra rosso porpora. 
Vidi una donna morta sul tavolo mortuario e raccolto nelle sue 
mani c'era un pezzo di rossetto. Finalmente qualcuno aveva 
fatto qualcosa per renderli nuovamente individui, erano 
qualcuno, non piu' solo il numero tatuato sul braccio. 
Finalmente potevano interessarsi al loro aspetto. Quel 
rossetto inizio' a ridar loro la loro umanita'. 

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