[Folug][Fwd: Dossier sul diritto d'autore]
Davide Giunchi
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Sun, 11 Feb 2001 20:50:54 +0100
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Date: Fri, 03 Feb 1995 17:50:34 +0100
To: pck-pcknews@peacelink.it
From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
Subject: Dossier sul diritto d'autore
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DIRITTO D'AUTORE O LEGGE DEL PIU' FORTE ?
Storia del diritto d'autore sul software.
In seguito alle forti pressioni della lobby dei produttori di software, le
modifiche alla legge sul diritto d'autore, approvate dal Parlamento il 26
luglio, hanno introdotto nuove misure repressive contro la copia ad uso
personale del software, equiparata alla duplicazione di massa e al
commercio abusivo di programmi, e punita con gli stessi anni di galera
riservati ai contrabbandieri di software pirata. Con queste nuove
modifiche, la legge sul diritto d'autore si trasforma in uno strumento
irragionevolmente repressivo che ha il chiaro obiettivo di tutelare gli
interessi economici di Bill Gates e degli altri "padroni del software", in
aperto contrasto con il principio di proporzionalità tra reato commesso e
condanna subita.
Di Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
Nessuno si sognerebbe di dare da sei mesi a sei anni di galera ad una
persona solo per aver copiato un CD musicale di un amico da ascoltare con
calma a casa. I "programmi per elaboratore", invece, a partire dal 18
agosto 2000 godono di un trattamento diverso, e la loro copia ad uso
personale è criminalizzata e perseguita dalla legge con gli stessi
strumenti legislativi, gli stessi milioni di multa e gli stessi anni di
reclusione che si utilizzano per chi vende in modo sistematico e
professionale copie non autorizzate di software coperto da copyright,
attraverso una rete commerciale di distribuzione clandestina.
Con la legge 248 del 18/08/2000, che ha modificato la precedente normativa
sul diritto d'autore, la punizione riservata per la copia del software ad
uso personale va da sei mesi a sei anni di carcere, pene analoghe a quelle
riservate in caso di omicidio colposo plurimo, che può essere punito con
sei mesi di reclusione. Ancora una volta un tema fondamentale come il
diritto d'autore sul software è stato regolato in base agli interessi e
alle pressioni lobbistiche di una categoria imprenditoriale, anziché in
base alla volontà popolare e democratica che dovrebbe essere il fondamento
di qualsiasi legge.
In un articolo apparso il 28 luglio 2000 sulla rivista elettronica "Punto
Informatico" (www.punto-informatico.it), Massimo Mantellini ha duramente
commentato le nuove dispozioni in materia di diritto d'autore sul software,
affermando che "è difficile non vedere in trasparenza la lunga mano degli
industriali del software su una serie di atteggiamenti che la legge ispira,
primi fra tutti quello di porre molta attenzione alla condanna pubblica ,su
giornali e mezzi di informazione specializzati, dei pirati o quello di
destinare ad iniziative informative antipirateria il 50% di quanto viene
sequestrato. Per non parlare della costituzione di un registro presso la
Questura di quanti lavorino con materiale protetto da copyright. Una vera e
propria azione di controllo degna di un regime sudamericano."
Anche l'avvocato Andrea Monti, presidente di Alcei (www.alcei.it),
L'Associazione per la Libertà nella Comunicazione Elettronica Interattiva,
ha espresso un parere seccamente contrario alla nuova normativa. Secondo
Monti "è evidente che la legge in questione non è stata concepita sulla
base del diritto ma delle pressioni di potenti gruppi che considerano il
diritto d'autore come 'cosa lorò".
La pressione esercitata dalla lobby del software per l'approvazione di una
legge particolarmente favorevole agli interessi di chi vende programmi è
stata anche esplicitamente ammessa dal senatore verde Stefano Semenzato,
che in una lettera alla rivista web "Punto Informatico" ha dichiarato che
"quando in Parlamento si discutono leggi che muovono migliaia di miliardi
le grandi aziende interessate regolarmente chiedono incontri per convincere
delle loro ragioni. Anzi molto spesso inviano direttamente degli
emendamenti chiedendo ai parlamentari di presentarli e di farli approvare.
E' un lavoro così sistematico che ancora all'inizio di legislatura un
gruppo di senatori verdi ha presentato un disegno di legge per
regolamentare queste attività lobbistiche cercando almeno di renderle
trasparenti. Dire che nell'approvazione della legge 248 si è ceduto troppo
alle lobby di Microsoft e BSA più che una considerazione impresentabile ci
appare una costatazione inoppugnabile".
Oltre all'inasprimento delle pene riservate a chi copia software per uso
personale, la nuova legge sul diritto d'autore contiene anche molti altri
aspetti controversi. Ad esempio la perseguibilità d'ufficio dei fatti di
duplicazione abusiva rischia di aggravare la situazione degli uffici
giudiziari penali, già oberati di procedimenti da smaltire. Inoltre
l'ampliamento dei poteri della SIAE previsto dalla nuova legge avrà gravi
ripercussioni su tutti gli autori e i programmatori che dovranno sostenere
i costi necessari per apporre il "Bollino Siae" diventato obbligatorio per
chiunque voglia vendere software o anche semplicemente regalare cd-rom
contenenti programmi per elaboratore. Anche in questo caso non è chiaro
come mai su alcune opere dell'ingegno (ad esempio i libri) il bollino Siae
non sia affatto obbligatorio, mentre un consulente informatico che scrive
un programma per una azienda deve necessariamente apporre sul suo programma
il bollino Siae, anche se si tratta di un'unica copia.
Dando per assodato il legittimo diritto alla tutela delle opere
dell'ingegno, non si capisce come mai alcune di queste opere debbano essere
"più tutelate" di altre. La nuova legge sul diritto d'autore, infatti,
introduce una discriminazione tra la copia del software e la copia di
musica. Se da una parte sono previste severe sanzioni penali per la copia
ad uso personale del software, dall'altra l'articolo 14 della stessa legge
stabilisce che la duplicazione di "un’opera dell’ingegno destinata al
circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi,
nastri o supporti analoghi" è punita solo "se il fatto è commesso per uso
non personale".
E' proprio in virtù di questo articolo che i senatori verdi Stefano
Semenzato e Maurizio Pieroni, nel corso di una conferenza stampa, hanno
regalato alcuni Cd-rom contenenti una compilation di brani musicali
scaricati da internet attraverso il sito Napster. I senatori, nella stessa
circostanza, hanno polemizzato apertamente contro la recente normativa sul
diritto d'autore, presentando un nuovo disegno di legge intitolato
"Tutela dell'uso personale e senza fine di lucro nella
riproduzione di software, libri di testo e brani musicali. Modifiche alla
legge 248/2000 sul diritto d'autore", che esclude esplicitamente qualsiasi
sanzione per la copia di software ad uso personale.
Questa iniziativa parlamentare, che difficilmente verrà approvata in questa
legislatura, è solo uno tra i tanti episodi della guerra tra i potentati
dell'informatica e i sostenitori della copia ad uso personale. In seguito
all'approvazione della legge 248/2000, la BSA (Business Software Alliance),
una organizzazione antipirateria finanziata e diretta dalle principali
aziende informatiche, ha pensato bene di festeggiare con uno spot
realizzato ad arte, che ha come protagonista uomo d'affari sottoposto ad un
confronto di polizia degno di un regime sudamericano. Il chiaro intento
dell'annuncio pubblicitario BSA è chiaramente quello di esercitare una vera
e propria azione di "terrorismo psicologico", prendendo di mira i singoli
utenti di prodotti informatici anziché le grandi catene criminali di
duplicazione abusiva. Lo spot è stato tempestivamente segnalato
all'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, secondo il quale la
pubblicità commissionata da BSA non è conforme all'articolo 8 del Codice di
Autodisciplina Pubblicitaria, in base al quale "la pubblicità deve evitare
ogni forma di sfruttamento della superstizione, della credulità e, salvo
ragioni giustificate, della paura"
Di fronte al pasticcio legislativo sul diritto d'autore, che ci ha colto di
sorpresa sotto l'ombrellone, rimane ben poco da fare. Una possibile
alternativa è quella di mettere in atto una forma di boicottaggio del
software commerciale utilizzando solo programmi e sistemi operativi liberi,
come ad esempio il sistema operativo Linux e la suite di programmi per
ufficio "Staroffice", in alternativa ai programmi prodotti dai "signori del
software". Un'altra possibilità, alla vigilia delle prossime elezioni, è
quella di chiedere al candidato del nostro collegio elettorale dov'era
quando è stata approvata la riforma sul diritto d'autore. Probabilmente
l'accordo con i grandi poteri economici dei giganti del software, giudicato
strategico alla vigilia di una scadenza elettorale, potrà trasformarsi in
un boomerang che tornerà indietro a colpire proprio quella classe politica
che credeva di trarre vantaggio dal sostegno indiscriminato a un forte
gruppo di potere e alle bieche misure repressive che tutelano gli interessi
di questo gruppo.
A tempo debito tutti i nodi vengono al pettine, e l'imminente scadenza
elettorale potrà essere un'ottima occasione per chiedere a chi vorrà
rappresentarci in Parlamento di esprimersi in merito a una legge che tutela
gli interessi delle grandi case produttrici di software ma non i diritti
delle singole persone, e punisce con la carcerazione la copia dei
programmi, anche se fatta senza scopi commerciali o criminali, ad uso
personale, ad uso didattico, a beneficio di associazioni, gruppi di
volontariato, organizzazioni non governative, scuole.
E' tempo che la copia ad uso personale dei programmi, che nulla ha a che
vedere con la cosiddetta "pirateria informatica", esca dalla clandestinità
e cessi di essere criminalizzata. E' tempo di legalizzare e accettare la
copia ad uso personale, pratica sociale che affonda le sue radici nella
storia dell'informatica, come una naturale evoluzione della tecnologia e
dei comportamenti sociali. Il lavoro dei programmatori non si tutela
mandando in galera altre persone, ma creando le condizioni affinché il
mondo dell'informatica non sia più dominato da nessun monopolio di fatto
che limiti la libertà di iniziativa nella programmazione.
STORIA DEL DIRITTO D'AUTORE SUL SOFTWARE
In Italia il diritto d'autore è regolato dalla legge 633 del 1941,
modificata a più riprese per includere anche i programmi software nella
lista delle "opere dell'ingegno" tutelate contro le possibili violazioni
del "copyright".
Il 23 dicembre 1992 il decreto legislativo 518/92 ha introdotto una prima
modifica alla legge 633/41. Anziché estendere ai programmi le stesse regole
valide per le altre opere dell'ingegno, il decreto ha riservato al software
un trattamento particolare, che punisce i "pirati di programmi" in maniera
molto più dura di quanto non si faccia con i pirati di musica o di libri.
Dietro questo "trattamento speciale", riservato unicamente alla copia del
software, molti esperti di informatica e giuristi hanno individuato le
pressioni esercitate dalle grandi case produttrici di software per far
approvare, a tutela dei loro interessi, una legge particolarmente punitiva
contro la copia dei programmi per elaboratore.
In merito alle pressioni esercitate dalla lobby del software per
l'approvazione del decreto 518/92 si sono espressi anche Renzo Ristuccia e
Vincenzo Zeno Zencovich, in un testo dal titolo "Il software nella
dottrina, nella giurisprudenza e nel D.LGS. 518/92", edito dalla Cedam di
Padova nel 1993. In questo testo si legge come la rapidità di approvazione
del decreto " ... fa ritenere che sicuramente il testo del decreto
legislativo fosse da tempo pronto e che attraverso la delega al governo si
sia tagliato corto al dibattito parlamentare, evitando persino il parere
delle Commissioni competenti, non previsto dalla legge delega. Il metodo è
certamente singolare e discutibile anche sotto altri profili. (...) Il
decreto chiude per l'Italia un dibattito ventennale sulla tutela giuridica
dei programmi per elaboratore elettronico. E' stato un dibattito condotto
con toni insolitamente accesi e che ha visto gli operatori del diritto
anteporre, forse più del lecito, gli interessi di una categoria
imprenditoriale all'analisi razionale degli strumenti giuridici utilizzabili. "
Lo "strumento punitivo" nascosto tra le righe del decreto legislativo
518/92 è l'aggiunta di un piccolo articolo, il 171 bis, un articolo
modificato il 26 luglio del 2000 in senso ancor più repressivo, senza che
in Parlamento o sui mezzi di informazione ci sia stato un dibattito serio
su una questione così delicata come la copia personale del software.
Prima della modifica del luglio scorso, l'articolo 171 bis recitava
testualmente che:
"Chiunque abusivamente duplica A FINI DI LUCRO programmi per elaboratore,
o, ai medesimi fini e sapendo o avendo motivo di sapere che si tratta di
copie non autorizzate, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo
commerciale, o concede in locazione i medesimi programmi, è soggetto alla
pena della RECLUSIONE da TRE MESI a TRE ANNI e della MULTA da L. 500.000 a
L. 6.000.000."
In base all'articolo 171bis, ad esempio, Giovanni Pugliese, segretario
dell'associazione pacifista PeaceLink, è stato processato come
"importatore, venditore e distributore di programmi a scopo commerciale"
per la semplice presenza nel suo computer di una copia (già installata) del
programma Word 6 di Microsoft, evidentemente adibita ad uso personale e
dell'associazione. Al termine di un iter giudiziario iniziato nel 1994 e
terminato nel 2000, Giovanni Pugliese è stato dichiarato innocente.
Per presunte violazioni (peraltro mai dimostrate) dell'articolo 171 bis,
nel maggio 1994 centinaia di nodi della telematica sociale italiana sono
stati oscurati, con una inutile catena di sequestri e processi (la più
grande operazione di polizia informatica della storia dell'umanità) che si
è conclusa con un nulla di fatto e ha avuto solamente un effetto
intimidatorio contro la copia ad uso personale del software. Tutti i
dettagli di questa "spedizione punitiva" contro la telematica sociale di
base sono contenuti nel libro "Italian Crackdown", disponibile in libreria
e anche in rete, all'indirizzo www.apogeonline.com/openpress.
Aggrappandosi all'articolo 171 bis si è cercato di dimostrare il "fine di
lucro" insito nella copia ad uso personale dei programmi, per molti versi
analoga alla copia di musica ad uso personale (pratica sociale ormai
accettata e diffusa).
In seguito all'approvazione delle prime modifiche alla legge 633/41, alcuni
magistrati più illuminati hanno fatto le necessarie distinzioni tra copia
ad uso personale e commercio su larga scala di software pirata, tra "scopo
di lucro" e semplice profitto. Le nuove modifiche alla legge sul diritto
d'autore sono nate proprio per contrastare questo orientamento
giurisprudenziale.
La più famosa di queste sentenze è quella del 26 novembre 1996, emessa
dalla pretura circondariale di Cagliari: copiare software non è reato,
almeno per quanto riguarda il caso esaminato dal giudice Massimo Deplano.
Nella sentenza si legge che " La duplicazione e la detenzione acquistano
rilievo penale in tanto in quanto siano finalizzate rispettivamente al
lucro ed alla commercializzazione. Tali condotte sono pertanto sanzionate
solo se sorrette dal dolo specifico indicato. In particolare deve ritenersi
che, di per se, la duplicazione del programma non solo non assurge in alcun
modo a fatto penalmente rilevante, ma è senza dubbio consentita dalla
normativa attuale in tema di diritto d'autore".
Deplano sostiene questa affermazione con argomenti ben precisi: "Ciò si
ricava (...) dall'articolo 68 della L. 633/1941 che permette, ed anzi
indica come libera la riproduzione di singole opere o loro parti per uso
personale dei lettori (rectius fruitori) con il limite del divieto di
spaccio al pubblico di tali beni onde logicamente evitare la lesione dei
diritti di utilizzazione economica spettanti al titolare del diritto
sull'opera. Si può pertanto escludere che violi la fattispecie citata il
soggetto, pubblico o privato che detenga per utilizzarla una copia
abusivamente duplicata del programma. L'elemento che rende invece
penalmente illecita la duplicazione è dato dal fine di lucro, dalla volontà
diretta specificamente a lucrare dalla riproduzione. Deve infatti
garantirsi al titolare dei diritti sull'opera il vantaggio esclusivo di
mettere in commercio il programma, e quindi di lucrarvi senza dover patire
e subire danni da illecite concorrenze".
E' interessante anche leggere il parere del magistrato riguardo alla
differenza tra lucro e profitto: "Invero il fine di lucro connota tutte le
fattispecie focalizzate dall'art. 171 bis, ma il suo significato dev'essere
chiarito. Il termine lucro indica esclusivamente un guadagno patrimoniale
ossia un accrescimento patrimoniale consistente nell'acquisizione di uno o
più beni; esso non coincide in linea di principio con il termine profitto,
che ha un significato ben più ampio. Il profitto può implicare sia il
lucro: quindi l'accrescimento effettivo della sfera patrimoniale, che la
mancata perdita patrimoniale ossia il depauperamento dei beni di un
soggetto. In altri termini nel profitto può rientrare anche la mancata
spesa che un soggetto dovrebbe, per ipotesi, affrontare per ottenere un
bene. Il lucro costituisce solo ed esclusivamente l'accrescimento positivo
del patrimonio; il profitto anche la sola non diminuzione dello stesso".
Proprio a causa di queste doverose distinzioni tra "lucro" e "profitto" che
avevano aperto una possibile breccia per la depenalizzazione della copia ad
uso personale del software, ancora una volta la lobby dell'informatica ha
utilizzato tutto il potere a sua disposizione per modificare le norme sul
diritto d'autore in direzione contraria all'orientamento espresso dagli
stessi magistrati. Nella nuova versione dell'articolo 171 bis, infatti le
parole "a scopo di lucro" sono state sostituite con la frase "per trarre
profitto". In pratica dal 26 luglio del 2000 anche chi trae profitto dalla
copia singola di un programma, cioè chi risparmia i soldi necessari per
comprarlo, va punito con la stessa durezza riservata a chi copia programmi
a scopo di lucro, per rivenderli clandestinamente e guadagnarci.
Carlo Gubitosa
<c.gubitosa@peacelink.it>
--------------ABCD81BF50151F31C28C9F64--