[FoLUG] Fwd: [Discussioni] Risposta alla lettera di MS a Cortiana
Michele Mordenti
michele.mordenti@tin.it
Gio 23 Set 2004 09:48:37 CEST
---------- Messaggio inoltrato ----------
Subject: [Discussioni] Risposta alla lettera di MS a Cortiana
Date: 01:34, giovedì 23 settembre 2004
From: Renzo Davoli <renzo@cs.unibo.it>
To: discussioni@softwarelibero.it
Avevo scritto la lettera che segue a Cortiana quest'estate.
Per qualche casino di comunicazione non ho ancora ricevuto acknowledge
da Fiorello Cortiana.
Ho pensato che poteva contenere qualche idea interessante e ho deciso
di renderla "lettera aperta" alla vigilia del faccia a faccia Cortiana
MS al Linux Expo di Milano.
Mi dispiace non poter andare a Mi, ma impegni presi mi legano a Bologna
per l'organizzazione legata alla partenza del nuovo Master.
Sono perplesso su quanto sia conveniente mostrare all'opinione pubblica
il software libero all'interno di confronti a' la ring pugilistico.
renzo
direttore del master in tecnologia del sw libero e open source
universita' di bologna
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LETTERA APERTA AL SENATORE FIORELLO CORTIANA
IN MERITO ALLA LETTERA DELLA MICROSOFT di meta' luglio 2004.
Ho letto con estremo interesse la lettera che la MS ti ha indirizzato.
Il mio primo pensiero e' stato: "abbiamo fatto bene il nostro lavoro".
In molti punti occorre dare atto che ci sono stati dei cambiamenti di
atteggiamento da parte di Microsoft e questo e' sicuramente dovuto
alla necessita' di confrontarsi con una crescente consapevolezza
politica ma anche del mercato e degli utenti sui rischi del software
proprietario e dei formati chiusi. La lettera rivolta a te ha
sicuramente toni molto diversi da quella scritta a suo tempo al tuo
omologo Villanueva in Peru'.
Questa consapevolezza l'abbiamo creata noi tutti con le nostre lotte
quotidiane, continuando a gridare a gran voce contro brevetti,
iperdiritti di autore ecc.
La lettera indica che le pubbliche amministrazioni devono operare senza
discriminare fornitori nella acquisto di beni e servizi.
Questo e' un principio sacrosanto.
Quanto alla valutazione di costi e benefici le pubbliche
amministrazioni hanno pero' responsabilita' superiori a quelle di una
azienda: devono valutare *non* il costo per l'ente o l'incidenza sul
bilancio pubblico ma i costi/benefici per l'intero sistema paese,
cittadini compresi.
Il caso limite e' quello di un fornitore che regali a scuole e enti
pubblici propri programmi che operino con formati proprietari chiusi e
quindi obblighino famiglie e imprese commerciali a comperare gli
stessi prodotti per interoperare con la pubblica amministrazione
(questa volta la ditta in questione non fornisce i programmi
gratuitamente!).
Questa e' una tassa occulta sui cittadini, anche se nel bilancio
dell'ente si e' perseguito il massimo rapporto costi/benefici.
In ogni modo le pubbliche amministrazioni e talvolta le aziende hanno
anche esigenze di trasparenza che mal si coniugano con programmi e
formati proprietari chiusi.
E' il caso per esempio del software di elaborazione dei risultati
elettorali: deve essere riconosciuto il diritto al cittadino o ad un
suo consulente, oltre che agli organi di giustizia di poter
controllare il funzionamento dei programmi in ogni dettaglio per
garantire l'imparzialita' del procedimento. E' lo stesso principio per
il quale le operazioni di spoglio elettorale sono pubbliche e non a
porte chiuse.
Un altro caso e' il software di analisi forense: il reperimento di
prove all'interno di sistemi informatici deve essere effettuata con
strumenti open source o almeno a sorgente pubblicato (che non e' la
stessa cosa!) per garantire l'imputato e l'accusa che le prove o la
mancanza di esse non sia frutto di una elaborazione errata. In genere
tutte quelle operazioni che coinvolgono l'uso di software e hanno un
potere probatorio o liberatorio illimitato dovrebbero consentire al
cittadino di poterne verificare o far verificare il funzionamento al
fine di evitare abusi. E' il caso per esempio del software per la
firma elettronica che assurdamente oggi viene fornito di fatto
esclusivamente con programmi proprietari chiusi che operano su sistemi
operativi proprietari chiusi e *non* interoperanti: lo sforzo di
creare un software libero di firma si scontra con cambiamenti non
documentati dei formati di registrazione e dei protocolli.
Devo purtroppo fare il mio mestiere di professore e segnare con la biro
rossa la frase: "Microsoft guarda all'Open Source con estrema
attenzione dimostrando di *avere ben compreso ed accolto
positivamente* le ragioni che sono alle sue origini". Il programma
Shared Source non ha *nulla a che vedere* con l'Open Source. Shared
Source non e' infatti elencata come licenza Open Source in
www.osi.org. Si gioca ancora una volta sul fatto che molti ritengono
la leggibilita' del sorgente l'unica condizione dell'Open Source, al
contrario perche' un programma possa definirsi Open Source occorre fra
le altre cose
(http://www.opensource.org/docs/definition.php):
* che i sorgenti siano "integralmente" leggibili (nessun 3% di codice
nascosto) e che siano disponibili a tutti e non a categorie specifiche
di utenti * che tali sorgenti siano modificabili e ridistribuibili
Shared Source non rispetta nessuna di queste regole e serve solo a dare
un privilegio di concorrenza per alcuni operatori rispetto ad altri e
a quanto pare come alibi.
E' vero che con sorpresa e soddisfazione abbiamo trovato alcuni
progetti di Microsoft in SourceForge. La comunita' e' aperta a tutti.
Per gotdotnet vorrei ancora una volta correggere il mittente della
lettera: il sito corretto e' www.gotdotnet.com e non www.gotdotnet.org
come indicato. Quel suffisso in realta' ha anche una valenza
semantica.
Per poter collaborare in gotdotnet occorre avere un account passport.
Le condizioni (terms of use) della registrazione di un utente nel
servizio .net passport di Microsoft prevedono:
http://www.passport.net/consumer/termsofuse.asp
------
SOFTWARE AND CONTENT AVAILABLE ON THE .NET PASSPORT SERVICES
All content and software (if any) that is made available to view and/or
download from the Web pages that are part of the .NET Passport
Services ("Software") is owned by and is the copyrighted work of
Microsoft and/or its suppliers. ------
E' uno strano modo di aver capito l'open source. Il software che
pubblico con sourceforge.org, il repository piu' importante di
software veramente open source, rimane mio, sourceforge non rivendica
diritti su esso al
contrario di MS.
Quello che Microsoft ha capito e' che le community generano ottime idee
e ottimo codice, e vuole attirare valenti creativi software nella sua
sfera di influenza.
D'altra parte se doveva essere un sito di collaborazione per progetti
open source che necessita' c'era di crearne un altro, sourceforge,
savannah e freshmeat funzionano benissimo.
E' curioso che oggi nella home page di gotdotnet ci sia linkato
un articolo su longhorn che rende ancora piu' chiara la strategia:
nel prologo dell'intervista al VicePresidente della Microsoft S. "Soma"
Somasegar in merito a Longhorn si legge infatti:
(http://news.com.com/Promoting+the+promise+of+Longhorn/2008-1012_3-5275
644.html): "Somasegar's job is to keep those programmers within the
Microsoft fold. His strategy is simple: give developers the tools to
write code securely and faster than Java and open-source
alternatives." cioe':
Il lavoro di Somasegar e' di mantenere quei programmatori dal lato di
Microsoft. La sua strategia e' semplice: dare agli sviluppatori i tool
(proprietari chiusi n.d.t) per scrivere codice in modo sicuro e piu'
veloce di quanto accada per Java o negli altri mondi Open-Source.
Mi pare una visione abbastanza opposta, di competizione con l'Open
Source e non di adesione al modello come si potrebbe frettolosamente
leggere nella lettera indirizzata a te Fiorello.
Se non si puo' che concordare che l'interoperabilita' sia un fattore
fondamentale dell'ICT, e' difficile credere che chi fino a ieri o a
stamattina questa interoperabilita' non la cercava e al contrario
fondava il proprio mercato sulla incompatibilita' e sui formati chiusi
cambi repentinamente rotta.
In realta' cio' che sta succedendo e' che i movimenti del software
libero e dell'open source sono riusciti a mostrare quale pericolo
rappresentino i formati e i programmi proprietari chiusi dal punto di
vista della dipendenza economica (e forse anche politica).
In questa crescente consapevolezza quale mercato possono avere i
possessori delle quote di maggioranza di alcune aree di mercato?
Quella di proporre formati proprietari con specifiche leggibili (non
aperte, non modificabili da terzi!). Queste aziende pubblicano le
specifiche dei loro formati e questo rende i loro software
interoperabili ed e' un grande passo avanti, ma al tempo stesso
mantengono il controllo dei formati che non possono avere evoluzioni
indipendenti. Forse e' questo che intende il dott. Dal Pino con Open
Standard.
Nella lettera si "auspica collaborazioni con gli enti di
standardizzazione; in particolare, i vocabolari XML dovrebbero essere
sviluppati tenendo conto degli elementi base specifici per
l'eGovernment" seguendo i risultati di studi dell'unione Europea.
Non appare chiaro come il linguaggio sia quello di un monarca assoluto
che fa concessioni?
Non e' che "si deve tener conto" delle esigenze della pubblica
amministrazione ma occorre che le aziende fornitrici sviluppino
esattamente cio' che serve alla pubblica amministrazione. E' la
domanda che deve formare il mercato in particolare cio' che serve alla
PA. Non e' la PA che deve adattarsi all'offerta e ringraziare se si e'
tenuto conto delle proprie esigenze ma l'azienda fornitrice che deve
consegnare cio' che e' richiesto come serve o rinunciare alla
fornitura.
Appare chiaro come i detentori di mercati dominanti stiano puntando
sull'inerzia al cambiamento per mantenere il mercato con formati che
non possono piu' essere completamente chiusi ma che possono essere
usati solo dal proprietario del formato e da quanti sono nella sua
corte.
E' il caso della XML Reference Schema Patent License dove si legge:
"Microsoft hereby grants you a royalty-free license under Microsoft's
Necessary Claims to make, use, sell, offer to sell, import, and
otherwise distribute Licensed Implementations solely for the purpose
of reading and writing files that comply with the Microsoft
specifications for the Office Schemas."
Suona piu' o meno cosi':
"Microsoft concede una licenza senza royalty (costi) ... per fare,
usare, vendere, rivendere, importare e distribuire implementazioni
sotto questa licenza esclusivamente allo scopo di leggere e scrivere
file che aderiscono alle specifiche degli Office Schema" Si legge
chiaramente che manca il diritto a modificare e migliorare gli schemi.
E' una interoperabilita' a senso unico, non ha nulla a che vedere con
gli standard aperti. Uno standard aperto e' tale solo se, fermi
restando i crediti a chi ha contribuito, tutti possono concorrere
liberamente a successive versioni estensioni in un regime di vera
libera concorrenza virtuosa.
Cosi', questa divulgazione a senso unico non e' che la riedizione del
solito controllo di mercato dominante con nuovi strumenti.
Per gli standard di Internet non e' cosi'. La IETF e' un organismo
indipendente, nessuno ha la proprieta' del TCP o dell'HTTP eppure mi
pare che le cose evolvano e siano altamente interoperanti con una
molteplicita' di attori in gioco. Cio' che appare non chiaro ancora al
dott. Del Pino e' che gli standard e il software open source fanno
riferimento ad un concetto di liberta' e non di costo.
Non e' la mera leggibilita' delle specifiche del formato che crea
libera concorrenza sul mercato, e' solo un piccolo passo in avanti.
Anche una accorta politica di aggiornamenti puo'
blindare il mercato da implementazioni parallele indipendenti o forse
addirittura in alcuni casi in futuro una politica di royalty per l'uso
del formato.
Non dimentichiamo che e' la stessa Microsoft che qui mostra un volto e
poi brevetta il doppio click e la registrazione dei prodotti software
on-line con trasmissione dei dati appena possibile (con grave
incertezze della privacy, cosa verra' veramente trasmesso? Occorre
fidarsi ad occhi chiusi, come il software chiuso appunto). Questi
Brevetti appaiono casi di Prior Art, applicazioni non originali,
ampliamente e comunemente utilizzate. A cosa servono tali simili
brevetti se non come armi legali contro il mondo?
Parliamo allora delle responsabilita' dei Governi, come espresse nella
lettera:
- devono dare garanzia al cittadino che ciò avvenga senza ledere i suoi
diritti di scelta, nel rispetto della sua sicurezza e privacy;
La sicurezza e' indipendente dal modello di sviluppo, dipende solo
dalla qualita' del software. Esistono ottimi prodotti con ottimi
livelli di affidabilita' sia nel mondo open source sia nel mondo
proprietario cosi' come ne esistono di pessimi.
Che la conoscenza delle procedure non sia di nocumento alla sicurezza
e' un principio ormai accettato da tutti da almeno 130 anni (Trattato
di Crittografia Militare, Kerckhoffs, 1883) e provato dai
numerosissimi (ottimi) software open source in uso anche in situazioni
critiche (e.g. www.netcraft.com la statistica dei web server indica
che il 67.70% circa usano il software Apache, open source).
Alcune considerazioni pero' sono necessarie a questo punto.
La privacy in prodotti proprietari non puo' essere che un atto di fede
nel costruttore del software. Non e' possibile in caso di dubbio
controllare o far controllare come realmente vengano trattati i propri
dati.
In caso di incidente (possono avvenire incidenti per ogni tipo di
software) se e' in uso software proprietario occorre attendere i
rimedi dalla ditta produttrice, col software open source singoli
utenti o gruppi possono creare (far creare) soluzioni o pallitivi in
modo indipendente.
- devono dare spazio all'innovazione, assicurando un mercato florido e
competitivo secondo regole chiare e trasparenti;
Vero. ma integriamo questo principio...
"che consentano a ogni operatore di poter essere protagonista sul
mercato, nella libera concorrenza delle idee". Deve essere garantita
la "Liberta' di pensiero algoritmico", il diritto di scrivere
programmi a partire da un foglio bianco senza che altri possano
rivendicarne diritti. Il Diritto al libero pensiero algorimico e' in
pericolo a causa dei Brevetti sul Software.
- devono consentire l'accesso alla conoscenza e lo sviluppo di
competenze da immettere sul mercato del lavoro.
Sono d'accordo. Occorre incentivare la conoscenza e le competenze che
consentano a chi le riceve di poter operare libere scelte, di potersi
aggiornare. Il fornire competenze "pubblicitarie" legate a specifici
prodotti non e' competenza dello Stato ma delle ditte interessate. I
governi devono incentivare la didattica super-partes, a molte voci, la
logodiversita'.
Anche da un confronto con il mondo della Biologia la migliore
evoluzione si ha dove c'e' diversita' nel patrimonio genetico. Quando
in un ambiente gli individui sono molto simili geneticamente la
popolazione risulta debole e molto soggetta ad attacchi virali. Mi ha
sempre incuriosito questo paragone con fenomeni nel mondo
dell'informatica...
- devono favorire una politica di riuso, per l'attuazione della quale
il fattore interoperabilità rappresenta il presupposto
imprescindibile;
Anche qui occorre attenzione: il riuso non deve diventare inerzia che
in molti casi puo' rendere cronici errori del passato. L'uso di
formati chiusi proprietari e l'omologazione del know-how hanno portato
a enormi costi di uscita (cioe' di cambiamento) per le pubbliche
amministrazioni. Per cortesia non sia il "riuso" un alibi per ripetere
errori! Occorre cambiare marcia: le PA devono essere protagoniste:
chiedere garanzie su software e formati per non rimanere piu'
impantanate in scelte obbligate per gli alti costi di cambiamento, a
quel punto i fornitori saranno in vera libera concorrenza e il riuso
sara' reale.
Io ristabilirei il principio come: "Devono favorire una politica di
riuso attraverso soluzioni che rendano il mercato piu' libero e con
una molteplicita' di attori. Per fare cio' risulta quale presupposto
imprescindibile l'interoperabilita' attraverso formati aperti". Dove
con formati aperti si deve intendere non solo leggibili ma non di
proprieta' di un singolo fornitore.
Le community e il modello bazaar hanno dimostrato che si puo' scrivere
ottimo codice anche per grandi progetti innovativi senza avere sulla
testa la cupola della cattedrale della grande software house.
Questo dimostra anche che il singolo cittadino ha la possibilita' (e il
diritto) di scrivere i propri programmi (il diritto di libero pensiero
algoritmico indicato prima). Occorre divulgare la consapevolezza di
poter essere protagonisti dell'ICT e di non voler essere sudditi dei
formati chiusi e proprietari ma liberi di poter scegliere.
Questa consapevolezza si sta facendo strada nonostante che nelle
scuole, in molti corsi universitari e nella formazione del personale
si educhino le persone ad essere spettatori e non protagonisti del
mondo dell'ICT: la patente europea potrebbe essere piu' efficacemente
essere sostituita da un corso generico di lettura di manuali e
l'informatica (quella vera, la scienza Informatica) potrebbe essere
insegnata nelle scuole come educazione alla scrittura di algoritmi.
Altrimenti pretendo che nelle scuole si insegni anche come si usano i
telefoni cellulari (www.eppdl.org), ascensori, centralini telefonici,
etc. Sono tutti strumenti di lavoro, esistono manuali e regole da
rispettare.
Un ultima nota, talvolta anche il lessico condiziona il modo di
pensare. Non esiste l'industria della musica cosi' come non esiste
l'industria cinematografica o peggio ancora l'industria del software.
Correttamente si parla di industria editoriale e non di industria
letteraria: la letteratura, come la musica, il cinema e il software
sono risultati di attivita' creativa. Parlare di industria della
musica sarebbe come parlare dell'industria delle ricerca. Nessuno
timbra il cartellino per produrre una sinfonia o un risultato
scientifico dalle 9 alle 5. L'industria puo' solo produrre i supporti
e divulgare quelli, infatti non vende musica o software ma solo
dischetti e diritti d'uso. Chiamiamo allora le cose come si deve: da
un lato c'e' l'industria editoriale, l'industria di distribuzione
cinematografica, l'industria di distribuzione di software, dall'altro
c'e' la musica, il cinema, la letteratura, l'informatica, la
matematica etc. che sono arti e scienze e non industrie!
renzo davoli
Direttore Scientifico
Master in Tecnologia del Software Libero e Open Source
Universita' di Bologna
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