[jobmarket] Re: [lavoro] sistemista junior

Franco Vite franco@firenze.linux.it
Ven 13 Maggio 2005 12:27:43 CEST


Ore 21:19, giovedì 12 maggio 2005, Nicola Rauseo ha scritto:
> Marco Ermini wrote:
> >Il tizio farà una brutta fine o imparerà sulla propria pelle, ma ci
> >saranno altri tizi come lui che lo "sostituiranno".
> >
> >Per quanto possa essere d'accordo con te, rimane il fatto che finché
> >ci sarà chi cala le braghe in questo modo, ci sarà un mercato
> > saturo, di conseguenza calano da una parte i nostri compensi, e
> > dall'altra il livello generale della nostra professione.
>
> chi si cala le braghe e non è costretto dalla necessità (e contro la
> crisi di un settore produttivo non c'è niente da fare) o è un
> incapace o è alla prima esperienza lavorativa. Se i "novellini" sono
> informati e non si fanno fregare alla fine restano solo gli incapaci
> ed il sistema di domanda offerta ritrova l'equilibrio è
> sull'informazione che si sono basate tutte le lotte sindacali
> all'inizio del secolo scorso prima ancora che sulla protesta.

Purtroppo (o per fortuna) non si possono fare paragoni con le lotte 
sindacali del secolo scorso, per il semplice fatto che è radicalmente 
cambiata qualla che allora veniva chiamata "composizione di classe".

Per tutto il secolo XX i lavoratori sono stati (si schematizza, 
ovviamente), in stragrande maggioranza o contadini (1900 - 1955) o 
operai (1955 - 200).

Nel primo caso le organizzazioni erano territoriali, e l'informazione 
circolava benissimo visto che si basava su comunicazione di vicinato, 
di comunità; nel secondo caso l'informazione era di fabbrica (le grandi 
fabbriche fordiste che hanno dominato il paese fino alla fine degli 
anni '70 e, in buona parte, per tutti gli anni '80), dove la 
comunicazione era ancora più semplice (e, infatti, si sono avuti i più 
importanti risultati del secolo, dal punto di vista dei lavoratori: 
dallo statuto dei lavoratori del '70 al CNL del '73 che è ancor oggi 
studiato da tutti gli storici del movimento operaio nel mondo).

Tuttto ciò è finito da un pezzo, ed oggi anche dentro le fabbriche su 
100 lavoratori ci decine di diverse tipologie di contratto e, 
addirittura, di datore di lavoro (Mirafiori è l'esempio più noto, ma è 
così ovunque).
La norma, cmq, rimane la "flessibilità", che tradotto in italiano sta a 
significare "0 diritti e pedalare".

La camera del lavoro di Milano ha calcolato che dal il 1996 ad oggi il 
70% dei neoassunti lombardi sono assunti sotto varie forme di 
precariato (dal tempo determinato in giù).

Ma oltre il contratto c'è pure il discorso sul luogo di lavoro (ed 
eccoci tornare alla questione "informazione"): se fino agli anni '80 la 
norma era lavorare in aziende con tanti dipendenti, oggi più dell'80 
delle aziende sta sotto i 15 (e ciao ciao stauto dei lavoratori). E 
diventa sempre più difficile creare relazioni che permettano quello 
scambio di esperienze e informazioni che sono la base per costruire un 
percorso di rivendicazione (a prescindere da quel che si vuole ottenere 
alla fine).

Per chi lavora nel nostro settore, poi, le cose sono ancora più 
disarticolate, ed è quindi ancora più difficile creare situazioni in 
cui i lavoratori del "settore" (a prescindere dai contratti ufficiali) 
si confrontino e tentino, anche solo vagamente, di costruire un 
percorso comune.

Ricordo l'hackmeeting di Bologna, nel 2002, in cui ci fu un partecipato 
ed acceso dibattito sulle questioni di cui sopra, che però non trovò 
sbocchi di sorta.

Così, per dare un piccolo contributo storiografico-sociologico, a somma 
di quelli filosofici che sono già passati :)

-- 
Franco
"Fondamentalmente il potere consiste nell'abilità, o nella capacità,
di infliggere agli altri una sofferenza".
	                                           Theodore Sturgeon


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