[LUGDucale] Fwd: [wii_libera_la_lavagna] Scuola e innovazione
fulvio restelli casa
fulvio.restelli@fastwebnet.it
Lun 27 Feb 2012 17:29:37 CET
Giro, con molto ritardo, questa riflessione di un'insegnante sulla
scuola italiana.
Si può essere d'accordo o meno, se volete fate girare a vostra discrezione..
Fulvio
*L’insegnante Claudia Fanti* (?) ha pubblicato in vari siti della rete
in questi giorni - io l’ ho letto su Garamond – questo articolo che mi
pare interessante. Ne farò delle copie per le scuole. Gli spunti di
riflessione sono notevoli per una lettura di fine vacanze. Mi permetto
di inviarvelo.
Buona Befana
A
*Per un made in Italy dell’istruzione*
Mentre il governo in carica si affanna per riportarci almeno a galla,
noi della scuola non sappiamo quale sia il nostro destino e quello delle
nostre fatiche per reggere l’impatto del tempo tiranno in cui viviamo.
Eppure a qualcuno di noi piace ancora pensare a un futuro auspicabile
nel quale sarà possibile insegnare e apprendere nel rispetto di ogni
singolarità, umanità. Un rispetto che tenga conto dei volti delle
persone che ci guarderanno dai banchi, nei corridoi spogli, nelle aule,
nei laboratori. Ecco, mi piacerebbe che quando si scrive o ragiona di
scuola, lo si facesse senza definire per categorie la cosiddetta utenza:
i giovani, le famiglie, i disabili, gli stranieri…mi piacerebbe che si
decidesse di “vedere” le persone e le loro infinite modalità di
approccio all’esistente, al sapere, al quotidiano vivere.
La scuola dovrebbe essere tenuta al riparo da ciò che si definisce con
il termine “pubblico” e da ciò che le manovre finanziarie ritengono di
dover fare per ridimensionare, tagliare, diminuire anziché aumentare. E
non importa che altre nazioni sappiano risparmiare, perché è proprio
questa l’ora in cui non si dovrebbe risparmiare sull’istruzione, ma
pensare alla sua dimensione espansiva. Le persone sono chiamate a fare
sacrifici. Eppure perfino per reggere i sacrifici ci vuole una solida
base culturale costruita con sapienza ed equilibrio.
E questo saper reggere non si impara dall’oggi al domani. Si apprende
strada facendo con l’attitudine al lavoro di squadra, alla riflessione,
con l’amore per il bello che si oppone al bello imposto dai consumi.
Perfino per incassare senza reagire con violenza a una manovra
finanziaria durissima ci vuole una scuola che alleni in modo colto e
arguto all’argomentazione, all’ironia, alla critica, al pensiero divergente.
Questa scuola non c’è da nessuna parte, né in Germania, né in America,
né In Francia… e…neppure in Italia.
Ma in Italia ci potrebbe essere eccome: si pensi ai secoli di cultura,
arte, bellezze, creatività che abbiamo alle spalle. Abbiamo mai
veramente tenuto in seria considerazione ciò che siamo stati, le nostre
origini? Ogni governo che si è succeduto, ogni ministro della pubblica
istruzione non ha incentrato il proprio lavoro sul patrimonio e sulla
storia specificamente italiana. Nessuno. Ci si è limitati a costruire
programmi, Indicazioni, a trovare obiettivi e finalità per formare un
cittadino al passo coi tempi contestuali guardando sempre a modelli
esterofili.
Eppure non è così che si crea qualcosa che vada a sostenere la
peculiarità italiana e la sua esigenza di far emergere la propria
diversità in Europa.
Dovremmo pensare a una scuola media e superiore che in continuità con
gli ordini che le precedono puntino in particolare (in forma strutturale
e non come un qualche progetto sperimentale avulso dal lavoro ordinario
e quotidiano) a valorizzare il patrimonio e a usare le materie in modo
assolutamente finalizzato a sviluppare reti di esse: fra matematica e
arte, fra lingua e matematica, fra storia e arte, fra geografia
(andrebbe potenziata) e turismo, fra turismo e arte, fra lingua
straniera e letterature, fra educazione tecnica e arte, fra geometria e
architetture, fra lingua italiana e latina, fra latino e filosofia, fra
filosofia, arte, ambiente, scienze naturali e natura in senso lato.
Dovremmo pensare a qualcosa di spiazzante che includa il valore che
diamo quasi soltanto noi in Europa alla persona, qualsiasi siano le sue
potenzialità, per mostrare all’Europa che c’è un’Italia che collabora
con i propri specifici apporti, ma non subisce le peculiarità altrui.
Un’Italia competitiva sul piano della cultura è quello che un governo
dovrebbe costruire utilizzando ogni precario, ogni educatore, ogni
docente anziano disponibile, ogni professionalità a disposizione, ma
anche liberando, in modo assolutamente gratuito, l’accesso per le scuole
ai musei, ai monumenti, a qualsiasi opportunità offra l’ambiente
intorno. Proprio nel momento in cui la crisi si fa più pesante, si
dovrebbe spendere per mostrare ai propri cittadini che non si viene meno
alla tutela della cultura dei figli di tutti. Proprio in questo momento,
più grande dovrebbe essere lo sforzo affinché le scuole di ogni ordine
e grado non venissero ridimensionate, bensì incentivate, anche
economicamente, per inventare nuove strade, nuovi percorsi culturali e
metodologici al fine di reagire al degrado e alla disperazione dei
suicidi (mi riferisco agli ultimi tragici avvenimenti umani di cui siamo
stati impotenti spettatori).
Insegnare a diventare maestri di se stessi ad ogni persona con la quale
ogni insegnante viene a contatto dovrebbe essere lo scopo di qualunque
ricerca pedagogica, ma anche di scelte ministeriali, affinché ciascuna
persona possa trovare dentro di sé la forza e le energie per dare
qualcosa di prezioso alla società tutta. Ecco, insegnare a diventare
maestra/o di se sessi è la sfida più grande e utile per ognuno e per la
collettività.
Per realizzare questo, è chiaro che ogni ordine di scuola deve fare la
propria parte abbandonando proprio gli idoli contemporanei della
meritocrazia, andando verso una dinamica di classe e di istituto che
apra la propria visone e con ampio respiro dia l’accesso alle proposte
culturali che emergono sia dagli stessi alunni, sia dal mondo esterno
dei media, dei quotidiani, dei musei, di Internet, ecc… Occorre che
compiti in classe, interrogazioni e voti siano la parte minore
dell’insegnamento, che venga ridimensionato il loro ruolo a favore della
pedagogia conversazionale, della pedagogia della ricerca sul campo,
della ricerca-azione, della scoperta in luogo della trasmissione,
dell’accesso ai libri e alle biblioteche, in luogo del libro di testo
che pure può servire come base da cui partire. Occorre che alunni e
alunne possano usufruire durante la giornata extrascolastica di
laboratori di lingua straniera, teatrale, scientifica, artistica (nel
senso più ampio: musica, danza, scultura, artigianato…)…come e quando lo
desiderano. Occorre che la scuola venga data alle mani dei giovani nella
gestione di laboratori e idee da sperimentare e da proporre. Occorre che
si capovolga il sistema: che ogni alunno/a senta la responsabilità del
proprio apprendimento, che si renda conto che le potenzialità, lo stile,
le modalità dell’apprendere e della costruzione del proprio futuro sono
nelle sue mani. Occorre che gli insegnanti prendano atto di essere
sapienti mediatori, accompagnatori, esploratori della realtà mutevole
insieme con gli alunni e le alunne. La lezione frontale, che pure è
utilissima per coordinare e informare, va superata, così come la rigida
scansione alle medie e alle superiori di orari, materie ognuna a se
stante, ognuna con il suo rituale di spiegazioni e verifiche, di compiti
a casa il più delle volte non eseguiti o mal eseguiti. Occorre risolvere
la questione annosa del tempo tiranno in favore di una didattica che
punti sull’approfondimento e non sulla fretta e sulla quantità. In
particolare bisogna evitare la canalizzazione precoce verso un mercato
che restringerebbe le possibilità del singolo di autoconoscere le
proprie tendenze e potenzialità nei vari campi del sapere e del saper fare.
Le generazioni a confronto non si devono fronteggiare, bensì incontrare
sul piano delle diverse competenze, anche se con responsabilità distinte.
Occorre oggi più di prima che il Ministro si accorga che il problema
della dispersione non si affronta richiamando all’uso della tecnologia
che pure è utilissima, bensì con l’incentivare le attività che vedono
insegnanti e alunni lavorare senza i lacci e i laccioli delle continue
verifiche e dei punteggi. Occorre che si renda conto che le personalità
degli alunni all’uscita dalla scuola elementare entrano in conflitto con
un modo di concepire la scuola da parte degli adulti che è in contrasto
con il loro desiderio di autonomia, di espressione, di creatività, di
porre domande e ottenere risposte alla cui formulazione essi possano
partecipare. Lo studio oggi è dinamico, fluido, in movimento. Oggi, la
scuola può introdurre a qualsiasi mondo del sapere, in maniera più
immediata con l’utilizzo sapiente di Internet. Poi può chiamare al
rigore nell’apprendimento accompagnando i ragazzi e le ragazze a un
lavoro di studio sulle tematiche scaturite in molteplici modi che
coinvolgano essi stessi alla cooperazione e alla solidarietà fra i
diversi stili di apprendimento e le differenti aspirazioni sia nella
produzione di riflessioni personali, sia nella produzione di materiali,
sia nell’organizzare forum, conferenze, scambi di vedute, aperture verso
il mondo esterno con esperti in ogni campo. Si pensi ad esempio a un
interscambio tra gli studi dei ricercatori dei dipartimenti di facoltà
con quelli di giovani studenti delle superiori motivati ad arricchire le
proprie conoscenze in ogni ambito.
Ma non basterebbe fornire di un tablet ogni banco! Assolutamente non
basterebbe, se l’operazione non fosse accompagnata da un incentivare
l’allontanamento dalla concezione che vede la scuola ingessata in rigidi
sistemi di valutazione, i quali per loro natura impongono giudizi e voti
a breve termine. Volere una scuola italiana, in stile storicamente
italiano invece vuol dire renderla simile alle botteghe artigiane nelle
quali l’apprendista si misura con la materia e con l’esperienza dei
vecchi maestri per poi rielaborare, ricreare, arricchire di valore
aggiunto con il lavoro gomito a gomito con il maestro e con i maestri di
altre botteghe in una catena di magisteri che costantemente si rinnovano.
Occorre non temere di spendere affinché le classi siano gruppi
numericamente ridotti, non di livello, bensì classi comunità nelle quali
gli inclusi possano essere di stimolo gli uni agli altri nel rispetto
delle diverse abilità, capacità e ruoli che i gruppi stessi si danno.
01 gennaio 2012
*Da:*daniela.bellabarba@tin.it <mailto:daniela.bellabarba@tin.it>
[mailto:daniela.bellabarba@tin.it <mailto:daniela.bellabarba@tin.it>]
*Inviato:* mercoledì 4 gennaio 2012 10:30
*A:* luiginaperini@virgilio.it <mailto:luiginaperini@virgilio.it>;
anita@cr-surfing.net <mailto:anita@cr-surfing.net>;
massimo.bosetti@gmail.com <mailto:massimo.bosetti@gmail.com>
*Oggetto:* progetto menteduepuntozero
Buongiorno a tutti. Ho provato a fare un po' di compiti per casa, (le
mie integrazioni sono in rosso) in attesa di ritrovarci per procedere
con la progettazione comune. Per i punti 5 e 6 avrei bisogno di alcune
dritte da Massimo. Comunque, visto che abbiamo deciso che è un work in
progress, fate tutte le correzioni-integrazioni del caso e poi fate
circolare. Credo però che sia importante avere tutto pronto almeno per
la fine di gennaio, in modo da cominciare a "batter cassa". Buona
giornata e godetevi questo ultimo scampolo di vacanze. daniela
PS spero che l'indirizzo di massiomo sia esatto, altrimenti chiedo a
luigina o anita di inoltrare!
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