[Scuola] Chiudiamo questa lista? [Era: metodi sperimentali]

Alberto Cammozzo ac+lists@zeromx.net
Fri Dec 16 22:43:42 CET 2016


On 12/16/2016 12:57 PM, Damiano Verzulli wrote:
> mi "inserisco" per (aiutare a) fare ordine in questa complessa e
> articolata discussione.
>
> Conto di spendere qualche ora stanotte per scrive qualcosa di piu'
> dettagliato.
>
> Nel frattempo, pero':
>
>
> Il 16/12/2016 12:33, Alberto Cammozzo ha scritto:
> > On 12/16/2016 12:00 PM, Alessandro Rubini wrote:
>
> > I tempi sono cambiati, è vero: una volta Internet era libero, ora non
> > lo è più.
>
> Non sono d'accordo sull'affermazione. "Internet" (in senso letterale) e'
> basata su standard apertissimi (penso a IP, TCP, UDP, etc.). Ed anche
> molti dei servizi che stiamo citando si basano su solide basi "libere"
> (penso a HTTP e SMTP, giusto per fare due esempi).
Ciao Damiano,
cerco di chiarire.

Certo, i protocolli da RFC sono liberi, ma sono gli strati più bassi, il
supporto di strati più alti, le applicazioni web, che sono proprietari,
e sono quelli in cui ci sono gli utenti e i dati.
Sarebbe come dire che siccome un programma è stato compilato con il
compilatore gcc è libero.

L’architettura originaria di Internet favoriva la libertà e concorrenza
perché centrata su protocolli interoperabili tra diverse applicazioni,
tipicamente decentrate, e non su applicazioni verticali centralizzate.
Se i social fossero stati sviluppati come SMTP, ci sarebbe un protocollo
(SNTP?) che avrebbe permesso a client e server (diversi tra loro,
interoperabili, proprietari e non) di scambiare dati e svolgere la
funzione che oggi svolge Facebook, twitter &co. Lo stesso per l'instant
messanging, il video, il voip, eccetera.
Invece abbiamo tutte applicazioni verticali, proprietarie, non
interoperabili.

Oggi gli RFC sembrano fermi, tutti cercano di sviluppare applicazioni
proprietarie o al massimo usano i protocolli liberi come base per
elaborare servizi proprietari.

Non sono io a dirlo, eh, ma proprio quelli che sviluppano "app di
successo" e perfino libere: l’espressione molto efficace usata da Moxie
Marlinspike (Whisper Systems) è "cannibalizing a federated
application-layer protocol into a centralized service" [1], ed è a suo
dire una ricetta sicura per il successo.

Avrà ragione, ma il risultato generale dell’approccio verticale
centralizzatore è la corsa al monopolio e la distruzione dell'approccio
cooperativo.
Chi ci perde: tutti. Chi ci guadagna: chi vince. Chi può tentare di
vincere: chi è già in vantaggio.
Questo ha una scia di conseguenze sugli utenti, a partire dall’assenza
di scelta, passando per il lock-in fino ai problemi con i dati
personali, di cui vediamo l’inizio.

E a dire che il Web è morto non sono solo io, è anche Tim Berners Lee
che lo ha "inventato" e che ora cerca di rianimarlo, senza troppo
seguito [2] ...

>
> Il problema credo sia negli utenti, che finiscono per utilizzare servizi
> che, seppur appoggiandosi a questi standard, ne "distorcono" il fine
> iniziale.
>
> Ma questo, a mio avviso, non significa che "Internet non e' libero". E'
> il modo in cui gli utenti (inclusi molti docenti e moltissimi studenti)
> lo usano che crea problemi.
>
> O no?
> > E' una piattaforma pubblicitaria proprietaria.
>
> Stessa obiezione di cui sopra. Distinguerei fra Internet (in senso
> letterale) ed i social/servizi cui facciamo riferimento. Sono due cose
> diverse.
>
> Probabilmente i secondi sono in grado di ammazzare la prima... ma non ne
> sono cosi' convinto: le chance che la prima abbia vita piu' lunga dei
> secondi mi paiono rilevanti.

Non lo ammazzano, si guardano bene dal farlo: vi si appoggiano e lo
snaturano.
Ma la vita sta abbandonando Internet lo stesso.
In 53 paesi del mondo Facebook offre Free Basics[3], la connessione a
Internet che include solo Facebook.
Non sarà colpa degli utenti se non possono accedere ad altro...
Non direi che Internet è libero. Non più. E lo è ogni giorno meno.
Certo non come era qualche anno fa quando essere utente nella rete
significava qualcosa di più di usare solo HTTP e su un numero limitato
di siti.

>
> Ma forse ho capito male il punto che sollevi.
>
>
>
> > Ha senso il software libero in un Internet proprietario?
>
> Non riesco ad inquadrare il senso della domanda (sulla base dei due
> commenti di cui sopra). Chiariamo la questione ed allora ne riparliamo in
> dettaglio.

"Internet" come sistema aperto sostanzialmente non esiste più.
E' l'infrastruttura tecnologica sulla quale poggiano servizi proprietari
che servono a veicolare pubblicità e raccogliere dati personali.
Marketing e sorveglianza.
Che rilevanza ha che il sistema operativo e il browser che usi siano
liberi se il programmi che detengono e manipolano i tuoi dati sono
proprietari?
Che rilevanza ha il fatto che l'ultimo protocollo che negozia i dati tra
server e client sia aperto se chi ha i tuoi dati sa più cose su di te su
quante ne sai tu stesso?
Dov'è la libertà?
Non facciamo come quello che crede che Snowden sia una marca di sci!

Ciao,

Alberto

[1] <https://whispersystems.org/blog/the-ecosystem-is-moving/>
[2] <http://www.digitaltrends.com/web/ways-to-decentralize-the-web/>
[3] <https://info.internet.org/en/story/where-weve-launched/>

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