Re: [jobmarket] Della prec arietà

Marco Ermini marco.ermini@gmail.com
Gio 12 Maggio 2005 10:31:23 CEST


On 5/11/05, Giorgio Zarrelli <zarrelli@linux.it> wrote:
[...]
> In effetti, il corso in Filosofia non ti prepara a una pratica tecnica
> particolare. Dovrebbe insegnarti un metodo di analisi, uno scetticismo di
> fondo, dovrebbe costringerti a estendere il tuo modo di vedere la realtà per
> includere ciò che non è ovvio e ciò che non vorresti considerare.

In questo senso spero sia stata efficace anche nei miei confronti.


> > Meglio di no. Vabbene che sei abituato al ritratto di Hegel che
> > campeggia in molte copertine dei suoi libri, o alla foto di Marx da
> > vecchio (roba abbastanza truce, converrai ;-) ma è meglio se tieni la
> > cornicetta per i tuoi cari :-)
> 
> A parte i miei esami su Kant ed Hegel, quest'ultimo apprezzato come ultimo
> vero teologo "laico", più che Marx ho gustato Labriola, Salvemini e Lucacks.

György Lukàcs - scusami tanto ma è solo perché è un mio connazionale,
ci tengo a scriverlo bene ;-)


> Ma, a dire il vero, non sono affatto convinto delle tesi di fondo del
> socialismo.

Ammesso che quello che è passato da Owen a Fourier, da Marx ai suoi
molteplici e variegati epigoni (gente MOLTO variegata, da Brecht a
Stalin e Mao...), abbia un'unica inequivocabile tesi di fondo, della
qual cosa io dubito fortissimamente. Non vorrei dire una banalità, ma
se mi ha insegnato qualcosa Marx è a non essere marxista, piuttosto a
leggere i filosofi (pensatori, politici, critici, scrittori, o come si
dice oggi, "opinionisti"...) non come monadi sospese nell'etere ma
come figli del proprio tempo.

Io credo che un pensatore della profondità di Lukàcs (tanto per citare
qualcuno che conosciamo - il mio primo esame è passato da 15 gg
totalmente immersi nel suo "Giovane Hegel" ;-) non si rendesse
perfettamente conto che i 4/5 delle cose scritte da Lenin fossero ben
poco "filosofico-critiche" quanto pamphlet politici che cambiavano
idea molto
repentinamente e molto poco "scientificamente"? (non so, dal "che
fare" del 1903 a "stato e rivoluzione" del 1917... sembra un altro
autore).

Personalmente mi piace di più pensare ad un'"idea di utopia" in
evoluzione, che parte da Thomas More e Tommaso Campanella ed arriva
agli anarchici della Catalogna degli anni '30... lo so che suona come
la grande Chiesa di Jovanotti che va da Che Guevara a Madre Teresa, ma
così mi piace :-)

NON sono comunque del partito che crede che Platone ed Hegel siano i
profeti del totalitarismo (in questo forse siamo affini :-) per quanto
rispetto possa avere per Popper :-)


[...]
> > A me non hanno chiesto MAI "cosa ne penso"...
> 
> E questo è l'errore marchiano. Capisco i primi due o tre anni di
> indottrinamento storicistico, quelli ci vogliono per dare delle basi
> "dottrinali", ma a un certo punto va stimolata la riflessione. Alcuni dei
> seminari che ho frequentato sono stati decisamente più stimolanti e
> interessanti per la formazione di un senso critico rispetto ai tradizionali
> corsi istituzionali. A un certo punto, bisogna uscire dalla storia della
> Filosofia per entrare nel pensiero critico.

Anche la mia precipua fonte di riflessione sono stati i seminari (mi
ricordo Marino Rosso, all'epoca uno dei più grandi conoscitori di
Wittgenstein, che si _rifiutava_ di diventare professore nonostante le
pressioni: faceva _soltanto_ seminari, la qual cosa gli conferiva /di
per sé/ un'aura di eccellenza... il che poi suscitava a sua volta in
me scetticismo pure nei suoi confronti :-) e gli esami dati in altre
facoltà (l'esame di storia moderna in particolare) che sono stati
fonte di riflessione proprio perché "uscivano dal seminato" e mi
costringevano ad "intrecciarli" con la riflessione filosofica.

La facoltà in sé era stantìa, nella sua apparente "profondità" era in
fondo piatta e monotematica, all'epoca ben poco aperta ad "intrecci"
con altri "mondi". Oggi so che ci sono interessanti spunti, ho visto
che a Firenze c'è un master misto di informatica/filosofia che sembra
molto interessante; penso che sia dovuto anche al fatto che non attira
gli studenti, perché ti costringe ad entrare nel mondo del lavoro da
un pertugio dall'accesso più faticoso... anche se magari questa
maggiore fatica iniziale può ripagare in seguito (questa è la
speranza).


> > Sono d'accordo. Mi riferivo al "pezzo di carta", non alla Filosofia
> > che qui tu giustamente scrivi con la maiuscola...
> 
> Mah, di per sé il pezzo di carta serve a far quadri. Ho un 110 e Lode
> incorniciato, ma quello rimane come ricordo. Ho passioni, interessi e uno
> struggente scetticismo, che rimangono dentro e mi accompagnano ovunque e
> sempre.

In effetti il mio "rimpianto" è solo nel fatto che avevo una
tranquillissima media del 30 :-)
Per il resto... mi cambia solo il biglietto da visita


> Poi, mi ritrovo a gestire progetti IT, a fare il sistemista o a tirare a
> campare in modi diversi, ma quello è, utilizzando un termine caro alla
> Filosofia, solo un "accidente".

Se non sbaglio, parli della Metafisica di Aristotele?... :-P

> Giorgio


Ciao.
-- 
Marco Ermini
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Dubium sapientiae initium. (Descartes)
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