[jobmarket] Della prec arietà

Giorgio Zarrelli zarrelli@linux.it
Gio 12 Maggio 2005 11:29:36 CEST


Alle 10:31, giovedì 12 maggio 2005, Marco Ermini ha scritto:

> In questo senso spero sia stata efficace anche nei miei confronti.

Eheheheh, questo lo sai tu.

> György Lukàcs - scusami tanto ma è solo perché è un mio connazionale,
> ci tengo a scriverlo bene ;-)

Mah, ci sono grafie diverse. A parte gli accenti, che mi rifiuto di cercare 
sulla tastiera :)

> Ammesso che quello che è passato da Owen a Fourier, da Marx ai suoi
> molteplici e variegati epigoni (gente MOLTO variegata, da Brecht a
> Stalin e Mao...), abbia un'unica inequivocabile tesi di fondo, della
> qual cosa io dubito fortissimamente. Non vorrei dire una banalità, ma
> se mi ha insegnato qualcosa Marx è a non essere marxista, piuttosto a
> leggere i filosofi (pensatori, politici, critici, scrittori, o come si
> dice oggi, "opinionisti"...) non come monadi sospese nell'etere ma
> come figli del proprio tempo.

Beh, lasciamo perdere le controversie filosofiche che su jobmarket sono un po' 
fuori luogo. Che il materialismo abbia qualche merito, non è in dubbio. Che 
abbia insegnato una certa lettura della tradizione del pensiero, insomma. Che 
il socialismo debba all'idealismo il proprio sostrato filosofico, 
interpretandolo in maniera riduttiva, questo si.

> Io credo che un pensatore della profondità di Lukàcs (tanto per citare
> qualcuno che conosciamo - il mio primo esame è passato da 15 gg
> totalmente immersi nel suo "Giovane Hegel" ;-) non si rendesse
> perfettamente conto che i 4/5 delle cose scritte da Lenin fossero ben
> poco "filosofico-critiche" quanto pamphlet politici che cambiavano
> idea molto
> repentinamente e molto poco "scientificamente"? (non so, dal "che
> fare" del 1903 a "stato e rivoluzione" del 1917... sembra un altro
> autore).

Ti dirò, di questo autore mi ha letteralmente affascinato un suo passo in 
"Storia e Coscienza di Classe", in cui opera una riduzione metafisica 
dell'uomo nell'essenza utilitaristica del tempo. Io definirei questo passo, 
ma del tutto personalmente, poetico e di una potenza che solo fino 
all'idealismo si poteva ancora riscontrare.

> Personalmente mi piace di più pensare ad un'"idea di utopia" in
> evoluzione, che parte da Thomas More e Tommaso Campanella ed arriva
> agli anarchici della Catalogna degli anni '30... lo so che suona come
> la grande Chiesa di Jovanotti che va da Che Guevara a Madre Teresa, ma
> così mi piace :-)

Mah, io sono sempre convinto di ciò che diceva Hobbes nel "De Cive", ovvero 
che l'esperienza sociale dell'uomo è mossa da un fine utilitaristico, dalla 
necessità di autoconservazione. Se astraiamo da questo sostrato quasi 
"organico", fondiamo stupende utopie che, in quanto utopie, sono per 
definizione irraggiungibile. Che poi il cattocomunismo e il cattolicesimo 
siano, in quanto "catto", passami lo humor, utopie, questo la dice lunga.

> NON sono comunque del partito che crede che Platone ed Hegel siano i
> profeti del totalitarismo (in questo forse siamo affini :-) per quanto
> rispetto possa avere per Popper :-)

Bah, il pensiero di Hegel è una teologia, potente, unitaria, che lascia poco 
agli uomini e molto all'uomo. Giudicare Platone con un metro che appartiene 
alla misura del nostro tempo è una pratica che pecca di, ahem, assolutismo :)

> Anche la mia precipua fonte di riflessione sono stati i seminari (mi
> ricordo Marino Rosso, all'epoca uno dei più grandi conoscitori di
> Wittgenstein, che si _rifiutava_ di diventare professore nonostante le
> pressioni: faceva _soltanto_ seminari, la qual cosa gli conferiva /di
> per sé/ un'aura di eccellenza... il che poi suscitava a sua volta in
> me scetticismo pure nei suoi confronti :-) e gli esami dati in altre
> facoltà (l'esame di storia moderna in particolare) che sono stati
> fonte di riflessione proprio perché "uscivano dal seminato" e mi
> costringevano ad "intrecciarli" con la riflessione filosofica.

Ahahahahah, sai, Filosofia rischia di far diventare spocchiosi pure i sassi. 
Nessuno mi toglie il dubbio che l'insegnante del seminario che più mi ha 
affascinato, sul giovane Hegel, rivestisse i libri di carta da pacchi per una 
sorta di snobismo. Spocchiosità da cui, forse, nemmeno io sono al riparo.

Poi, nei seminari hai una minore pressione istituzionale e quindi hai un 
ambiente più favorevole.

> La facoltà in sé era stantìa, nella sua apparente "profondità" era in
> fondo piatta e monotematica, all'epoca ben poco aperta ad "intrecci"
> con altri "mondi". Oggi so che ci sono interessanti spunti, ho visto
> che a Firenze c'è un master misto di informatica/filosofia che sembra
> molto interessante; penso che sia dovuto anche al fatto che non attira
> gli studenti, perché ti costringe ad entrare nel mondo del lavoro da
> un pertugio dall'accesso più faticoso... anche se magari questa
> maggiore fatica iniziale può ripagare in seguito (questa è la
> speranza).

Passati da Filosofia si può andare ovunque, ma che fatica.

> In effetti il mio "rimpianto" è solo nel fatto che avevo una
> tranquillissima media del 30 :-)

E buttala via :) C'è sempre tempo per riprendere e concludere.

> Per il resto... mi cambia solo il biglietto da visita

Bah, giusto se vuoi fare il dirigente in qualche grande azienda.

> Se non sbaglio, parli della Metafisica di Aristotele?... :-P

E, ironia della sorte, Metafisica era un termine ignoto ad Aristotele.

Così è la vita, ahahahahah.

Giorgio


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