[LUG-Ischia] Legge Urbani denunciata in Europa

Linux User Group Ischia info@lug-ischia.org
Mar 16 Nov 2004 14:14:23 CET


Legge Urbani denunciata in Europa
A disinnescare i suoi effetti ci prova l'associazione NewGlobal.it: dopo il 
fallimento delle modifiche alla normativa si cerca la via europea. Perché la 
legge, spiegano gli esperti, viola il trattato istitutivo dell'Unione 

Una situazione insostenibile? 

16/11/04 - News - Roma - L'intenzione è chiarissima: denunciare il Decreto 
Urbani, poi convertito in legge, in quanto costituisce una violazione del 
trattato istitutivo della Comunità europea nonché di ben due direttive 
europee in tema di "società dell'informazione". 

Così ribadisce a Punto Informatico il presidente dell'associazione 
NewGlobal.it (www.newglobal.it), Ettore Panella, illustrando il senso di un 
esposto redatto dall'avvocato Gianluca Navarrini, membro del comitato 
scientifico dell'Associazione, un esposto che tenta, spiega Panella, di 
"disinnescare la legge Urbani". 

Una legge, insiste Panella, "la cui grottesca approvazione ha visto un 
Ministro in carica chiedere espressamente ai senatori di votare un decreto 
falsato da punti di esagerazione che rendono francamente iniqua e 
inapplicabile la legge" e promettere la rapida approvazione di modifiche 
correttive. 

Come ben sanno i lettori di Punto Informatico, da allora sono passati più di 
cinque mesi e le modifiche giacciono inascoltate 
(punto-informatico.it/p.asp?i=50361) sul tavolo di una Commissione che si è 
fin qui ben guardata dall'approvarle. 

L'esposto, ha spiegato Panella, è rivolto alla Commissione Europea affinché 
provveda a far rispettare le direttive violate "benché le dette direttive, 
laddove si occupano di diritto d'autore, non siano certo migliori di quelle 
nazionali". 

L'occasione è ghiotta per l'associazione, da lungo tempo impegnata su questo 
fronte, per tentare di riaprire il dibattito in Europa sulla proprietà 
intellettuale "alla luce - spiega Panella a PI - dei principi enunciati 
nella recente Dichiarazione di Ginevra sul Futuro dell'Organizzazione 
Mondiale per la Proprietà Intellettuale". La speranza di NewGlobal.it 
evidentemente, come sottolinea lo stesso Panella, è che il procedimento 
europeo stimoli il Parlamento italiano a scuotersi dal suo sonno in materia 
di tutela delle libertà digitali e che "la procedura di infrazione contro 
l'Italia, possa decadere in virtù della sollecita approvazione delle 
promesse modifiche della legge Urbani". 

Di seguito il testo dell'esposto presentato alla Commissione Europea. 

L'esposto 

ESPOSTO
avente ad oggetto: La violazione da parte della Repubblica Italiana del 
Trattato istitutivo della Comunità Europea;
della Direttiva n. 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 
giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società 
dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato 
interno;
della Direttiva n. 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 
maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e 
dei diritti connessi nella società dell'informazione. 

1. Con la legge 18 agosto 2000, n. 248, l'Italia ha introdotto diverse 
novità nel corpo della legge 22 aprile 1941, n. 633, contenente la 
disciplina generale della protezione del diritto d'autore e dei diritti 
connessi al suo esercizio (legge sul diritto d'autore: di seguito l.d.a.). 

In particolare, la legge del 2000 - integrata dal Decreto del Presidente del 
Consiglio dei Ministri 11 luglio 2001, n. 338, recante il Regolamento di 
esecuzione - ha imposto l'applicazione di un contrassegno su ogni supporto 
contenente software, suoni, voci o immagini in movimento, destinate al 
commercio o alla cessione a fine di lucro. Il contrassegno (costituito in 
pratica da un adesivo, detto bollino) è apposto di regola dalla Società 
Italiana Autori ed Editori (SIAE) previa attestazione, da parte del 
richiedente (il produttore del supporto, ovvero l'importatore), 
dell'avvenuto assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa sul 
diritto d'autore e sui diritti connessi. 

Caratteristica peculiare del bollino in discorso è quella di individuare 
esattamente l'opera dell'ingegno contrassegnata, il suo autore, il 
produttore ed il numero di copie immesse sul mercato (art. 181-bis, comma 5, 
l.d.a.). E la mancata applicazione del contrassegno, la sua contraffazione, 
ovvero la falsa attestazione dell'avvenuto assolvimento degli obblighi di 
legge, sono condotte sanzionate penalmente, rispettivamente dagli artt. 
171-ter, comma 1, lettera d), e dall'art. 171-septies, lett. b), l.d.a., con 
la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2'580 a 
15'480 euro. 

Sia la dottrina sia la giurisprudenza italiane hanno sottolineato che la 
normativa sul contrassegno è da considerarsi posta - anche nei confronti del 
produttore o dell'importatore - a tutela dell'autore, giacché a quest'ultimo 
il bollino consente di verificare presso la SIAE il numero di supporti 
contrassegnati ed immessi sul mercato dallo stesso produttore o importatore. 

2. Con le direttive n. 2000/31/CE e n. 2001/29/CE, la Comunità europea ha 
inteso armonizzare le diverse normative degli Stati membri ed ha loro 
imposto di adeguarsi a standard omogenei in materia di "società 
dell'informazione". 

In entrambe le direttive richiamate, infatti, si rileva che lo sviluppo del 
mercato interno europeo impone di sopprimere gli ostacoli alla libera 
circolazione delle merci e dei servizi. Ed uno degli ostacoli principali 
viene individuato nella divergenza tra le normative nazionali, nonché 
nell'incertezza sul diritto nazionale applicabile ad attività per 
definizione delocalizzate come quelle che si svolgono per il tramite della 
rete telematica (cfr. direttiva 2000/31/CE, punti 5 e 6 del "considerando"; 
direttiva 2001/29/CE, punti 6 e 7 del "considerando"). 

Nelle stesse direttive, inoltre, si richiamano espressamente gli articoli 43 
e 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea, che vietano - fino alla 
instaurazione del mercato unico interno - le restrizioni alla libera 
prestazione dei servizi all'interno della Comunità. 

Entrambe le direttive sono state recepite dalla Repubblica Italiana con i 
Decreti Legislativi nn. 68/2003 e 70/2003, riguardanti la riforma della 
legge sul diritto d'autore, il primo, e la disciplina del commercio 
elettronico, il secondo. 

Già alla luce di tali novità normative, a sommesso parere di chi scrive, 
l'Italia avrebbe dovuto provvedere all'abrogazione della disciplina del 
contrassegno SIAE, imposto con la legge n. 248/2000, giacché con esso si 
erano introdotti elementi di difformità normativa - rispetto alla disciplina 
del diritto d'autore dettata dagli altri Stati membri - tali da opporre non 
piccoli ostacoli alla creazione di un mercato unico europeo. E - sempre a 
modesto avviso dei sottoscritti - non avrebbe pregio invocare a 
giustificazione della disciplina sul contrassegno SIAE il combinato disposto 
degli artt. 30 e 95, paragrafo 4, del Trattato istitutivo della Comunità 
Europea. 

Le richiamate disposizioni, infatti, giustificano il mantenimento di 
normative nazionali difformi rispetto alle direttive di armonizzazione 
comunitaria, laddove ex multis ricorrano ragioni di tutela della proprietà 
industriale e commerciale. E, notoriamente, il diritto d'autore - pur 
essendo collocato nella vastissima categoria della proprietà intellettuale - 
non appartiene alla sistematica della proprietà industriale e commerciale, 
nella quale, invece, vanno collocate le cosiddette privative industriali - 
marchi e brevetti - ed i beni aziendali. 

Alla luce di quanto detto, perciò, il contrassegno SIAE avrebbe dovuto 
essere prontamente eliminato dal panorama normativo italiano, al fine di 
omogeneizzare la disciplina interna del diritto d'autore a quella comune 
agli altri Stati membri. 

3. Viceversa, con l'art.1, comma 1, del Decreto Legge 22 marzo 2004, n. 72, 
convertito nella Legge 21 maggio 2004, n. 128, su impulso del Governo, 
l'Italia ha introdotto nel proprio ordinamento interno - in via d'urgenza - 
il contrassegno virtuale, con la seguente disposizione: "Al fine di 
promuovere la diffusione al pubblico e la fruizione per via telematica delle 
opere dell'ingegno e di reprimere le violazioni del diritto d'autore, 
l'immissione in un sistema di reti telematiche di un'opera dell'ingegno, o 
parte di essa, è corredata da un idoneo avviso circa l'avvenuto assolvimento 
degli obblighi derivanti dalla normativa sul diritto d'autore e sui diritti 
connessi. La comunicazione, di adeguata visibilità, contiene altresì 
l'indicazione delle sanzioni previste, per le specifiche violazioni, dalla 
legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni. Le relative 
modalità tecniche e i soggetti obbligati sono definiti con decreto del 
Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro delle 
comunicazioni, sulla base di accordi tra la Società italiana degli autori ed 
editori (SIAE) e le associazioni delle categorie interessate. Fino 
all'adozione di tale decreto, l'avviso deve avere comunque caratteristiche 
tali da consentirne l'immediata visualizzazione". 

La denominazione di contrassegno virtuale - attribuita all'informativa 
obbligatoria - è dovuta alla innegabile (ma solo apparente) somiglianza al 
contrassegno disciplinato dall'art. 181-bis l.d.a., di cui sembrerebbe avere 
analoghe caratteristiche e funzioni. 

Come risulta chiaramente dal comma 7, secondo inciso, dello stesso art. 1, 
D.L. n. 72/2004, l'omessa applicazione del contrassegno virtuale determina 
l'applicazione di una sanzione amministrativa compresa tra un minimo di 103 
ed un massimo di 10.000 euro. Non risulta, invece, chiaro se la falsa 
attestazione dell'avvenuto assolvimento degli obblighi derivanti dalla legge 
sul diritto d'autore sia in qualche modo perseguibile penalmente, mancando 
ogni riferimento all'art. 171-septies, lett. b), l.d.a. 

Ulteriori aspetti critici della norma sono quelli riguardanti da una parte 
le modalità tecniche con cui ogni opera dell'ingegno immessa in rete debba 
essere corredata dall'informativa, dall'altra i soggetti tenuti al rispetto 
del nuovo obbligo. Malgrado tali aspetti, infatti, debbano essere 
determinati con un separato Decreto del Presidente del Consiglio dei 
Ministri italiano - entro tempi non meglio precisati - il testo del D.L. n. 
72/2004, in attesa delle dette precisazioni, impone a tutti coloro che 
immettono in rete un'opera dell'ingegno l'applicazione di un contrassegno 
virtuale di adeguata ed immediata visibilità. 

Infine, non è chiaro quale sia l'ambito territoriale di applicazione della 
nuova disciplina, visto che essa fa espresso riferimento alle opere 
dell'ingegno tutelate dalla l.d.a. italiana. E quest'ultima "si applica a 
tutte le opere di autori italiani, dovunque pubblicate per la prima volta", 
nonché "alle opere di autori stranieri domiciliati in Italia, che siano 
state pubblicate per la prima volta in Italia" (art. 185 l.d.a.), fermo 
restando che la stessa protezione - in base ai trattati internazionali cui 
aderisce l'Italia - è altresì assicurata alle opere di autori stranieri 
pubblicate all'estero (art. 186 l.d.a.). Sul punto, poi, deve rilevarsi che 
l'art. 5 della Convezione di Berna sulla protezione delle opere letterarie 
ed artistiche risolve il conflitto di leggi nello spazio dando prevalenza 
alla legge del luogo in cui si invoca la tutela; e che l'art. 54 della legge 
(italiana) sul diritto internazionale privato (L. n. 218/1995) si conforma 
alla Convenzione di Berna, disponendo che "i beni immateriali sono regolati 
dalla legge dello stato di utilizzazione". 

Sembra, dunque, che alla normativa sul contrassegno virtuale debba 
assegnarsi una portata sostanzialmente universale, cioè non circoscritta ad 
attività che si svolgono sul territorio della Repubblica Italiana, ma estesa 
anche alle attività che - pur stabilite fuori dai confini italiani - siano 
in grado ci consentire l'accesso e l'uso di beni immateriali (tra i quali, 
sicuramente, le opere dell'ingegno) in Italia. 

Le conclusioni testé attinte, sembrano trovare piena conferma nelle seguenti 
circostanze: 

l'immissione di un'opera in Internet - fruibile anche in Italia e, dunque, 
soggetta alla legge italiana ex artt. 54, L. n. 218/1995, e 5 della 
Convenzione di Berna - può avvenire da qualsiasi posto del Globo; 

la mancata specificazione dei soggetti tenuti ad assolvere l'obbligo 
dell'informativa determina la soggezione a tale obbligo di chiunque, da 
qualsiasi luogo, compia l'atto di immettere in rete un'opera dell'ingegno; 

l'applicazione delle sanzioni amministrative - secondo quanto si ricava 
dalla lettura dell'art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - è 
possibile anche nei confronti di soggetti residenti o con sede all'estero. 

Va, per di più, rilevato che l'immediata vigenza della normativa in discorso 
 - unita al completo silenzio serbato sulle modalità tecniche di applicazione 
del contrassegno virtuale - introduce un vulnus al bene della certezza del 
diritto, giacché gli organi amministrativi chiamati ad accertare eventuali 
violazioni e ad applicare le previste sanzioni godranno di margini di 
discrezionalità che, francamente, appaiono eccessivi. 

E deve essere sottolineato che a differenza del contrassegno SIAE di cui 
all'art. 181-bis l.d.a., il contrassegno virtuale introdotto in Italia dal 
D.L. n. 72/2004 non sembra essere neppure in grado di fornire adeguata 
tutela agli autori.
Mentre, infatti, il contrassegno reale rilasciato dalla SIAE impone un 
meccanismo che consente all'autore di verificare l'effettivo numero di copie 
immesse sul mercato italiano dal produttore dei supporti, il contrassegno 
virtuale non svolge in alcun modo tale funzione. Esso si risolve in una 
dichiarazione unilaterale obbligatoria per chi immette in un sistema di reti 
telematiche un'opera dell'ingegno o parte di essa. Le nuove disposizioni, 
inoltre, neppure distinguono tra l'immissione in rete di un opera da parte 
del titolare dei diritti di sfruttamento della stessa, dal diverso caso di 
immissione in rete da parte di terzi. Tutti sono (irragionevolmente) 
obbligati all'applicazione del contrassegno virtuale. 

Come tale, pertanto, il contrassegno virtuale non sembra avere finalità di 
tutela dei diritti d'autore, né a favore degli autori, né a favore dei 
fornitori di contenuti. Anzi, questi si ritroveranno in difficoltà dinanzi 
ad una normativa di difficile interpretazione ed applicazione e 
continuamente esposti al rischio di essere colpiti da pesanti sanzioni 
pecuniarie. 

4. Gli obblighi derivanti dalle più volte richiamate direttive comunitarie, 
volte all'omogeneizzazione delle normative relative alla società 
dell'informazione, appaiono, dunque, violati dall'Italia, per via del 
mantenimento dell'art. 181-bis l.d.a. sul contrassegno SIAE, nonché - ed a 
maggior ragione - per la recente introduzione di bel nuovo del contrassegno 
virtuale. 

Tale ultima disciplina - posta, lo si ripete, dall'art. 1 del D.L. n. 
72/2004, convertito nella L. n. 128/2004 - non introduce, come si è già 
detto, alcuna concreta forma di tutela azionabile dagli autori, oltre quelle 
già previste dalla legge, risolvendosi in una mera formalità obbligatoria 
per gli utenti e gli operatori della Rete. Né tale disciplina ha una qualche 
corrispondenza con le regole vigenti negli altri Paesi della Comunità 
europea, nei cui confronti si impone come misura decisamente eccentrica, di 
difficile (se non impossibile) applicazione e, dunque, in grado di 
scompaginare l'equilibrio e l'armonia normativa perseguiti con le direttive 
citate. 

È ben noto, infatti, che, prima di adottare un qualsiasi atto normativo che 
introduca elementi di contrasto con le misure di armonizzazione di cui 
all'art. 94 del Trattato della Comunità europea, lo Stato membro deve 
attivare la procedura prevista dall'art. 95, paragrafo 5, dello stesso 
Trattato. Al contrario, il Governo italiano, nell'emanare il D.L. n. 72/2004 
con procedura d'urgenza, non ha in alcun modo rispettato il Trattato. Né - 
va sottolineato - avrebbe mai potuto farlo, visto che l'esigenza di 
introdurre il contrassegno virtuale non risponde in alcun modo all'emersione 
di "nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell'ambiente o 
dell'ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto Stato 
membro insorto dopo la misura di armonizzazione" come richiede l'art. 95, 
paragrafo 5, del Trattato CE. 

E pare evidente che l'obbligo universale dell'informativa (contrassegno 
virtuale) introduca un elemento di grave distorsione del mercato comunitario 
interno, giacché tutti i prestatori di servizi della società 
dell'informazione, ancorché non stabiliti in Italia, si troveranno, di 
fatto, soggetti ad una legge italiana che nessun avallo ha ricevuto in sede 
comunitaria e che, tra l'altro, si pone in stridente contrasto con le più 
recenti direttive in materia di società dell'informazione. 

Tutto ciò esposto e considerato, i sottoscritti, nelle rispettive qualità di 
presidente e legale rappresentante dell'associazione NewGlobal.it e di 
membri del Comitato Scientifico della medesima associazione, 

CHIEDONO
che la Commissione Europea,
preso atto dell'emanazione da parte del Governo italiano del Decreto Legge 
n. 72/2004 e della sua conversione nella Legge n. 128/2004;
preso atto che la testé indicata normativa introduce elementi affatto nuovi 
ed eccentrici rispetto a quanto disposto dalle direttive 2000/31/CE e 
2001/29/CE;
preso, altresì, atto del mantenimento dell'art. 181-bis l.d.a. e del 
relativo regolamento di esecuzione (d.p.c.m. n. 338/2001), pur dopo il 
recepimento delle richiamate direttive;
accertato che gli obblighi introdotti (in particolare, l'obbligo del 
contrassegno virtuale) con la nuova normativa italiana costituiscono un 
serio ostacolo al normale funzionamento del mercato comunitario interno;
accertato, altresì, che l'introduzione del contrassegno virtuale (a 
differenza della disciplina sul contrassegno reale) non costituisce in alcun 
modo una nuova forma di tutela dei diritti degli autori o dei fornitori di 
contenuti e, come tale, non rientra nell'area di applicazione dell'art. 3, 
paragrafo 3, della direttiva 2000/31/CE, ma impone esclusivamente un obbligo 
per gli operatori e gli utenti della società dell'informazione;
voglia urgentemente procedere nei confronti della Repubblica Italiana, 
avviando la procedura di infrazione di cui all'art. 226 del Trattato CE, al 
fine di adottare ogni misura necessaria a garantire il rispetto delle 
direttive nn. 2000/31/CE e 2001/29/CE. 

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