Discorso diretto

Stefano Canepa sc@linux.it
Sab 3 Lug 2004 19:10:36 CEST


Lì venerdì, 2004/07/02 alle 08:38, +0200, Monica Badia ha scritto:
> Ciao a tutti,
> 
> Grazie Stefano per aver cominciato questo thread... è un argomento 
> davvero molto importante.

Io avevo iniziato pensando ai menù del nuovo programma di installazione
delle Debian (alcuni sono all'infinito alcuni no ma questo è un'altro
problema) ma la cosa mi sembra che sia importante per tutti i programmi
e i manuali.

> A questo proposito vorrei proporre due spunti di riflessione:
> 
> 1. Stefano parla di "regole di buona traduzione" per quanto riguarda 
> l'uso del discorso diretto o indiretto.

Qaundo dico "regole di buona traduzione" intendo dare un titolo a tutte
quelle cose che si evincono dagli archivi di questa lista, dalle pagine
web dell'Italian Translation Project, non esiste: "Il manuale del buon
traduttore" :)

> Le regole in realtà ci sono e non ci sono. Mi spiego meglio: nella 
> manualistica in generale si è trovata, più o meno unanimamente, questa 
> convenzione dell'uso dell'infinito, giustificando il fatto che "non si 
> deve dare del tu all'utente". Immagino per una forma di rispetto.
> In ambiente software possimo parlare di manualistica? Il manuale indica 
> all'utente l'uso appropriato di un dispositivo/apparecchhio, un software 
> "dialoga" con l'utente in forma interattiva.
> Per amor di coerenza, se i menu di un sw sono all'imperativo (cioè è 
> l'utente che da del "tu" alla propria macchina e le ordina: "Apri il 
> file", "Salva il documento" ecc.), dovremmo immaginarci la macchina che 
> risponde all'utente magari dandogli del "lei" (se proprio vogliamo 
> rispettare le regole della buona educazione e del rispetto), o 
> semplicemente più casual usando il "tu". Il "voi" potrebbe essere un 
> buon compromesso.
> 
> Personalmente trovo l'infinito, per quanto corretto, piuttosto sterile e 
> non coerente con l'ambiente interattivo di un SW.

Però siamo sicuri che tutti le volte che gli inglesi usano "you"
vogliano veramente dare del tu all'utente, non gli daranno del voi? E
allora perché francesi e tedeschi eliminano tutte le forme dirette?
(dalla mailing list debian-i18n).

> 2. Le regole della localizzazione del software le ha inventate 
> (imposte?) Microsoft. Quando si traduce un SW che gira su un sistema 
> Windows, bisogna pur pensare che alcuni dialoghi interagiscono con 
> Windows. Se si decide di usare lo stile diretto, si avrà un bel 
> miscuglio tra lo stile asettico di Windows e quello personale, più 
> diretto. Anche qui a scapito della coerenza.

E qui potremmo anche metterci un bel: chi se ne frega di Microsoft.
Facciano come gli pare. Ovviamente sto scherzando. 

> Se si crea invece un sistema nuovo (come Linux, Java Desktop System...) 
> allora possiamo infischiarcene di Microsoft, a patto, però, di essere 
> tutti d'accordo nell'usare la stessa forma. Per tutti intendo ad 
> esempio, Mozilla, Evolution, OpenOffice eccetera eccetera eccetera...

OK. Discutendone qui ci perdiamo sicuramente il pensiero del team che
traduce KDE e tutte le sue applicazioni e di quelli di Mozilla e OOo.

> Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, perchè l'argomento è 
> veramente molto interessante.

Penso che usare il discorso diretto sia molto più facile sia da scrivere
che da leggere ma anche che non darei del tu al padrone della mia ditta
e non vorrei che glielo desse un programma tradotto da me. Quindi
continuerei a usare l'infinito. Non mi piace "Sei sicuro di voler uscire
dal programma?" preferisco "Uscire dal programma?".

Ciao dalla calda (ahime) Liguria.
sc

PS: Monica ma tu non fai la traduttrice per lavoro? Il tuo parere vale
forse più del mio che traduco per hobby.

-- 
Stefano Canepa email: sc@linux.it - www: http://www.stefanocanepa.it
Three great virtues of a programmer: laziness, impatience and hubris.
Le tre grandi virtù di un programmatore: pigrizia, impazienza e arroganza.
                                                              (Larry Wall)
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